Articolo di Mariel Sanna | Foto di Giulio Paravani
Al Monk lo scorso 20 marzo Gabriele Mencacci, anima dei Joe Victor ora nel suo progetto solo Amalfitano, insieme alla sua band ci ha soffiato sul cuore e rubato l’amore, per dirla con lui.
Gabriele Mencacci Amalfitano, AKA amalfitango__ per il mondo di instagram, AKA la voce e la mente dietro il progetto dei Joe Victor, vale sempre il prezzo del biglietto. I suoi concerti sono una certezza: torni a casa con la musica sotto la pelle, l’energia delle sue melodie che ti rimane nelle vene e vorresti che la serata non finisse mai. Il pubblico è sempre coinvolto in maniera dirompente.
Il 20 marzo dopo il sold out di Milano del Biko del 6 marzo, ha segnato un altro tutto esaurito, questa volta a casa sua, a Roma, tra le pareti tiburtine del Monk. È qui per presentare il suo nuovo album, Tienimi La Mano, Diva! Che ha visto alla produzione Ivan A Rossi e niente di meno che Francesco Bianconi (Baustelle), uscito pochi giorni dopo, il 22 marzo – e che noi di RockOn abbiamo avuto la gioia di ascoltare e discuterne con Gabriele stesso, leggete qui.
Ma ora veniamo alla cronaca di questo incredibile momento di condivisione che è stato il concerto di Roma. Messo a suo agio e coccolato inizialmente dalle note estive e rilassate di Viaggi Andromeda che aprono il concerto, verrà poi rapito dal quel suo panama bianco e doppio petto blu.
Gabriele è di casa a Roma, il pubblico del Monk lo conosce bene e subito lo sprona a tirar fuori la sua unicità e vivacità. Le danze vengono aperte con Palermo, per poi passare al nuovo album con Lisbona e Cafona, la canzone dedicata ai centri commerciali, come da lui definita, con gli influssi palesi de Blasco degli anni 80. Il sound è travolgente, quasi si respira l’odore di salsedine al ritmo di Lisbona e il bolero di Cafona risuona nell’anima.
Il Monk viene trascinato dai meravigliosi richiami di Francesca Bianchi alla dea della musica italiana Loredana Berté. Con Faccia di caffè, Gabriele inizia a spogliarsi, si leva la giacca. I cori di Chiara Mazzetti e Guglielmo Senatore, le luci verdi, ci scaldano il cuore e ci perdiamo tutti nell’abbraccio sofisticato del sole prepotente di E.. ancora tu, che ci ricorda di come l’amore si riconosce “tra 8 miliardi di facce di cazzo”.
E poi si parte e si vola con Ti amo pianobar, la festa mediterranea quella fuori dagli schemi, Amore che con le sue note dolci ci ricorda com’era l’amore nel XX secolo senza messaggi ed emoticon, e poi nel turbinio di sentimentalismi si arriva a Marlyn.
Amalfitano ci riporta alla sua grande passione, il country, con la cover di Tennessee whiskey e ci ricorda la sua grande capacità di interpretare testi americani con grande naturalezza e spontaneità.
Si ritorna alla musica leggera italiana con le note di Maddalena, che porta il pubblico a ballare e a cantare a squarcia gola. Per poi passare a Ogni Mia sbronza, Estate capodanno, e chiudere in bellezza con i pezzi del nuovo disco Fosforo, Tenerezza (pezzi a cui ha prestato la voce Francesco Bianconi) e Quanto dolore ci servirà per smettere d’amare.
Gabriele affronta questo nuovo percorso da solista con successo e se ne apprezza la maturità artistica. L’adrenalina del passato si trasforma. Lo stile si fa piu semplice ma non per questo meno efficace. La sua voce graffiante che firma ogni suo pezzo, quasi urlata a ritmi incessanti, ti rimane dentro e ti fa rimanere incollata al palco (anche a costo di rimetterci un timpano).
I testi sono un elogio a quel cantautorato italiano di qualità, ti fanno sognare l’arrivo dell’estate, ti fanno sentire il sole caldo che ti scalda la pelle e ti ricordano di come il dolore e l’amore siano due facce della stessa medaglia. E ci sciogliamo tutti in “Questo fragilissimo /cuore pesantissimo /sente un fortissimo dolore dolore dolore”…
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AMALFITANO – la scaletta del concerto di Roma
1. Palermo
2. Lisbona
3. Cafona
4. Francesca Bianchi
5. Faccia di Caffé
6. E.. ancora tu
7. Ti amo piano bar
8. Amore
9. Marilyn
10. Tenesse whiskey (cover)
11. Maddalena
12. Ogni mia sbronza
13. Estate capodanno
14. Fosforo
15. Tenerezza
16. quanto dolore ci servirà per smettere d’ama