Interviste

Whatever We Were: otto domande ai KEEMOSABE

  • Di cosa parla il vostro ultimo singolo Whatever We Were?

Ciao ragazzi e grazie per questo spazio sulle vostre piattaforme innanzitutto! Il nostro nuovo singolo racconta della nostra morte in senso metaforico. Per noi è un brano fondamentale perché riassume in pochissime righe la nostra metamorfosi avvenuta nell’ultimo anno. È un invito a lasciarsi andare, a non curarsi delle opinioni altrui e a vivere secondo le proprie regole. La nostra vita professionale ci ha portato troppo spesso a sentirci etichettati, in dovere di dimostrare qualcosa, a non essere mai abbastanza per qualcuno. Questo ci ha fatto sentire sbagliati per così tanto tempo fino a quasi farci passare la voglia di fare musica. La notte in cui abbiamo scritto questa canzone ci siamo ripromessi di vivere la nostra quotidianità con questo nuovo spirito di libertà e da allora così è stato. Non esiste sensazione migliore per noi e speriamo di poterla trasmettere a chi avrà voglia di ascoltarla.

  • Le vostre sonorità stanno cambiando, cosa vi ha portato a cercare nuove strade?

Abbiamo sempre abbracciato il cambiamento in ogni sua forma, non ci ha mai spaventati e non lo abbiamo voluto forzare. Anche in questo caso è stato così, dopo un disco come Look Closer, in cui abbiamo avuto modo di esprimerci attraverso un album di un’ora con strati di synth, organi, chitarre, tempi dispari e strutture atipiche, è nato in noi il desiderio di ricercare sonorità più semplici, moderne, immediate. Da qui abbiamo iniziato un anno ricco di sperimentazione su elettronica, synths, drum machines per poi trovare un modo di unirle a tutto quello che è il nostro bagaglio di esperienze sonore di band ed al sound dei nostri strumenti. Questo è un grande leitmotiv di tutti i brani che stiamo registrando: il nostro obiettivo è di ottenere il sound di una band del futuro.

  • Per questo brano avete deciso di dedicarvi anche alla produzione, com’è stato prendere in mano totalmente le redini del progetto?

Abbiamo sempre avuto una curiosità innata nell’imparare tutti gli aspetti della vita di un artista, dalla promozione, ai social, alla realizzazione di video. Stavolta ci siamo anche cimentati nella produzione. Da una parte è stato ambizioso e a tratti incosciente, dall’altra incredibilmente appagante e motivante. Il processo di scrittura, produzione e registrazione, specialmente per noi che siamo parecchio perfezionisti e nerd di strumentazione e attrezzatura audio, è spesso stato lungo e tortuoso, ed era abbastanza rincuorante poter condividere l’onere con un producer più esperto che ci prendesse per mano e guidasse verso la realizzazione finale. In questa fase, diventando noi stessi la figura in questione, abbiamo dovuto essere molto distaccati emozionalmente nel prendere alcune scelte e trovare il giusto compromesso tra quello che era la nostra idea e la strumentazione a nostra disposizione. Gianluca Massimo, un caro amico e bravissimo fonico, ci ha aiutati nel tracking e mixing e senza di lui il prodotto non avrebbe la stessa qualità sonora. Tutto sommato però dobbiamo ammettere di esserci davvero goduti questa esperienza, ed in un momento in cui dobbiamo fare di necessità virtù, crediamo che l’autoproduzione sia la via giusta in cui procedere per poter rilasciare musica sempre più frequentemente.

  • Potete spiegarci il vostro processo creativo? 

Solitamente non seguiamo un metodo particolare. In questo ultimo anno la musica che abbiamo scritto è nata perlopiù di notte, chiusi in studio e completamente distaccati dal mondo esteriore. Ci piace parlare a lungo di sensazioni che stimolano la nostra creatività, o immaginare trame di film mai esistiti su cui scrivere una colonna sonora. Ci piace partire dall’elemento ritmico e da un qualcosa che faccia venire voglia di muoversi e ballare, per poi ricamare sopra giri armonici, melodie e testi che riprendano proprio la sensazione originale da cui eravamo partiti. Ultimamente questo è culminato nel realizzare noi direttamente anche video e artwork vari.  

  • Vi siete occupati anche della creazione delle grafiche della cover, cosa rappresenta l’immagine del teschio?

Il concetto del diventare scheletri è per noi la colonna portante di tutte le nostre ultime creazioni. Lo abbiamo chiamato “Skeleting”. Durante i vari lockdown del 2020, che abbiamo avuto modo di trascorrere insieme, spesso ci siamo trovati a confrontarci con la sensazione del sentirci morti spiritualmente, fuori luogo e senza una direzione, del nostro bisogno di morire metaforicamente per poi rinascere con una coscienza rinnovata di noi stessi. Avendo a cuore i rapporti umani e il voler sempre veicolare un messaggio insieme alla nostra musica, ci siamo trovati a discutere con tante persone vicino a noi, le quali ci hanno confessato di sentirsi spesso spaesate e senza un posto nel mondo, esattamente come noi. Da qui nasce l’idea di fondare la nostra società, che si chiama proprio Skeleting, che ha come obiettivo a lungo termine quello di creare una comunità di persone che supportino i valori di condivisione, libertà di espressione e contaminazione artistica.

Lo scheletro diventa dunque per noi un simbolo non macabro, anzi è forse il simbolo più assoluto di uguaglianza, perchè sotto ai nostri vestiti, pelle, pensieri, aspirazioni, siamo tutti letteralmente un ammasso di ossa che si ritrova completamente spaesato in un mondo con ben poche risposte. Fare “Skeleting” diventa per noi quindi un rifiuto delle regole sovraimposte e l’impegno a vivere una vita davvero libera e condivisa con chi ci sta a cuore.

Assolutamente sì! Stefan è innanzitutto un amico con cui abbiamo avuto il piacere di condividere un’esperienza sincera e fuori dagli schemi, proprio secondo ciò che professiamo con la nostra musica. Il nostro obiettivo è quello di rendere le nostre abilità creative un veicolo per creare relazioni umane profonde e collaborazioni di ogni tipo. In passato abbiamo già avuto modo di fondere la nostra musica con cinema, mostre fotografiche, tatuaggi, oltre ad aver condiviso il palco con musicisti davvero di ogni genere. Speriamo di continuare a farlo più a lungo possibile proprio perchè è ciò che ci viene dal cuore e ci fa sentire vivi.

  • State programmando delle date? 

Stiamo preparando proprio ora un live show con i controfiocchi. Dopo quasi un anno e mezzo di inattività live, è per noi fondamentale ricominciare a sudare sui palchi e sentire il calore della gente intorno a noi. Il nostro obiettivo per il 2022 è quello di rilasciare più musica possibile e passare la maggior parte del nostro tempo con gli strumenti in mano. Non ci interessa che sia il Lollapalooza o un bar di provincia, vogliamo fare in modo di stabilire connessioni reali e possibilmente cambiare  per il meglio l’umore delle persone con il nostro entusiasmo.

  • Qual è il vostro sogno nel cassetto?

Tempo fa avremmo risposto probabilmente un concerto al Wembley Stadium o un Grammy Award. La verità è che se il futuro ci riserverà questo oppure altro, in fondo importerebbe solo a noi e al nostro ego. D’altro canto il motivo profondo per cui facciamo musica, quello per cui abbiamo iniziato tutto questo, è per permettere alle persone di estraniarsi dalla propria difficile quotidianità e sentirsi più leggere. Il nostro sogno nel cassetto è forse proprio quello di poter conoscere tra qualche anno una o più persone che ci ringrazieranno perché la nostra musica li ha aiutati a superare un momento tragico della loro vita. Non credo esista senso di unione e di appagamento più grande.

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