Articolo di Marzia Picciano
Ma quanto è difficile parlare di comunicazione? Se comunicare é gia una sfida non da poco oggi, in una realtà permeata in ogni dove e come di messaggi e informazioni, tant’é vero che perdiamo di vista anche qual é la verità, parlare di comunicazione parrebbe materia da sofisti o grandi intellettuali, per cui scomodare Bauman o Godin, che poco sembrano avere di artistico se non l’aver reso la loro attività un’arte. Un pò pesante, se non siete addetti ai lavori. Così “pesante” da pensare che non sia un problema nostro. Quindi quandi ci troviamo di fronte Manuel Cuni, in arte Immanuel Casto, cantautore con 4 album all’attivo in studio, primo fra tutti il manifesto del porn groove Adult Music, game designer ma soprattutto personale soggetto di culto con cui ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere al telefono qualche giorno fa per parlare del suo ultimo lavoro, stavolta non musicale, lo spettacolo teatrale “Non Erano Battute”, che parla proprio di questo. Di quanto non siamo bravi a comunicare e di come questo sia un problema enorme.
Ho assistito allo spettacolo di Manuel al Teatro Filodrammatici Milano il 10 dicembre, una freddissima serata meneghina alla fine di un ponte perfetto. Che dire, se non la curiosità di vedere come Cuni, che di certo non ha bisogno di presentazioni, alle prese con un altro tipo di palco, dopo anni di appassionata verve musicale di cui ho sempre apprezzato la sferzante volontà di cantare il ‘taboo’ culturale con l’onestà di un bambino e l’ironia di pensatore libero (che poi sono la stessa cosa, no?). Del resto, c’é chi fa mostre, e chi si mette a nudo per affrontare il forse più trasversale dei temi, ma con un occhio diverso.
Se Stefano Benni diceva che la comunicazione perfetta esiste ed é un litigio, Immanuel Casto ribatterebbe che sarebbe tale solo se fossimo capaci di intendere tutti la stessa cosa. Ma andiamo con ordine, anzi con logica, come apprezzerebbe Casto. Quello che vi attende é una mini-lezione, una conversazione molto franca su perché dovremmo cercare di essere sempre uguali a noi stessi quando parliamo (e di come rendere ciò il nostro imperativo per il 2024).
Di cosa parliamo, ma anche di chi
Di cosa parla “Non Erano Battute”? In un mix tra stand-up e monologo-flusso di coscienza Casto ci spiega una serie di incoerenze comiche o tragiche in cui nel corso della sua vita é incappato e di come le ha superate, o almeno come ci ha provato. Perché Manuel é anche stato presidente del Mensa Italia, il chapter italiano dell’associazione internazionale formata da persone con un quoziente intellettivo elevato, e questo ha un peso specifico nell’essere appassionato di logica e di conoscere personalmente il mondo delle neurodivergenze, per cui l’interazione umana diventa un nugolo di sottotesti che inquinano, senza fine, il testo vero e proprio. In due ore, il Divo Casto ci smonta una dopo l’altra le strutture sociali e linguistiche di cui campiamo (in breve: come sentirsi l’ombra di Nanni Moretti pronta a prenderci incessantemente a schiaffi). Sono tornata a casa pensando a quante volte ho usato avverbi a sproposito, quante parole ho scomodato senza senso, per moda o per noia, ma soprattutto: quante volte ho lasciato al non detto quello che avrei voluto dire, dicendo tutt’altro.
La pervasività del pensiero che affiora tra le, appunto, battute, su una serie di topos quotidiani é evidente: siamo molto deludenti quando si tratta di comunicare. Che lo siamo intenzionalmente, o per mancanza di coscienza delle nostre azioni, alla fine Manuel lo dice chiaro e tondo: il problema é l’egoismo insito in ciascuno di noi. Con buona pace di Zerocalcare, questo mondo ci ha comunque reso un pò più cattivi. O meglio, ci ha fatto focalizzare sulla nostra scialuppa, nell’eterna gara tra sopravvivenza e performance. Volente o nolente, comunicheremo sempre peggio, ci faremo sempre più male, alimenteremo guerre che forse manco ci interessa davvero portare avanti.
Lo capissimo subito, o almeno un pò prima. Dal momento che ciò non succede, é bene parlarne, soprattutto se a farlo é qualcuno come Manuel, che del come comunicare ha fatto quasi una battaglia. Al telefono, dopo l’ultimo appuntamento della sessione milanese, é “un pò stanco”, ma soddisfatto e molto contento. Lo spettacolo sta andando bene: dopo Torino, Cesena e Firenze, gli spettacoli di Milano hanno registrato il tutto esaurito anche durante un ponte impossibile da sopravvivere in un gelido centro economico d’Italia. Una sorpresa forse anche per lui, o forse no, del resto é una novità vedere quello che é uno dei piu veraci cantori della sessualità vera (e di quella tristemente vera nella sua ipocrisia), sul palco, impartirci serissime lezioni base di chiarezza e comprensibilità (nel caso non ricordaste bene le sue performance, l’anno scorso Chiara Amendola sempre su RockOn ne scriveva assai bene).
“Su due cose non avrei saputo scommettere. La prima era la vendibilità commerciale: avendo un pubblico pronto a venire ai concerti per divertirsi in un certo modo io non sapevo se la gente poi avrebbe risposto anche a questa offerta… abbiamo scoperto che è andata bene ancora prima che lo spettacolo iniziasse. La seconda su cui avevo veramente tanti dubbi la cosa che continuavo a condividere anche i miei collaboratori per il bilanciamento tra serio e comico”. Nonostante i dubbi, il compromesso tra leggerezza e riflessione ha funzionato, superando il rischio della chimera della pesantezza e no, non si tratta di un trattato sull’uso corretto delle forme comunicative, anche se il prodotto potrebbe essere altrettanto educativo.
Perché parlare di comunicazione: perche ci serve
Se l’equilibrio leggiadro di Casto tra l’assurdo e il serissimo é un marchio di fabbrica, sorge spontanea la domanda che ci serve per capire: perché uno spettacolo su come comunichiamo?
“Ho pensato di fare uno spettacolo su quello che conosco, e questa è una delle cose che conosco meglio e su cui ho riflettuto di più, su cui penso appunto di aver più da dire. Sul perché, credo che dipenda da una serie di esigenze personali. Lo racconto nello spettacolo… é una necessità, di aver trovato un mio modo di comunicare questa necessità mi ha consentito di capire che non è scontato il modo in cui comunichiamo, mentre invece, di solito, lo si dà per scontato. Si danno per scontate tantissime cose, e non è sbagliato, perché la maggior parte delle persone assorbe queste convenzioni linguistiche, ad esempio per osmosi, ma può dipendere da molti fattori, tra i più comuni ci sono anche i quadri neurologici. Il mio essere nello spettro ha avuto un grosso impatto sulla comunicazione. Il problema principale però, é per grossa parte della mia vita, così come gli altri davano per scontato che io comunicassi come loro, anch’io pensavo che tutti comunicassero come me.”
Insomma, fare di esigenza virtù. “É stato molto difficile capire proprio che esistevano diversi modi di comunicare. Una volta poi capito questo, si crea un vocabolario”. Lo spirito di Moretti torna a impestarci, le parole sono importanti! Da qui il Casto-mantra. “Pensa che una delle prime cose che ho fatto con il mio compagno é stato letteralmente creare un dizionario fisico-digitale, un file Excel. Nulla di romantico. Una lista di cose da dire lui quando dice qualcosa, e cosa dovevo capire io. In realtà serve più da lui verso di me”.
Niente di più romantico, ribatterei, di un tentativo di corrispondenza di amorosi sensi che poi altri non é che un tentativo di trovare una propria via, “senza nessun tipo di formazione tecnica”, anche per perseguire quello che é un chiaro obiettivo di impengno sociale e politico. Dove spesso il testo stesso della comunicazione svilisce per Manuel l’obiettivo stesso della comunicazione. Sul perché fare uno spettacolo di questo genere aggiungiamo una nuova risposta: perché serve a tutti.
“Noto quanto spesso dibattiti importantissimi non vadano avanti per problemi di comunicazione. A volte vedo delle situazioni e mi dico: fermiamoci un attimomettiamoci ad osservare la realtà e le dinamiche di comunicazione… facendo questo poi tutta una serie di cose iniziano ad aggiustarsi”.
C’é un momento in cui Casto diventa professore ed é sulla logica,. “La logica formale studia proprio il corretto uso delle proposizioni all’interno di un ragionamento, tuttavia non la si può tirare fuori dall’ambito della logica formale, perché è troppo rigida in quello che é il linguaggio ‘naturalÈ . La logica formale non é naturale, mi serve per costruire un ragionamento a monte, poi con la struttura corretta lo si traduce nel linguaggio naturale, tenendo conto di tutti i fattori ambientali motivi culturali, la persona che ci sta di fronte”. Ma la cosa più importante “non c’é una traduzione univoca”. Anche perché la funzione della logica é anche di dire quando non funziona. “Se ci si rende conto che un discorso non può essere portato avanti e riconducendolo alla logica, allora si capisce anche che quella discussione non arriverà mai a un torto o a una ragione. Se i singoli elementi non sono deducibili a un vero o un falso, non ci sarà una persona che prevale sull’altra. E l’obiettivo di un discorso diventa capire, mettersi in ascolto”.
For the Truth, or for Peace
Ma allora come si fa quando si va quasi volutamente verso un conflitto? Da quello che definirei il punto di vista privilegiato di Casto sul mondo, per cui affermare di non amare il conflitto rappresenta una forma di eccessiva indulgenza verso la propri a condizione, la logica di Casto é chiara. “In ambito politico questa cosa succede spessissimo perché spesso più che combattere per qualcosa, serve mostrarsi mentre si combatte per qualcosa. É utile per il posizionamento. Ma io non riuscirei a parlare con una persona che si contraddice con una persona che non condivide il desiderio di arrivare alla verità, in realtà quei discorsi sono finiti e non c’é ascolto. Ci si rivolge a chi ascolta e partendo dal presupposto che chi ascolta sia d’accordo con chi parla, ogni cosa che dico non è finalizzata per capire la persona che si ha di fronte, diventa una valutazione della performance.”
Ovviamente l’impatto dei social non aiuta (come dovrebbe). Per Casto il fatto che si sta sempre di più andando su social e contenuti che non rimangono eternamente nella memoria dei sever porta alla creazione di contenuti sempre più brevi, e nella politica questo si riduce a slogan. “Porta ancora di più a dire cose auto riferite a prescindere dall’effetto che hanno perso sulla persona che si ha davanti. Con conseguente perdita del valore dello scambio”.
Ma lo sforzo non é sempre ripagato, per quanto ‘assertivi’ vogliamo essere. Possiamo non trovare un punto di contatto. Se come dice Manuel “le nostre esigenze legate alla socialità dipendono dal loro essere soddisfatte da altre persone” oggi la visione molto individualista di cui siamo permeati e di cui ci parla nel suo monologo rende la dimensione dell’altro molto ridotta.
“Se io voglio comprarmi una macchina, e ho la disponibilità economica, insomma la macchina non può dirmi di no”. Ma con le persone é diverso. Serve il consenso. “Persino la comprensione presuppone consenso (è chiaro che in questo caso non stiamo parlando di un’accezione morale), presuppone possibilità e volontà. La possibilità a volte non c’è (se non si conosce l’argomento), ma anche quando è ‘possibile’ , quando ci sono premesse comuni, serve comunque la volontà”. Che é l’elemento determinante. “Non possiamo tutti arrivare ad una verità se l’altra persona non lo vuole. Questo si deve mettere in conto nel momento in cui ci si mette nella relazione con l’altro, motivo per cui il grosso dell’impegno va messo nel dare degli standard a se stessi”. In fondo é qualcosa che sappiamo da sempre e il più delle volte ci dimentichiamo come gestire: accettare di non essere accettati.
Che poi é un pò il punto che arriva a noi dell’intero monologo di Casto. Si, perché tra un aneddoto divertente e Manuel che si sposta da una parte all’altra del palco cambiando con cadenza regolare posizione – perche ‘cosi’ gli hanno detto di faré – c’é tutta la tragicomicità di una persona che vorrebbe comunicare e che ha capito che il problema non é solo suo. Senza usare etichette ma solo la sincerità e il suo peso specifico di artista imprenditore e persona molto intelligente gratta via con stupefacente facilità gli strati di ‘tra le righé imposti e di cui chiunque, a prescindere dallo stato e l’esistenza di neurodivergenze, farebbe a meno. Un eroe che a colpi di una certamente anti-estetica logica travestita da quello che i più appellerebbero come sarcasmo cerca di andare al nocciolo della questione.
E quindi?
Rimane da chiedersi se di tutta questa riflessione, di questo impegno di Casto ora sotto i riflettori vi sia una volontà di portarla anche un pò sulla parte musicale.
“É una domanda che mi ha fatto anch’io in produzione per l’anno prossimo… ma si succederà per caratteristiche di scrittura e sì mi sento di presumere che tipo ci sarà una commistione, non so come. É probabile che certi concetti, conoscendomi, rientreranno”. In ogni caso arriverà con calma. Uno perché potrebbe venirne fuori una forma un pò leziosa, e non abbiamo bisogno di professori ma di essere umani. Due, perche lo spettacolo andrà avanti, con date segnate fino ad aprile e ci anticipa Manuel, anche con un possibile tour estivo. Una cosa alla volta, e questa é decisamente importante. E se si trattasse di un altro impegno sociale? Se sul politico in senso stretto é titubante, Manuel non nega la volontà di fare di più, e non l’ha mai nascosta. E noi saremo in attesa.