Manfredi è lo pseudonimo e progetto artistico solista di Antonio Guadagno, classe 1998. Antonio nasce in provincia di Salerno e all’età di soli tre anni si trasferisce a Milano con la sua famiglia. Durante il periodo adolescenziale iniziano i primi contatti con il mondo musicale, infatti, inizia a suonare la chitarra e a 17 anni scrive e registra le prime canzoni. Nel 2017 viene notato dai ragazzi di Foolica, che lo accolgono nel team dell’etichetta.
Nei due anni successivi Manfredi scrive e compone nuove canzoni, parallelamente si iscrive all’università e recentemente, in questo 2020, si laurea in ingegneria al Politecnico di Milano. Come ci ha raccontato, gli anni dell’università sono stati un periodo molto fertile da un punto di vista artistico. Infatti, in questi ultimi anni pubblica canzoni autobiografiche entrate in numerose playlist Spotify, tra cui 20143 Milano Navigli, Cuffiette e Noi meno tu.
Dopo più di un anno di assenza, Manfredi pubblica Hollywood, uscito su tutte le piattaforme digitali il 25 settembre. Il singolo vede la produzione di Matteo Cantaluppi, che aveva già collaborato con Manfredi per la produzione di altri singoli. Come già anticipato sul proprio profilo Instagram, Manfredi ci conferma in quest’intervista che questo singolo è solo un assaggio del suo primo disco, in arrivo nei primi mesi del 2021. In attesa di ascoltare altri brani del giovane cantautore, ho fatto quattro chiacchiere con lui e mi ha raccontato qualcosa di più su di lui e sul nuovo singolo.
Ciao Manfredi, è passato più di un anno dalla pubblicazione di “Occhiali a specchio” ed ora arriva “Hollywood”. Quanto senti di essere cambiato in quest’ultimo anno? Sei felice di essere tornato?
Ciao! È vero, è passato più di un anno dall’ultimo brano che ho pubblicato. Nonostante non mi sia fatto sentire molto, però, questi ultimi mesi sono stati per me molto intensi. Ho avuto modo di scrivere moltissimo, ho lavorato al disco, ho collaborato con molti artisti e produttori da cui ho imparato tanto. Sono felicissimo di essere tornato e sono felice di averlo fatto con “Hollywood”. Credo sia un brano che dimostri che c’è stata una crescita, che sono maturato sia come persona che come artista.
“Hollywood”, il tuo nuovo singolo, prende ispirazione dai film romantici, che descrivi “tutti uguali e con la stessa trama”. Che rapporto hai con il cinema? Quale film invece pensi ti rispecchi maggiormente?
Non sono assolutamente un esperto di cinema, mi limito a guardare i film e se mi piacciono bene, altrimenti fa niente. Mi interessa la trama più che altro. Scenografia, fotografia e tutto il resto, non ci capisco davvero niente. Mi piacciono molto i film romantici perché raccontano storie che difficilmente si ha la possibilità di vivere o che comunque capitano molto raramente. Se dovessi scegliere un film che mi rappresenta sceglierei forse “The Terminal”. Adoro il fatto che la storia si sviluppi tutta in un aeroporto, ma che tra quelle quattro mura il protagonista riesca a superare una serie infinita di sfortune, a trovare un lavoro, degli amici e persino ad innamorarsi. Praticamente si è costruito un mondo in una stanza.
In questo brano racconti di come l’amore ti piaccia “solo quando è complicato”, ma secondo te nella vita reale è possibile l’amore perfetto raccontato nei film?
Se ci pensi bene, i film non raccontano mai l’amore perfetto. La felicità arriva solo alla fine del film. Il protagonista conquista la donna che ama negli ultimi cinque minuti, poi il film finisce. Di fatto il cinema racconta le dinamiche che portano a quell’amore perfetto. La felicità ce la lasciano immaginare, non si vede nelle due ore di pellicola. Secondo me nella vita è possibile avere le stesse sfortune che vediamo nei film di Hollywood, per il lieto fine non saprei dirti. Devo però ammettere che sono proprio quelle sfighe a rendere bello un amore, quelle che ci fanno sentire vivi.
Per la realizzazione di questo singolo ti sei affidato all’aiuto di Matteo Cantaluppi. Com’è stato lavorare con lui? Come nascono i tuoi brani e qual è il tuo processo creativo?
Lavorare con Matteo è sempre molto bello. Ho lavorato con lui anche per brani come Cuffiette, Noi meno Tu e 20143 Milano Navigli, ed ogni volta riesce a dare grande personalità alle canzoni. Riesce a far esplodere i ritornelli, a creare un equilibrio in un crescendo di emozioni. Prende una bella canzone e la trasforma in un capolavoro, insomma. Per quanto riguarda la scrittura, io inizio solitamente dai testi. Delle volte mi viene in mente una frase, vedo un qualcosa che mi rimane in testa, incontro una persona che mi lascia qualcosa, e da li scrivo una canzone. Non mi forzo mai a scrivere un brano, se no esce qualcosa di poco naturale e la gente se ne accorge. Non voglio raccontare bugie o storie inventate, è inutile e non crea empatia.
Come hai già anticipato sul tuo profilo Instagram, questo singolo è solo l’inizio, è l’anticipazione del tuo primo disco. Che progetto dobbiamo aspettarci? Ci saranno collaborazioni e featuring?
Attualmente non è previsto nessun featuring, ma come dico sempre, è tutto un work in progress, il disco è finito solo nel momento in cui esce. Per il primo album credo abbia più senso non coinvolgere altre persone, devo ancora dar modo di farmi conoscere e le cose da dire sono tante. Chiaro, se dovesse arrivare quella classica collaborazione che non puoi rifiutare non sarei così stupido da dire di no, ma le possibilità sono talmente remote che non me ne preoccupo.
Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato nella tua carriera musicale?
Vado molto a periodi con gli ascolti. Ogni mia fase mi influenza in qualche modo. C’è stato un periodo in cui ascoltavo tantissimo blues ad esempio, soprattutto John Mayer e Joe Bonamassa. Poi sono passato agli Oasis, a Vasco, a Dalla, mi hanno consigliato Venditti e lo sto ascoltando, Cremonini, Max Pezzali e gli 883, poi ricordo il periodo de I Cani e di Calcutta. Penso che tutti gli ascolti in qualche modo ci influenzino, ma personalmente non cerco mai di copiare questo o quell’altro artista, avrebbe poco senso.
Recentemente ti sei laureato al Politecnico di Milano e vivi nella stessa città da parecchi anni. Quanto senti che l’università e la metropoli in cui vivi ti hanno influenzato artisticamente e, in particolare, nella realizzazione del prossimo album?
Milano è una città che ti ispira per forza. È enorme, ovunque vai c’è qualcosa da vedere, un angolo da scoprire, qualcosa che non hai mai visto. Senza contare poi che Milano di giorno e Milano di notte sono due cose completamente diverse. Se passi sui navigli un giovedì mattina assapori la solitudine, se sei invece sui navigli il venerdì sera è tutta un’altra cosa. Considerando poi che io vivo in provincia, la differenza tra il piccolo paese e la grande città si sente davvero molto. Anche l’università mi ha influenzato tantissimo, soprattutto le persone che ho incontrato, le materie non tanto. In questi anni ho avuto modo di conoscere molta gente, di innamorarmi, di confrontarmi con persone provenienti da tutto il mondo. Di vivere l’ansia degli esami, di dormire a casa di amici, di fare tardi la sera. Tutte queste cose sono inevitabilmente nel disco perché fanno parte della mia vita.
Se non fossi un cantautore, con quale altro mezzo artistico ti sarebbe piaciuto comunicare al pubblico le tue emozioni?
Mi sarebbe piaciuto un sacco recitare. Una volta c’è anche stata una mezza occasione, ma non era il caso. Per fare l’attore ci vuole la faccia giusta, il talento, ci vogliono tante cose insomma. Non so, forse mi piacerebbe provare. Vivere tante vite, una per ogni film, deve essere interessante.
Con quali cantautori del passato ti sarebbe piaciuto collaborare se fossi vissuto negli anni ’70/’80?
Oddio, gli anni ‘80 nemmeno me li immagino, sono stati l’adolescenza dei miei genitori in pratica. Mi piacerebbe conoscere Vasco, questo sì, vedere come nasce una sua canzone. Collaborarci però, non oserei mai, ci sono artisti intoccabili. Ecco, più che un collaboratore mi sarebbe piaciuto essere un “osservatore”. Ma tu ci pensi che emozione essere presenti nel momento in cui Venditti, Dalla, Vasco o Cremonini scrivono una canzone che poi tutti canteranno per i prossimi trent’anni?