Quando era bambino, Kurt Cobain era convinto di essere un alieno, e che prima o poi avrebbe incontrato altri scesi dalla sua stessa astronave. Diventato grande li troverà, e con loro fonderà una band che ha cambiato la storia della musica.
Una graphic novel tutta italiana che, con la tenerezza di un racconto di formazione, segue Kurt Cobain fino alle soglie del successo planetario, raccontando l’infanzia nella provincia americana, l’amore per la musica, l’amicizia e il grando vuoto che tutti affrontiamo crescendo, quello che si crea quando ti senti diverso. Solo.
KURT COBAIN. Quando ero un alieno.
Scrittore: Danilo Deninotti
Disegnatore: Toni Bruno
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“I Nirvana, il gruppo più bello del mondo. Erano in tre, tre allegri ragazzi morti. Poi uno è morto sul serio. Anzi, si è ammazzato. Ricordo perfettamente quel giorno nella primavera del 1994. Ero alla fiera del libro di Bologna con la cartella di disegni sotto al braccio. Incontrai Mauro Chiaretto, alias Spider Jack, e fu lui che mi chiese se avevo sentito di Kurt.
Certo che avevo sentito. Cioè, in quel periodo tutti parlavano di lui. Era da poco stato ricoverato a Roma per una overdose. Sapevo che stava male. Comunque a me questa cosa non piaceva. Non capivo perché un gruppo così unico si lasciasse intrappolare da una comunicazione così invasiva, come succedeva ai gruppi negli anni ’70. Tutti i giornali parlavano della dipendenza di Kurt, dei problemi con sua moglie Courtney Love, dei litigi con il produttore Steve Albini per la realizzazione di “In Utero”. Mi sembrava una brutta operazione di marketing. Mica ne avevano bisogno. I Nirvana erano il miglior gruppo rock si fosse mai sentito in giro. E punto. Perciò annuendo risposi che sapevo dei casini che aveva. Come fosse un mio parente. Mauro capì che non avevo capito e me lo disse con discrezione. Kurt Cubain era morto. Si era suicidato. L’eco di quello sparo riportò tutti i fantasmi a galla nella mia testa, Ian Curtis per primo e poi tutti i suicidi che nella mia vita sono entrati con il loro strascico di domande e sensi di colpa. A un suicidio si cerca sempre un colpevole.”
