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Interviste

Intervista a WENA. Con il mio nuovo disco BACK TO YOU torno da me perchè mi mancavo proprio tanto.

Intervista di Serena Lotti | Foto di Vanda Petrella

BACK TO YOU il nuovo lavoro di WENA, all’anagrafe Valentina Gnesutta: come lo definisce chi quel disco lo ha partorito, è un viaggio, un disco-percorso, iniziato in una città e chiuso in un’altra, “come un seme piantato in un luogo e fiorito altrove.” Edito da Kido Music,  prodotto da Fabio Visocchi, il disco è uscito il 12 aprile 2024 ed è stato presentato il 13 aprile al Biko Club di Milano.
Si parte del concetto di ambivalenza, di ritorno a qualcosa ormai lasciato alle spalle ma che non si abbandona veramente. Perchè “Quel passato mi ha cambiata”.
Un album autobiografico che racconta di amore e dolore, di evoluzione, di spazi e tempi che si rincorrono, che si sovrappongono fino a forma ad un caos che è prima di tutto vita ed esperienza.
Me ne parla più nel dettaglio in una lunga intervista chi quel tempo e quello spazio lo ha abitato e da cui è nato BACK TO YOU.

Ciao Wena e complimenti per il tuo nuovo disco che è un crocevia di anime e stili, il jazz, il soul, la black music, il funky. C’è grande attenzione ai dettagli, alle sfumature e la tua musica suona sempre libera, oltrepassa i confini. Però porta sempre alla strada di casa, la casa di Wena. Raccontaci questo ritorno a casa, a te stessa come dice il titolo stesso del disco.

Già, questo disco è un ritorno a casa, ogni ritorno a casa nella mia vita è qualcosa di magico. Se partiamo dalla mia storia personale (ndr. Wena è di Caserta) considera che già il mio traferimento a Milano è stato una sorta di ritorno a casa, nonostante non fosse la mia città d’origine, che invece mi stava stretta poichè legata ad una serie di vicende dolorose da cui volevo allontanarmi il più lontano possibile.

La verità è che io non volevo abbandonare la mia città bensì intraprendere una nuova strada.  Sono stata a Londra, Bologna ma solo a Milano sono tornata a casa, paradossalmente in un luogo che non mi apparteneva. Non mi sono trasferita a Milano solo per studiare in Conservatorio ed inseguire il sogno della musica: Milano è casa mia, è un posto che non immaginavo potesse diventarlo. Allo stesso modo questo secondo disco è una casa completamente nuova per me. Eppure è casa mia.

Parliamo di qualcosa di nettamente diverso, un sound che si allontana sideralmente dal mio primo lavoro. Diverso perchè io sono diversa, sono cambiata, sono cresciuta. Oggi ho voglia di affidarmi e di prendere questa maturazione personale ed artistica per fare anche cose coraggiose e distanti dalla mia comfort zone. Per questo nuovo disco ho cambiato completamente le regole, ho lanciato una sfida anche dal punto di vista della costruzione e della struttura. Il disco è stato infatti interamente prodotto e realizzato da una sola persona, Fabio Visocchi (Veezo). Due persone, il produttore ed io.

Si percepisce una fortissima spinta al cambiamento in Back to You. Un ritorno a se stessi, una ricerca che non è solo nel linguaggio e nelle sonorità. C’è grande autodeterminazione. Qual è stata l’ispirazione principale dietro questo nuovo lavoro?

Una delle ispirazioni di questo disco è proprio l’autodeterminazione: lavorare a questo album mi ha ridato libertà e mi ha offerto finalmente la chiave per non avere più paura e tornare ad essere me stessa, non solo artistamente ma anche nel privato. Lo sai che da sempre vivo una sorta di dualismo Valentina e Wena? Su questo ci sto lavorando… e tantissimo. In qualche modo è come se avessi due nature parallele e indivisibili, dove Wena si prende delle libertà che Valentina non si concederebbe mai. Ti racconto una storia: io ho vissuto una storia d’amore durata molti anni, un amore folle e tossico insieme, un amore così potente che mi ha divorata, prosciugata completamente. Quando questa storia è finita, per esorcizzare il dolore, ho iniziato a comporre e scrivere spasmodicamente. Quella ero io ieri. Io che esco da questa storia complicatissima e mi muovo in una nuova città: a un certo punto mi sono ritrovata davanti ad un percorso nuovo. Mentre scrivevo Back to You ho fatto un back in the days e spesso mi sono ritrovata di nuovo su quella strada e dentro la mia vita di dieci anni fa. Mi sono detta spesso che più che un disco questo è una sorta di concept album su di me, sul mio percorso artistico e privato, la vita di Wena artista che senza Valentina donna non sarebbe quella che è, con le sue sofferenze, le sue sfide, i suoi dolori.

Back to You parla d’amore. Un amore che è punto di partenza e di trasformazione, non una fermata di arrivo. In un certo senso demistifichiamo e accettiamo il concetto del “so wrong” dopo avere preso consapevolezza delle nostre fragilità. Quella stessa trasformazione che ritroviamo anche nel sound e forse anche un pò in Wena. E’ cosi? Ti ha trasformato questo disco?

Io penso che un’artista spesso sperimenta dei punti di non ritorno, il concetto di trasformazione c’è in questo disco, e come. Questo disco mi ha insegnato a non avere paura di percorrere strade che non conosco musicalmente, diversamente da qualche anno fa, quando la pensavo diversamente. Quando ancora non si è conosciuti ad un livello mainstream si ha molta più paura di intraprendere delle strade artistiche che possono minacciare le certezze conquistate, si ha paura di cambiare, di snaturarsi, di perdersi, ma cambiare è necessario, è vitale. Si deve cambiare anche perchè cambia il mercato e le sue logiche, sebbene le possibili critiche ad un cambiamento terrorizzino e mettano molta ansia.  Bisogna trovare il coraggio di sperimentare e cercare di superare la paura ed il rischio di perdere quello che si è conquistato prima, per il timore di non essere più riconoscibile, o deludere chi ti ha sempre seguito. A me sperimentare ha fatto paura certo che sì, ma mi ha reso forte e più sicura di me. Se oggi pensassi di voler fare un disco tutto in dialetto napoletano direi a me stessa…perchè no? Oggi non sono più l’artista e la donna che ero 10 anni fa, oggi non scriverei, canterei o suonerei pensando a temi che non mi appartengono più.

Quali sono le cose che ti fanno star bene, artisticamente e nel privato?

Nella vita artistica mi fa stare bene lavorare con persone risolte.

Nella vita privata mi fa stare bene relazionarmi con persone risolte. (E il mio cane…)

Hai cantato in apertura del tour dei Negramaro allo Stadio Diego Armando Maradona di Napoli e allo Stadio San Siro di Milano. Raccontaci come è andata.

Sono stata chiamata da Alessandro Daniele, il figlio di Pino Daniele e mi sono esibita in entrambe la date con la Fondazione Pino Daniele Onlus: ognuno ha potuto scegliere un suo brano. Io ho scelto, per entrambe le date, “Uè Man” e “Yes I know My Way” (e in più a Napoli abbiamo fatto un tributo alla cittá con “Alleria”). Non ero impaurita. Anzi. Avrei voluto fare un concerto di due ore da sola! Vedere uno spazio tanto immenso non mi ha spaventata, mi sono sentita davvero a mio agio…sono salita sul palco e il cuore mi è arrivato in gola, ma dopo pochissimo ero perfettamente a mio agio.  Un’esperienza stupenda. Ho avuto anche la possibilità di assistere al soundcheck dei Negramaro e di Elisa, è stato qualcosa di magico. C’era grande connessione con tutto quello che stava accadendo in quel momento, è arte che prende forma, è la nascita di una delle cose più magiche al mondo: la musica. Da artista è stato davvero stimolante cogliere tante sfaccettature, sentirsi vicino agli artisti, anche se di grosso calibro come loro, percepisci tante similitudini, cogli le ispirazioni e le suggestioni che si creano durante il checksound, tutta la parte di comunicazione tra le parti, fonici, musicisti, addetti ai lavori. Assistere a questo mi ha dato tanta carica. Ad ogni modo sì, è stato magico. C’è stata anche tanta concentrazione, lunghi momenti di silenzio e di raccoglimento. Non ringrazierò mai abbastanza Alex per avermelo proposto.

Il gender gap è ormai noto nel mondo della musica, ci sono ancora delle barriere all’ingresso dell’industria musicale italiana da parte delle donne che rappresentano solo il 27% fra gli artisti, il 12,5% fra i compositori e il 2,6% nella produzione. Le artiste soliste in cartellone per i concerti nel 2023 sono state meno del 18% del totale. La scarsa presenza di donne nella musica riguarda anche le producer, le autrici, le compositrici, le musiciste e le posizioni manageriali. Come si può invertire questa tendenza?

Finché se ne parla il problema c’è e non dobbiamo assolutamente smettere di dibattere sul tema. Abbiamo moltissime figure femminili che hanno grandi capacità di portare avanti l’industria discografica: dalle artiste alle producer, dalle foniche alle manager. Le capacità, il potenziale ci sarebbe e come. Esiste però un problema di divario di genere anche e soprattutto dietro le quinte, mancano le compositrici e le autrici come dicevi tu ma il problema non è legato alla scarsa presenza di queste figure quanto alla difficoltà che queste hanno di entrare dentro questa industria, dentro il sistema. Un fatto di credibilità? Le donne appaiono meno credibili? Un fatto culturale? Non è il mondo della musica a non essere inclusivo bensì responsabilità degli ascoltatori? Può essere, di fatto il mondo della musica è cultura, società.  Siamo ancora troppo legati ed ancorati alle immagini stereotipate del corpo femminile, esistono ancora realtà dove le donne sono messe li come statuine, salutano il pubblico agghindate in abiti succinti in ambiti prettamente maschili (lo sport per esempio). E’ una dura battaglia.

Con chi vorresti fare un feat e perchè?

Ben L’Oncle Soul senza dubbio. Lui mi fa impazzire, è un artista francese con un talendo formidabile. Secondo me potrebbe facilmente essere definito l’erede di Otis Redding, ha anche lavorato ad un tributo a Frank Sinatra con pezzi riarrangiati e assolutamente meravigliosi.  

Madame. Ho scoperto il suo disco “L’amore” e me ne sono innamorata. Madame ha una complessità e una profondità rara nella scrittura, se penso al brano “Quanto forte ti pensavo” non posso fare a meno di sentire una morsa allo stomaco.

Se potessi travalicare il tempo, lo spazio e le dimensioni ultraterrene senza alcun dubbio Amy Whinehouse. Lei è la mia artista contemporanea preferita in assoluto. Ci ha lasciato un vuoto incolmabile, il suo era un talento unico, immenso.

Ultima domanda di rito. Vuoi consigliare 3 dischi ai lettori di Rockon?

Cummei” di ALEA. Un viaggio tra acid jazz, musica salentina, new soul, un sound complicato e ricchissimo. All’interno del disco ci sono due feat con Mama Marjas. Da ascoltare assolutamente.

Un uomo in blues” di Pino Daniele. Pino Daniele è vita, è la mia storia.

Empathogen” di Willow Smith. Largo ai giovani insomma.

WENA dal sito KIDO

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Milanese, soffro di disordini musicali e morbosità compulsiva verso qualsiasi forma artistica. Cerco insieme il contrasto e il suo opposto e sono attratta da tutto quello che ha in se follia e inquietudine. Incredibilmente entusiasta della vita, con quell’attitudine schizofrenica che mi contraddistingue, amo le persone, ascoltare storie e cercare la via verso l’infinito, ma senza esagerare. In fondo un grande uomo una volta ha detto “Ognuno ha l’infinito che si merita”.

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