Ci risiamo! C’hanno preso proprio gusto i Depeche Mode a trionfare in Italia! Dopo aver mandato in cortocircuito le prevendite per il tour estivo Dave Gahan & Co. tornano fugacemente nel nostro paese per un mini-tour autunnale nei palazzetti, lasciando nuovamente il segno.
Palco più austero a questo giro (in realtà un mero ridimensionamento di quello utilizzato durante il tour estivo negli stadi) per un sound che invece rimane lo stesso di sempre, come se la band di Basildon lo avesse gelosamente conservato sotto vuoto.
Depeche Mode
Dopo l’esibizione dei Soulsavers, alle 21.10 esatte, il trio delle meraviglie, insieme al tastierista Peter Gordeno e il batterista Christian Eigner, sale di nuovo dopo 8 anni sul palco di un Palamalaguti (ora Futurshow Station) gremito in ogni ordine di posto. Il boato di rito dei 9000 presenti e via… Subito a raffica alcuni estratti del nuovo album “Sounds of the universe”, tra i quali la claustrofobica “Wrong” che infiamma gli spalti di rosse luminescenze. Non sono ancora terminati gli applausi quando sul megaschermo appare il gigantesco corvo nero che preannuncia “Walking in my shoes”, come sempre bellissima nelle sue epiche orchestrazioni di coda. Una versione rallentata e meno sintetica di “A Question Of Time” e le romanticherie elettroniche di “Precious” lasciano presagire che la setlist del concerto imboccherà una direzione decisamente “popolare” senza particolari digressioni rumoristiche o misconosciute canzoni riesumate da chissà quale interstizio della loro discografia. Così è. Secondo pronostico arrivano infilzate in un succulento spiedino sonoro “World in my eyes”, “Policy of truth”, “Fly on the windscreen”, “Insight”, ”Home” (come da rituale cantata all’unisono dal pubblico insieme ad un Martin Gore vestito di giacche cangianti) e “It’s no good” che scuote letteralmente le poltroncine della struttura bolognese con le sue oscillazioni sonore. E siccome coinvolgimento emotivo e resa sonora incarnano il credo dei Depeche Mode non rimane altro che gettare in pasto ad un pubblico adorante la torbida e rossa sensualità di “In your room”, per poi farlo dolcemente sanguinare con la psichedelica seduzione di “I feel you” (forse l’episodio migliore del concerto). L’apoteosi liberatoria di “Enjoy the silence”, che scatena tutte le videocamere personali, e l’immancabile oceano di mani di “Never let me down again” concludono la prima parte del concerto in un impeto di affratellamento universale.
Neanche il tempo di fare congetture sulle canzoni rimanenti che si materializza sul palco dopo appena un paio di minuti Martin Gore per intonare solo soletto “One Caress”, adagiato sui fraseggi di tastiera del buon Peter Gordeno. L’ennesimo boato accoglie poi il resto della band, cortesemente presentata da un Dave Gahan sempre tonico e affascinante. Parte “Stripped”, travolgente nella sua oscurità, paradossalmente sublimata dai cori delle prime file che riproducono inverosimilmente con la voce i sintetizzatori. Le due ore di concerto stanno per scattare. Si avvicina ineluttabilmente la fine, lo si intuisce, e allora non resta altro che assecondare questi splendidi 48enni fino all’ultimo battito concesso. Ormai tutti sono in piedi, e non potrebbe essere altrimenti al cospetto di “Behind the wheel”, piccola perla di pulsante bellezza messa lì apposta a ricordarci un capolavoro epocale come “Music for the Masses” (nel caso qualcuno lo avesse dimenticato).
Ne rimane una! Tutti l’aspettano con bramosia. Miscuglio ineguagliabile di decibel abrasivi, ipnotismo danzereccio e conturbante sensualità: quello che dalla stampa specializzata è il solo brano dei Depeche Mode a meritarsi l’ingresso nelle 500 canzoni della storia arriva puntualmente a sancire la fine del live: “Personal Jesus”. Il Futurshow Station cambia pelle per l’ennesima volta e diventa calderone della strega: un delirante turbinio di suoni, luci, grida, flash, balli, e golosi sguardi femminili inchiodati sull’ancheggiare incandescente dell’inesauribile Gahan, accompagna gli ultimi spasmi di una serata coinvolgente. “Reach out and touch faith”. Urlo finale a pieni polmoni. La gigantesca sfera di luce montata sopra il palco si spenge e i 5 rockers di nero vestiti si inchinano da veri signori per salutare Bologna.
Il backstage che si apre sull’esterno e un furgone con le frecce accese che affianca la band smorza definitivamente ogni speranza di ritorno sul palco. I fari bianchi del Futurshow riprendono calore per accompagnare placidamente all’uscita 9000 cuoricini appagati, e sicuri che il giocattolone Depeche Mode funzionerà a meraviglia per molto tempo ancora. E’ un buon motivo per guidare tranquilli verso casa.
* In Chains
* Wrong
* Hole To Feed
* Walking In My Shoes
* A Question Of Time
* Precious
* World In My Eyes
* Fly On The Windscreen
* Insight
* Home
* Miles Away/The Truth Is
* Policy Of Truth
* It’s No Good
* In Your Room
* I Feel You
* Enjoy The Silence
* Never Let Me Down Again
Bis:
* One Caress
* Stripped
* Behind the Wheel
* Personal Jesus