Articolo di Marzia Picciano
Ho poche certezze nella vita e di alcune ne ho avuto conferma da poco. Succede non appena chiudo la lunghissima telefonata con ASCO, nome d’arte di Alessandro Xiueref, giovanissimo DJ e produttore di fama internazionale che si esibirà sul palco del Fabrique il prossimo 23 febbraio, amante di Armin Van Buuren e dell’energia carismatica di Martin Garrix.
Mentre mi parla, altrettanto energicamente, di come é passato dall’organizzare serate per gli amici nella provincia ascolana (da lì il nome) a convincere l’amministrazione comunale appena dopo la fine del COVID 19 a realizzare un maxi concerto con tanto di orchestra, a suonare per i festival – internazionali, eh – di musica elettronica-house-EDM più famosi del mondo, come l’Ultra di Miami o il Balaton Sounds e attirare l’attenzione di dj come Sandern Van Doorn e Blasterjaxx.
Prima certezza: ci devi credere, ma proprio tanto.
E poi devi essere pronto a tutto, e avere non tanto fortuna, ma voglia di lavorare. ASCO é proprio cosi, non solo quando sei a sentirlo in cuffia o sotto cassa o palco. Adrenalinico, carico, ed estremamente focalizzato. Su cosa? Quello che fa, la sua opera d’arte: Symphony of CAOS.

Ma cos’é? Un’intuizione, un progetto innovativo, come lo é del resto ASCO: mette insieme orchestra, techno e fuoco. É un’esperienza multisensoriale che ha costruito man mano, fino a dirigerla lui stesso: con l’orchestra e il Coro Ventidio Basso davanti. Il che sembra assurdo, o fuori dagli schemi – forse troppo rispetto a quello che facciamo qui in Italia?
Ma ASCO ha dimostrato che si puó fare. E lo si proverà anche qui, in quello che ASCO ritiene un punto iconico della musica elettronica italiana. Che é in un certo modo una conquista, ma sicuramente non un punto di arrivo. Perché a sentire Alessandro, non ci sono mete definitive.
Basta sapere e capire un pó come nasce ASCO in Alessandro.
“Io nasco nella piccolissima, ridente, Ascoli Piceno, dove diciamo quelle attività (quella di fare musica elettronica ndr), od opportunità per esprimersi non ce ne sono molte, come in tante province italiane. Ma per me in realtà nascere in una piccola provincia é stato uno stimolo in più” ci dice. “É stato un plus secondo me. Perché poi quando ho iniziato a fare musica, per gioco (ASCO ha iniziato facendo musica per un videogioco per Playstation), in realtà non avevo mai studiato musica, anzi avevo provato da bambino ma un po’ mi annoiava, e un po’ avevo paura di scoprirmi. Ero molto timido e quindi non avevo mai considerato la musica in generale”.
La scoperta dell’elettronica é una vera propria svolta, anche per la sua percezione da nerd. “Quando ho affrontato in maniera un pochino più seria la produzione musicale al computer, ho scoperto che era una cosa che piaceva anche ai miei amici e che una delle prime cose che riusciva ad essere apprezzata di quello che facevo nella vita. Quindi ho trovato nella musica una valvola di sfogo, qualcosa per il quale sentirmi apprezzato”.
E da lì si parte. Dalla provincia verso la Capitale.
“Ho iniziato a ad organizzare io delle serate perché nella mia piccola provincia diciamo non c’erano discoteche, quindi l’unico modo era a prendere un pub organizzare e allora mi sono un po anche lasciato andare a quella di questa che avevo trovandomi a fare il PR di me stesso. Lì ho capito che potevo raggiungere un po tante cose nel mio percorso”.

Solo che nel frattempo i sogni si sono ingranditi, arrivando a inglobare quelli che sono i riferimenti del settore. “Ero diventato un fan gigantesco di Radio M2O, per cui finita finita la scuola ho lasciato tutto e mi sono trasferito a Roma. Mi sono presentato sotto la radio con un pacco di olive ascolane come welcome e mi hanno aperto le porte” Come resistere a una tale proposta? “Ho capito che ronzando attorno a quella radio.. forse ce l’avrei fatta a conquistare quel mio sogno di lavorarci. Tre anni dopo ho iniziato a lavorare a M2O”. E lì é rimasto sei anni.
Un vero primo amore, di quelli che non finiscono, ma evolvono.
Diverse uscite discografiche portano il suo nome sotto la famosa Spinnin’ Records, e M2O viene messa in pausa. Ma solo questo questo. Quando arriva il COVID “ferma tutto, ma non ferma la mia creatività”. Alessandro crea un’etichetta, una radio, tutti anagrammi del suo nome, CAOS. Inizia con i live stream in location accativanti prendendo ad esempio non tanto i connazionali ma da olandesi e americani che si esibivano in location spettacolari, cercando contaminazioni con altri atti in scena come di trampolieri, musicisti, danza classica.
Finisce il Covid e trova un alleato nel Sindaco di Ascoli. “Avevo questo pallino che mi era rimasto quando avevo iniziato a produrre musica: avevo visto un live di Armin Van Buuren che suonava un’orchestra. Sarebbe incredibile fare un live con un’orchestra!”. L’ispirazione era già parzialmente reale. “Nello stesso periodo un mio brano di stampo orchestrale (“Fuga”) era stato sincronizzato da GoPro per uno spot pubblicitario ed era diventato iconico. Mi sono detto: quasi quasi questo brano lo faccio con un’orchestra e un coro lirico”.
Nasce Symphony Of CAOS. E anche la sua direzione.
ASCO ha inseguito il suo progetto come un imprenditore segue la sua folle, eppure perfettamente realizzabile idea. Promossa a pieni voti da chi lo sostiene e soprattutto invogliando a fare di più. “Il primo fu mio papà che disse, dopo il primo show: ma perché non la conduci tu l’orchestra? Non scherzava. Gli ho detto, ridendo, che non era possibile perché il mio percorso di studi non me lo permetteva, non ero in grado. Invece poi, dopo la terza edizione, il coordinatore della mia orchestra mi ha detto: ma perché non lo dirigi tu? Gli ho detto la stessa cosa, mi sono messo a ridere. Ma lui mi mice: studialo come hai fatto con tutte le nostre cose della tua vita, ti sei fatto da solo, studi anche questa cosa e vedrai che ti porti a casa uno show dove sei tu la direzione d’orchestra”.
Tempo di imparare, rintracciare le lezioni di Vito Lo Re, direttore d’orchestra, online (ah, il potere della rete), raggiungerlo due volte alla settimana a Novara per lezioni, imparare imparare imparare, e realizzare quello che forse ASCO nella sua gavetta da resident e DJ ha sempre fantasticato di fare, riprendendo un po’ il suo essere stato un adolescente con la fissa per Slipknot e musica classica (ci siamo passati tutti, del resto).

Quando parla di Symphony of CAOS, ASCO si emoziona. La stessa emozione che vede nei volti delle persone. “É incredibile. Ho visto gente in lacrime per l’emozione che puó mettere uno show come questo”. Che poi é un lavoro di squadra immenso. “Questo è un progetto molto più grande rispetto a tante cose che faccio nella vita, che sono un po’ un one man show. Invece qui c’è un lavoro di squadra, dove c’è uno spettatore, c’è una direttrice del coro, c’è una direttore dell’orchestra, ci sono un sono un miliardo di figure che lavorano per creare uno show così così grande”.
Che poi non é mica facile essere DJ e gestire un’orchestra.
“In tutta onestà, le persone con il quale io mi sono interfacciato… magari hanno trovato in me un entusiasmo che era coinvolgente, ma in realtà ho fatto poca difficoltà a trovare figure che rifiutassero il progetto”. Una sorpresa? “Quando un Dj si presenta ad un orchestratore pluri-laureato che fa roba a livello incredibile e il dj dice: a me questa cosa non va bene, falla diversamente, il rischio di un ma-vai-quel-paese é enorme… . Mi reputo fortunato di avere incontrato il mio orchestratore, Andrea Filippucci. Una figura incredibile, che ha saputo carpire il fatto che la mia sensibilità artistica poteva essere un valore aggiunto nella struttura.”
La vera magia nella sinfonia del CAOS di ASCO é questa sinergia con tutto quello che é cultura. Nei suoi show ci sono tantissime cover, fa riferimento a un background comune che da un lato emozioni, dall’altro carichi. Rispetto poi a chi lavora nel mondo della cultura, dice Alessandro “non ho mai trovato una barriera. Anzi il mondo culturale ha sposato e ha abbracciato completamente questo progetto.”
Prima ancora ancora del mondo di ASCO, quello EDM, ci é arrivato dopo. Soprattutto – e paradossalmente – in Italia. “In una città sperduta del Giappone vedo davanti a me persone che sanno sono a memoria i miei brani e li cantano, mi dico: oh, mio Dio. E io sono un’artista di nicchia, non sono un’artista mainstream, però riconosco di aver fatto molte più date all’estero, dal 2017 in poi, che nei grandi festival italiani”.
Lo dice non con amara ironia: ma qui sta la scommessa di ASCO per il Fabrique (per ora già in parte confermata dai biglietti quasi svaniti), portare una ventata nel panorama nazionale, osare. “Io porto il mio contest orchestrale che è qualcosa di nuovo, di fresco, di innovativo che le persone non hanno mai sentito né vissuto prima”. E noi non vediamo l’ora.
