Intervista a cura di Matteo Pirovano e Davide Anzaldi
con la collaborazione di Alberto Calandriello e Luca Magnani
Voglio ringraziare Barley Arts e tutto lo staff di Adam Duritz e dei Counting Crows per l’opportunità data a noi di RockON. Adam è un artista ma, prima di tutto, una persona meravigliosa con la quale è davvero piacevole discorrere.
Spero che questa intervista vi piaccia almeno la metà di quanto è piaciuto a noi realizzarla.
Enjoy!
Ciao Adam!
Ciao ragazzi
Siamo Matteo e Davide di Rockon, è un piacere sentirti!
Innanzitutto grazie per questa opportunità. Per me (Matteo) è un sogno poter parlare con te visto che sono un grande fan della band fin dall’inizio.
Quindi iniziamo, come stai? Come sta andando con la situazione COVID-19 dal punto di vista della musica dal vivo lì negli Stati Uniti?
Bene, voglio dire, sai che abbiamo concluso il tour una settimana e mezzo fa.
Quando l’abbiamo pianificato i casi stavano calando e tutto sembrava andare per il meglio ma poi è arrivata la variante delta e il problema si è ripresentato. Eravamo molto preoccupati ma siamo stati molto, molto attenti. Durante il tour ci siamo chiusi in una “bolla”, siamo stati rigorosi e non abbiamo mai avuto ospiti nel backstage. Abbiamo fatto tutto il possibile per essere al sicuro. Nonostante questo purtroppo abbiamo avuto un caso, subito il primo giorno, un ragazzo che era appena arrivato per unirsi al tour come membro della crew. E’ stato vaccinato ma è risultato positivo la mattina seguente, appena prima del secondo show. Quindi abbiamo dovuto cancellare un paio delle date successive e rimandarle. A questo punto siamo stati ancora più attenti. E’ stato stressante perché abbiamo passato un intero tour a preoccuparci anche di questo e non ci è stato possibile vedere nessuno. Ti senti molto isolato ma allo stesso tempo è stato così bello tornare sul palco e poterlo affrontare in sicurezza che siamo riusciti a suonare alcuni dei migliori spettacoli della nostra carriera, è stato fantastico, lo è stato davvero. Ieri ero con un amico che è stato agli spettacoli di New York, lo conosco da 30 anni quindi è stato a tipo un milione di spettacoli dei Counting Crows e non faceva che ripetere che gli spettacoli di New York sono stati tra i migliori che avesse mai visto e non riusciva a capacitarsi che continuassimo a migliorare di data in data. Era così entusiasta che è stato davvero bello ascoltarlo, quindi voglio dire che è stato difficile ma fattibile. Devi stare attento, devi essere al sicuro. Abbiamo anche stabilito una regola per il nostro pubblico. Non potevi venire allo spettacolo a meno che tu non fossi vaccinato o avessi un test negativo. Non so se saremo in grado di fare lo stesso in Europa ma ci proveremo.
A proposito del tour europeo, sappiamo che visiterete l’Italia per ben tre date.
Siete al corrente che nel nostro paese abbiamo attualmente alcune restrizioni in alcune tipologie di venue?
Nei teatri la capienza è tornata a essere pari al 100%, ma in altre tipologie di arene arriviamo al massimo al 75%. Abbiamo inoltre un pass specifico chiamato “green pass” per accedere ai concerti. Cosa ne pensi?
Oh questa è una grande cosa, è fantastico.
In Italia l’intera industria della musica ha vissuto tempi durissimi a causa della totale assenza dei concerti e i musicisti e le loro crew hanno vissuto tempi pure peggiori visto che il nostro governo non ha fatto praticamente nulla per aiutarli. Qual è e qual è stata la situazione negli stati uniti per i piccoli gruppi e le band che si erano appena affacciate sul mercato discografico? Sono stati supportati dal governo americano?
Beh, c’erano alcune sovvenzioni che potevi farti pagare per la troupe e per pagare i dipendenti, non so come e se si estendesse a tutti, non so se le davano a band nuove di zecca o se dovevi dimostrare di avere dipendenti o no. Non sono sicuro di come abbia funzionato per tutti. Penso che il governo abbia cercato di fare alcune cose per tutti coloro che gestiscono un’impresa, ma con le arti lo sai come funziona, la maggior parte del tempo l’ultima preoccupazione di tutti è prendersi cura delle persone nel campo dell’arte, in parte è perché se gestisci tipo un’azienda automobilistica hai delle lobbies a rappresentarti, sai cosa intendo. Hai persone che vanno dal governo e donano un sacco di soldi e poi hanno il potere di far fare al governo quello che vogliono, mentre nella musica non c’erano grandi corporazioni tranne le case discografiche e loro sono di fatto interessate solo a ciò che è bene per loro, non a ciò che è bene per i musicisti. Non hai realmente nessuno che discute per te e che sta dalla tua parte, è un peccato ma è così.
Ok, cambiamo argomento e parliamo di qualcosa di più positivo.
Ho visto una foto di te e Chris Carrabba dei Dashboard Confessional a una data di Springsteen on Broadway. Eravate in mezzo al pubblico come persone qualunque. Com’è stato tornare in mezzo alla gente senza distanziamento sociale e soprattutto, com’è possible che la gente intorno a voi vi abbia lasciato vedere il concerto in tutta tranquillità? In italia non sarebbe possible!
No, eravamo proprio come chiunque altro! Chris è uno dei miei migliori amici e volevo davvero vedesse lo show, l’avevo già visto prima ed è stato davvero bello portarlo a quello spettacolo. La cosa divertente è che eravamo seduti e c’era una donna nella fila dietro di noi che continuava a gridare “Adam! Adam! Adam!” e io stavo cercando di ignorarla ma lei continuava a urlare “Adam!!”. A quel punto mi sono voltato per vedere cosa volesse e le ho detto “sì” e lei mi ha risposto: “non tu, sto chiamando Adam!” indicando col dito Chris. E finalmente abbiamo capito. Visto che Chris ha le braccia tatuate e i capelli neri pensava che fosse Adam Levine, voleva parlare con il ragazzo dei Maroon 5! Il punto è che da quando mi sono rasato i miei dreadlocks non vengo nemmeno riconosciuto la metà delle volte e Chris viene riconosciuto solo come Adam Levine (ride).

Parlando di Chris, com’è stato tornare a collaborare con lui sul nuovo album?
Chris non è presente in “Butter Miracle Suite One”, ma sai penso di sapere cosa vuoi dire, perché ho fatto riferimento a lui come se ci fosse, così come con David Le’aupepe, il cantante dei “Gang of Youths”, sono due tra i miei amici più cari a cui mando sempre cose quando ci lavoro su, per ottenere le loro opinioni. Sono davvero amici intimi, quindi mando sempre loro la mia musica e sono due delle prime persone a cui ho inviato la musica di “Suite one”. Volevo la loro interpretazione delle nuove canzoni.
Cosa ci dici del processo creativo delle nuove canzoni? la situazione corrente (Covid19) ha in qualche modo influito su testi e musica?
Beh, allora queste nuove canzoni (si riferisce alle canzoni che finiranno su “Suite Two”) sono le prime cose che ho scritto davvero durante il COVID, perché la suite nr.1 di “Butter Miracle” era finita prima che arrivasse il COVID, avevamo quasi finito di registrarlo quando si è arrestato tutto. Quindi le nuove canzoni non lo so, non sono certo che siano particolarmente influenzate dalla situazione. Anzi, in realtà non è vero. C’è questo riff che ho scritto per una canzone che in origine si chiamava proprio “Coronavirus”, ma è una canzone che non ho mai completato, però ho usato parti di essa e il riff c’è ancora. Quindi non lo so, sì ma non ne sono sicuro.
Il fatto che tutte le canzoni siano legate assieme è qualcosa che è capitato in studio durante il processo creativo o è qualcosa che avevi premeditato?
E’ capitato durante la scrittura. Non ho scritto niente per un po’ e poi mi sono trovato nella fattoria dei miei amici in Inghilterra e ho scritto “The Tall Grass”, la prima canzone. Il giorno dopo sono ritornato sul finale, non ero sicuro se fosse davvero finito o no e ho pensato che forse volevo aggiungere altro. Quindi ho iniziato a girarci intorno, giocando a cambiare gli accordi finali e cantando le parole che mi passavano per la testa e poi improvvisamente ho cantato questa linea (ce la canticchia): “Bobby was a kid from round the town…” e l’ho adorato! E ho pensato: “oh forse questa è una canzone più lunga”, perché è davvero bella. Forse c’è altro qui, come in “Palisades Park” dove ci sono un mucchio di movimenti diversi in una canzone, e così sono andato a lavorarci sopra ma dopo un po’ mi sono reso conto che questa non è una canzone più lunga, questa è una canzone diversa. Sai si è rivelata essere “Elevator Boots”, ma ero davvero incuriosito dal fatto che sembrava far parte della stessa canzone perché scorrevano l’una nell’altra, sembrava che fosse tutta una lunga canzone, e poi ho iniziato a pensare di scrivere un’intera serie di canzoni in cui la fine di una è l’inizio di un’altra, che scorrono via come in “Palisades Park”, come una serie di movimenti, come una sinfonia con quattro movimenti. E da quel momento sono diventato determinato a farlo.
OK, quindi ti comporterai nello stesso modo su Suite Two?
Si, assolutamente.
OK, ho qui una domanda ricevuta da un vostro fan. Alcune canzoni, tipo “Elevator Boots”, sembrano connesse alla tua recente produzione (“Saturday nights & Sunday mornings” o “Somewhere under Wonderland”) mentre in altre, come nella seconda parte di “The Tall Grass”, pare di sentire un’atmosfera alla “Round Here”. Le canzoni sono state tutte composte per l’album o giravano demo di precedenti sessions?
No, I pezzi sono stati tutti scritti nella fattoria quell’anno. Ho scritto “The Tall Grass” e “Elevator Boots” nell’agosto del 2019 e poi sono tornato lì in ottobre e ho scritto un po’ di più. Penso di aver completato “Angel of 14th Street” e un’altra canzone che poi ho dovuto buttare via perché stava accidentalmente plagiando Elvis Costello, e così ho scritto “Bobby and The Rats King” nel gennaio del 2020. Anche questa scritta nella fattoria e, insomma, sono tutte nuove canzoni.
Da grande fan dei Pearl Jam avrei una curiosità da chiederti. Le strade di Counting Crows e Pearl Jam si sono mai intrecciate? Conosci Eddie Vedder e cosa pensi del suo lavoro come solista?
Ho incontrato Eddie molto tempo fa, prima che uscisse il nostro primo album. Ci è stato chiesto di partecipare alla cerimonia della Rock and roll Hall of Fame, a cui Van Morrison decise di non presenziare. Robbie Robertson ci chiese di suonare un pezzo di Van per onorarlo. E’ stato nella primavera del ‘92 o del ‘93, sicuramente prima dell’uscita di “August and everything after”. Così siamo andati a fare le prove quel giorno, e siamo arrivati allo studio a Los Angeles, io e Dave Bryson, e mentre siamo fuori dalla porta in attesa di entrare abbiamo sentito in lontananza una band che stava eseguendo “Roadhouse Blues”dei Doors, e cavolo, suonava davvero bene! Come siamo entrati dalla porta ci siamo resi conto che suonava davvero bene perché in realtà erano proprio i Doors con Eddie Vedder alla voce! Quindi ci siamo conosciuti quel giorno e io e Eddie abbiamo giocato a basket per un po’, siamo usciti insieme. E’ davvero un bravo ragazzo, è stato davvero carino con me, ma poi non l’ho più visto per un po’. Poi un paio di altre volte più avanti e ho pensato che fosse ancora un bravo ragazzo. Io all’epoca ero probabilmente più fan dei Nirvana (sorride), ma mi piace molto Eddie.

Lui sta portando avanti, parallelamente a quella con la band, una carriera solista. Hai mai pensato a qualcosa del genere o non è nei tuoi pensieri?
No, non fa per me. Non ho mai voluto essere un artista solista. Mi piace molto la sensazione di essere in una band, ho sempre voluto essere in una rock and roll band. Mi è sempre piaciuto suonare con altre persone, mi piace la collaborazione.
Nelle tue canzoni menzioni spesso l’insonnia. E’ cosi’ importante nella tua creatività?
Ho sempre avuto molti problemi con il sonno, il sonno di per sè è una cosa che ho sempre reputato strana. Quando dormi rinunci completamente al controllo della tua vita e poi inizi impotente un viaggio allucinogeno. I sogni sono di fatto allucinazioni e tu sei in balia di loro e devi semplicemente accettarlo. Lo trovo molto inquietante. Ora sono molto migliorato, ma ho sempre avuto molti problemi con il sonno perché lo trovo inquietante.
Ti senti di più il protagonist di “Elevator Boots” o il leader di “Bobby and the rat kings”? Sei più il tizio sul palco o quello tra il pubblico alla ricerca di risposte dai musicisti?
Sono entrambe queste figure. La musica è la cosa più importante nella mia vita da un sacco di tempo, fin da quando ero un bambino. Già da molto piccolo ero ossessionato dalla musica e come fan la amo visceralmente. Ne sono ancora ossessionato, sono davvero un grande fanatico. Poi a un certo punto, quando ho compiuto 18 anni, ho iniziato a creare la mia musica e poi ci ho costruito una vita intorno, quindi sono entrambi grandi parti di me. Non so quale parte sia più importante, lo sono entrambe. Sono e sarò sempre un musicista e sono e sarò sempre un grande fan della musica.
Restando sullo stesso tema, quale consiglio daresti al te stesso di 30 anni fa impegnato nella registrazione del primo album?
Gli direi di fare come si sente, questa è stata la più grande lezione che ho imparato.
Avrei voluto avere un po’ più di questa consapevolezza nel primo album, è l’unico album che mi sembra un po’ “ampolloso”, penso che sia importante fare le tue cose come artista. Il rock business è la terra dei cattivi consigli, sai? E’ dove i cattivi consigli risiedono e riceverai più cattivi consigli durante la tua carriera di quanti tu possa mai immaginare. Semplicemente non ne hai bisogno. Dovresti ascoltare, immagino, i suggerimenti delle persone, ma devi fare sempre come ti senti. Penso che sia un grosso errore farlo in qualsiasi altro modo, è un business dove è molto, molto difficile sopravvivere, ma starai sempre meglio facendo di tua testa piuttosto che seguire i suggerimenti di qualcun altro riguardo le tue cose, perché tutto ciò che quelle persone sanno veramente è cosa ha funzionato l’anno scorso, è qualcosa che loro hanno visto fare da qualcun altro l’anno scorso e non c’è alcuna garanzia che funzionerà così quest’anno, o che ciò che ha funzionato sul disco di qualcun altro funzionerà per il tuo.
Voglio dire, stai facendo arte, dovresti occuparti solo di quello. Sai che la ragione per cui esiste è grazie a te, quindi falla a modo tuo. Collaborare va assolutamente bene, ma non venderti, è un’idea terribile e penso che sia il motivo per il quale alcune band durano così poco, perché ricevono cattivi consigli, tutto va a rotoli e poi vengono abbandonati. Forse se avessimo fatto delle scelte diverse nella nostra carriera saremmo stati una band più grande, forse. Ma abbiamo raggiunto i 30 anni e ci sono ancora migliaia di persone che ci seguono. Non siamo così grandi ma siamo abbastanza grandi per avere diverse migliaia di persone che vengono a ogni spettacolo e, come ho detto, sono passati quasi 30 anni. La tua carriera dovrebbe durare un anno o due e poi, se non vi uccidete l’un l’altro, il mondo intero decide che è stufo di te e che a loro non potrebbe importare di meno. Ma siamo ancora qui, quindi la cosa più grande che abbiamo fatto è stato fare tutto a modo nostro, insieme. Penso che sia probabilmente una buona lezione da imparare. Sì, ho 30 anni di carriera, è un grande traguardo, enorme, ne sono davvero orgoglioso. Ti dico questo perché ricordo che in uno dei primissimi tour abbiamo aperto per i Rolling Stones, e il primo concerto fu il 1 agosto 1994, ovvero il mio trentesimo compleanno e ho pensato: “wow amico, ho 30 anni oggi, gli Stones fanno dischi dal ‘64 e sono in giro da 30 anni”. Sembrava impossibile eppure eccoci ancora qui, e sono già 30 anni da quando ci siamo messi insieme come band. Ovviamente non saremo mai i Rolling Stones, nemmeno vicini, ma quella cosa lì l’abbiamo fatta. Siamo ancora qui e abbiamo avuto una canzone al numero uno l’anno scorso, è pazzesco o no? Non l’anno scorso, quest’anno scusa. Insomma, ne sono molto molto orgoglioso.
E fai bene a esserlo! E sempre parlando di 30 anni fa, per quale motivo hai tenuto nascosta per così tanto tempo una canzone meravigliosa come “August and everything after” per tutti questi anni?
Non era così meravigliosa all’epoca (ride), allora ho dovuto riscriverne un po’. Sai, quando stavamo facendo il primo disco stavamo registrando quella canzone, ma allora non c’era Pro Tools quindi c’erano alcune cose che non potevi modificare e una di queste era il pianoforte, e in quella canzone, come originariamente fu concepita, ero solo io al pianoforte e quindi mi era richiesto di suonare fino in fondo una canzone di 10 minuti senza sbagliare. Abbiamo provato più e più volte, e mentre eravamo in studio a lavorare su quella canzone, dopo circa tre o quattro versioni in cui io rovinavo tutto mi sono sentito frustrato e ho detto a T Bone (il produttore T Bone Burnett) di fare una pausa e lui è uscito dallo studio. Così mi sono alzato e ho detto al nostro ingegnere del suono di far ripartire di nuovo il nastro perché dovevo registrare questa canzone che volevo dare a Bonnie Raitt. L’ho appena accennata, è stato molto veloce e quando ho finito ho alzato lo sguardo e T bone era lì davanti a me. Era tornato nella stanza e stava lì con questa espressione sulla faccia e ha detto “che cazzo era quello?” e io ho detto: “è questa canzone chiamata “Raining in Baltimore” che manderò a Bonnie”. Ed è finita che abbiamo accantonato “August” e alla fine abbiamo inserito “Raining in Baltimore”. In realtà aveva anche molti altri problemi, che in parte penso siano il motivo per cui non l’ho suonata bene. C’erano parti di testo che non erano molto buone, erano solo “OK”, ma non buone. Circa 10 anni dopo ci stavamo preparando per fare questo spettacolo con un’orchestra, con Vince Mendoza che arrangiava e dirigeva. Abbiamo discusso di fare “August and everything after” e ci teneva davvero. Immagino che l’abbia sentita da qualche parte in un bootleg e quindi gli ho detto: “bene fammi dare un’occhiata, ho bisogno di riscrivere alcune parti”. Quindi l’ho riscritta e corretta e l’abbiamo suonata con l’orchestra ed è stato fantastico! Purtroppo non l’abbiamo registrata, se non attraverso il board, e quindi non potevamo usarla, quindi abbiamo passato i successivi 15 anni ad aspettare un motivo per farlo di nuovo, perché sai…è molto costoso fare canzoni con l’orchestra. Poi finalmente Amazon ci ha offerto questa possibilità. Avrebbero pagato per realizzare una canzone con un’orchestra e quindi ho detto subito di sì. Gli ho detto che volevo prendere Vince Mendoza, volevo che la dirigesse lui e così abbiamo fatto e poi quando Amazon ci ha restituito i diritti l’abbiamo usata come lato B di “Butter Miracle” (solo nella versione in vinile), ma è per questo che è rimasta nel cassetto per tutti quegli anni, primo perché non era ancora abbastanza buona e secondo perché era difficile da registrare con un’orchestra, e la versione con l’orchestra che Vince ha arrangiato è davvero molto meglio della versione con me al piano. Era solo un po’ pesante all’epoca, ora penso che sia una grande canzone, ma ha avuto bisogno di un po’ di lavoro, ecco perché.
Durante la tua carriera c’è sempre stato un forte dualismo tra il desiderio di diventare qualcuno e la paura delle conseguenze. Sei riuscito alla fine a trovare un bilanciamento o ne sei sempre alla ricerca?
Beh, penso di esserne sempre alla ricerca, voglio dire, penso di aver imparato a convivere con questa cosa dell’essere un ragazzo famoso, ma ora sono meno famoso, quindi sto cercando di essere più famoso di nuovo. Penso, voglio dire, mi piacerebbe per la band essere più grandi perché più sei grande più è facile andare in tournée, più è facile prendersi cura della tua crew e mantenere tutti occupati, Ci sono così tante cose in questo lavoro che sono migliori quando hai più successo. Noi abbiamo avuto abbastanza successo, ma se ne avessimo di più sarebbe più facile andare in tournée in tutto il mondo e potremmo tenere tutti occupati tutto il tempo, il che sarebbe fantastico per la nostra crew perché sai, vorrei poter far ottenere loro le pensioni, Non l’abbiamo fatto, non abbiamo avuto abbastanza successo per fare molte cose che vorremmo fare e voglio ancora farle tutte ma penso che ci proverò sempre, parlo dell’avere davvero successo in questo business che tende a implicare l’essere famoso, e sarò sempre molto a disagio a essere famoso perché essere famoso è una cosa davvero fottutamente strana. La fama è qualcosa che creano gli altri ed è così insensato, mi ha sempre fatto sentire molto, molto a disagio ma fa parte del mio lavoro quindi so come funziona.
E’ bello sentire ciò, soprattutto la parte in cui traspare che ti interessa realmente della tua crew che troppo spesso viene sottostimata all’interno dello show business, lo dico da musicista (Davide). E’ un piacere apprendere quanto tu ci tenga.
Sai, non è solo la nostra band che sta insieme da molto tempo, anche la nostra crew. Voglio dire, il mio tour manager si è unito a noi nel nostro primo tour europeo nell’aprile del ‘94 ed è con noi da allora. Il mio manager di produzione e il nostro addetto al monitoraggio sono entrati nella troupe per il primissimo spettacolo di “Recovering the Satellites” e quindi nel ’96. Molti di questi ragazzi sono con noi da molto tempo e alcuni di loro da più tempo di alcuni componenti della band stessa. Siamo stati insieme per la maggior parte delle nostre vite da adulti, e quindi è una famiglia piuttosto unita, immagino che sia per questo.
Penso che stiamo per finire il tempo a nostra disposizione, quindi ecco l’ultima semplicissima domanda: Esci ancora con Mr. Jones?
Sì! L’avrei visto in questo tour ma come ti dicevo non abbiamo avuto alcun ospite, era al nostro spettacolo nella zona della Bay area, era allo spettacolo di Berkeley, ma non potevamo avere nessuno nel backstage quindi non l’abbiamo potuto incontrare, ma è un ragazzo meraviglioso Marty. Marty Jones è il ragazzo più bravo che c’è e senza di lui non credo che ce l’avrei mai fatta, perché era come un fratello maggiore per me quando stavo iniziando. E’ anche un grande musicista, è un grande bassista davvero. Un grande bassista funk specialmente. E’ un ragazzo meraviglioso

Ok Adam, grazie mille per la tua disponibilità!
grazie a Dio, è così bello fare tutte queste interviste con gli italiani, voglio dire, significa molto per noi perché l’Italia è uno dei nostri posti preferiti, sono molto felice.
E noi non vediamo l’ora di poterti rivedere nel tour europeo a Milano
Vale il viaggio, anche solo per il cibo (ride). grazie mille
