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Interviste

The WHITE BUFFALO: On the Widow’s Walk, il bisonte bianco sta per tornare

Intervista a Cura di Matteo Pirovano e Davide Anzaldi

Ciao Jake,
innanzitutto vogliamo ringraziarti per l’opportunità che ci concedi. Quando ci hanno proposto la possibilità di fare due chiacchiere con te eravamo molto eccitati perché siamo realmente grandi fan della tua musica. Anzi, mi piacerebbe raccontarti un aneddoto che ti riguarda. Nel 2013 mi trovavo a Seattle e ho visto che quella sera avresti suonato al “Crocodile” per una data a supporto dell’uscita di Shadows, Greys, and Evil Ways. Mi sono quindi precipitato in coda per acquistare il biglietto e quando è arrivato il mio turno la biglietteria mi ha chiuso il botteghino in faccia esponendo il cartello di “sold out”. Mi sono sempre domandato cosa si provasse ed è davvero una sensazione orribile!

Ti è mai capitata una situazione del genere con un artista che non vedevi l’ora di vedere?
In realtà non vado a vedere molta musica dal vivo, quindi non mi è successo prima, ma ci sono persone del passato che mi sarebbe piaciuto vedere, gente come Johnny Cash o Leonard Cohen, quel tipo di persone leggendarie che sarebbe stato fantastico conoscere.

Avrei moltissime domande da farti ma so che il tempo a disposizione è poco quindi saranno concentrate sulla situazione covid e sull’ultimo album uscito ormai due anni fa in piena pandemia. Come vanno le cose negli states? L’industria della musica è ripartita quasi come prima o avete ancora molte limitazioni? Qui in Europa praticamente siamo fermi da due anni e solo ora gli artisti stranieri stanno annunciando nuove date e tour.
Sì, è stato un periodo difficile per pubblicare un album. Voglio dire, quello è stato probabilmente il momento peggiore di sempre, credo a marzo del 2020, esattamente quando il panico e la paura stavano semplicemente prendendo il sopravvento sul mondo intero e, per una band come la nostra che non è una band radiofonica, andare in tour è piuttosto importante sai? Per promuovere davvero il nostro lavoro che è rimasto quindi un po’ sepolto. Abbiamo comunque avuto la possibilità di farlo uscire, cosa di cui alla fine sono contento, perché penso che alcune persone avessero bisogno di qualcosa di nuovo e qualcosa in cui tuffarsi per scappare dalla realtà 40 minuti, o per quanto tempo necessario, ma sì dai, credo di aver gestito bene la pandemia, abbastanza bene personalmente. Sono incredibilmente normale, se non mi preoccupo inizio a impazzire perché fa parte di quello che faccio, immagino, e ho bisogno di un po’ di quel succo di scena, o come vuoi chiamarlo, per riempire la mia anima, quindi ho cercato di essere produttivo con i video e quel tipo di roba che ha aperto quel mondo, e penso sia piuttosto interessante perché poi le persone vedono un tuo altro lato, non solo quello di questo tipo che rimugina e sembra depresso, oscuro oscuro, potrebbero vedere che in realtà c’è un po’ di luce dall’altro lato.

Come dicevamo “On the widow’s walk” è uscito a aprile 2020 quindi immagino sia stato molto complicato promuoverlo. So che sei riuscito ad andare in tour negli States tra giugno e settembre del 2021. È stato difficile attendere così tanto per suonare dal vivo canzoni di fatto nuove per il pubblico ma non più per te?
E’ una specie di via di mezzo perché non siamo andati davvero in tour e non abbiamo quindi suonato le canzoni molto, siamo andati in tour un po’ negli Stati Uniti l’anno scorso facendo di fatto un po’ di date nel sud del paese e poi ho potuto suonare in alcuni festival, ma sai, la realtà è che abbiamo suonato tipo 10, 15 spettacoli durante tutto l’anno quindi non l’abbiamo fatto davvero. Sono un po’ eccitato ma anche un po’ ansioso di uscire di nuovo solo perché non lo facciamo da così tanto tempo ma sì, saranno ancora canzoni abbastanza fresche e alcune delle nuove non le abbiamo mai suonate perché spesso mescoliamo i set con le canzoni più vecchie e delle canzoni più nuove ne suoni solo alcune. Non suoni solo l’intero nuovo album, sai, penso che sia sempre come se stessi imbrogliando i fan quando lo faccio.

Rimanendo sull’album nuovo, ho apprezzato moltissimo i suoni. Sembra quasi registrato in presa diretta. L’ho ascoltato per la prima volta quando il mondo era in lockdown ed è stato come aprire una finestra e respirare a pieni polmoni quell’aria frizzante da live music che già mi mancava tantissimo. Quanto ha contribuito in tutto ciò la scelta di un produttore come Shooter Jennings? Avete registrato a Nashville?
No, l’abbiamo registrato qui a Los Angeles e Shooter era conscio e d’accordo che lo avremmo registrato dal vivo e voleva avere la mia band. In pratica eravamo solo io, lui e i bassisti, poi sono stato isolato in modo da poter alzare la voce e la chitarra e cose del genere, e l’abbiamo fatto solo dal vivo. Voglio dire che in pratica abbiamo registrato quell’elemento in soli sei giorni. E’ stato fantastico lavorare con Shooter, mi ha davvero ispirato. Ero in un momento strano in cui non mi sentivo super produttivo o creativo, e lui mi ha davvero ispirato a lavorare sulle poche idee che avevo, e poi mi ha condotto in questo periodo davvero prolifico in cui ho scritto praticamente tutto l’album nell’arco di un paio di settimane. Ho finito alcune delle ultime alla fine, ma è stato fantastico per l’intera atmosfera dal vivo e l’idea che avessi semplicemente la mia band nella stanza per registrare dal vivo. Successivamente abbiamo fatto solo un po’ di sovra incisioni. E’ stato bello davvero, voglio dire, è stato bello, super organico e semplice. E mi sono domandato perché non ho fatto così anche in precedenza, avrei sempre voluto ottenere un suono del genere invece di iniziare con uno strumento passando al successivo e via così. Facendo così finisci col perdere un po’ di dinamica e appeal con quello che stai suonando.

Sempre a proposito di Shooter, abbiamo saputo giusto un paio di ore fa che è in uscita una versione deluxe dell’album con artwork differente e l’aggiunta di alcune bonus track suonate proprio da Jennings .
Sì, ce ne sono tre. In pratica abbiamo preso tre delle canzoni dell’album e siamo entrati in studio solo lui ed io, e le abbiamo registrate dal vivo con lui che suonava piano, chitarra e cantava. Penso ce ne sia una in cui è solo lui che suona il piano sul mio cantato. Sono venute davvero molto bene, sono adorabili bonus track. Volevamo dare all’album una sorta di nuova vita, di nuova uscita. Abbiamo un po’ modificato l’artwork, solo per i fans che sapranno dargli la vita che merita.

Mi è rimasta impressa nella mente una parte del testo della canzone “Problem Solution”, la parte nella quali canti “Let’s just get through the day,” che Immagino sia stata scritta ben prima dell’inizio della pandemia, ma avevo come la sensazione che mi stessi parlando per tenermi su di morale proprio in quei giorni difficili. Quasi profetico!
Alcune canzoni dell’album sembrano interconesse tra loro, mi vengono in mente ad esempio la title track e “Sycamore”. Avevi in origine intenzione di legarle assieme e realizzare un concept album?
Non proprio, all’inizio avevo avuto un’idea che si avvicinava al modello di un concept, avrei scritto questo tipo di narrativa concettuale su di esso, ma poi le canzoni hanno iniziato a prendere un’altra piega. Il concept è spesso limitante perché puoi fondamentalmente avere cose che si adattano solo alla storia, ma inavvertitamente molto simili ad altri temi. Alcuni di quei temi, tipo l’oceano, l’acqua, la natura e tutte quelle cose che facevano parte di quel concetto iniziale hanno iniziato a trapelare e ad insediarsi nei testi che ho creato dopo, ma non erano necessariamente bloccati in quell’idea sebbene allo stesso tempo collegati in un certo modo. Forse è stato solo il mio pensiero iniziale, ma sì sicuramente le due canzoni che citi sono nate da quell’idea.

La canzone che più mi ha sorpreso uscendo dalle linee del disco credo sia “Faster Than Fire” dalla quale emergono reminiscenze punk. Personalmente ci sento un mood alla Bad Religion. Quali sono e quali sono state le influenze che ti hanno portato a essere ciò che sei oggi?
E’ sicuramente qualcosa con cui sono cresciuto. Ho iniziato un po’ tardi, ho avuto la mia prima chitarra quando avevo circa 19 anni e sono cresciuto con la musica country, ma poi quando ero al liceo ho ascoltato un sacco di musica punk e i Bad Religion era una delle mie band preferite insieme ai Descendents e i Circle Jerks, un sacco di roba punk del sud della California, quindi il punk a un certo punto è stato sicuramente molto presente nelle mie playlist di ascolto. Volevo quasi essere un punk, ma poi queste sono le canzoni che mi sono uscite. Lo stile vocale e il fatto che suono la chitarra acustica hanno fatto il resto.

Ti dicono ancora che la tua voce ricorda quella di Eddie Vedder? Ricordo che ai tempi di “The Damned” rimasi scioccato dal tuo cantato nel ritornello. In realtà poi non ho più trovato questa somiglianza nei lavori successivi.
Penso che faccia parte della natura umana cercare questi paragoni. Credo sia tipo confortante, o non so perché lo facciate, ma sì, sicuramente le persone mi dicono ancora oggi che gli ricordo Richie Havens o Cat Stevens. A volte c’è un po’ di somiglianza, è vero, ma non ho mai letto che canto o suono come loro. Non ho mai provato a inseguire nessun altro.

Ho un paio di foto scattate insieme a te, una in occasione del concerto di Brescia del 2016 e una al termine di un concerto di Milano dell’estate 2019. Ho un bellissimo ricordo della tua disponibilità con i fan a fine concerto. Credo che sia molto bello che un artista annulli quella distanza che c’era un tempo tra palco e pubblico. La pandemia purtroppo ha modificato alcune nostre abitudini, pensi che possa avere in qualche modo cambiato questo tuo approccio così amichevole nei confronti dei fans o posso sperare di scattare una nuova foto insieme quest’estate?
Sì, non lo so, diciamo che mi sento abbastanza sicuro ora. Non credo che il virus o qualsiasi altra cosa mi influenzerà nel farlo o non farlo. A volte è solo questione di essere stanco, e a volte lo sono per davvero. Usciamo per cercare di dare tutto ciò che abbiamo per un’ora e 15 minuti e fare spettacoli è una parte importante del mio allenamento cardiovascolare, è il mio allenamento aerobico.
Non ho un grande regime di allenamento, ma saltare in giro come una grande scimmia per un’ora e 15 minuti è sempre stato un modo per tenermi in forma, penso ci sarà una battaglia un po’ in salita per i primi due spettacoli, ma penso che mi sistemerò bene ma sì, non credo che il virus abbia influenzato il mio essere accessibile. A volte esco e saluto,  faccio le cose man mano che la folla diventa più grande, a volte diventa un po’ opprimente lo sai, ma sì OK, allo stesso tempo se ti imbatterai in me per chiedermi di fare una foto ovviamente ti abbraccerò e lo farò come sempre.

Perfetto! Allora ti aspetto il 2 maggio all’Alcatraz! A presto Jake!

THE WHITE BUFFALO
Special Guest: L.A. EDWARDS
Lunedì 2 maggio 2022 – Alcatraz – Milano
Biglietto: € 25,00 + prev, in vendita a questo link > https://bit.ly/3wle7qB

Written By

Nasco il giorno di San Valentino del 1978, e forse proprio per questo sono, da sempre, un nostalgico romantico. Apro per la prima volta gli occhi a Genova, ma non riesco a definirmi Genovese a tutti gli effetti pur essendole visceralmente legato. La mia vita è stata vissuta al confine tra la provincia ligure e quella Alessandrina, mi piace considerarmi un apolide della collina. Appassionato di musica sin dalla giovanissima età, cresciuto tra i dischi dei miei, diviso tra Black Sabbath e Led Zeppelin, seguo la musica da sempre. Sono ormai più di vent'anni che coltivo la passione dei concerti, una delle poche a non essere mai calata nel tempo. Sono un Vespista e un Jammer, chi ha una di queste due passioni sa cosa esse significhino. Nella vita lavorativa mi occupo di tutt'altro, le mie passioni sono la mia linfa e la mia energia, sono ciò che riempiono quel bicchiere che, per mia fortuna, riesco sempre a vedere mezzo pieno.

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