A volte capita che gli eventi organizzati alla perfezione non siano entusiasmanti quanto quelli imperfetti e colmi di intoppi. Ciò che è accaduto in America nel 1969 per 3 giorni, a partire dal 15 Agosto ha avuto ripercussioni in tutto il mondo ed è un esempio di un avvenimento miracolosamente divenuto iconico e perfetto, nonostante le continue problematiche in tutta la fase di realizzazione.
Stiamo parlando del Festival di Woodstock, manifestazione di cui vale la pena parlare ancora oggi a distanza di 52 anni: il Festival di Woodstock è il weekend della musica Rock più famoso di sempre.
Come accennato, la parola d’ordine è “intoppo”. Partiamo subito con il precisare che il Festival in realtà non si svolse a Woodstock, ma a Bethel. Sebbene la città di Woodstock fosse abituata ad ospitare numerosi festival, i suoi abitanti non erano pronti a trovarsi invasi da un numero esagerato di giovani della cultura Hippie. Gli organizzatori dell’evento dovettero perciò trovare accordi con i proprietari terrieri di Bethel i quali accettarono di affittare i loro terreni. È curioso ma non fu importante in quel momento cambiare il nome dell’evento ed ecco perché non abbiamo mai sentito parlare di “Festival di Bethel“.
Gli investitori e gli organizzatori del Festival avevano immaginato “tre giorni di Pace e Musica Rock”, un evento che avrebbe visto la partecipazione di circa 50’000 spettatori ma ecco un altro intoppo: il 13 Agosto erano stati già venduti 168’000 biglietti. Questo successo è stato recepito sicuramente positivo ma anch’esso ha generato il caos in quanto il terreno affittato non era sufficiente. Mancava poco più di un giorno, le persone arrivavano a fiumi, si affittavano sempre più terreni e gli accordi con quelli che si sarebbero dovuti esibire non erano ancora tutti chiusi. Il prezzo competitivo del biglietto e le notizie circa la partecipazione certa di alcune band aveva fatto spargere la voce a dismisura ma la scaletta definitiva in realtà non la conosceva nessuno, neppure gli organizzatori che increduli, il 15 Agosto 1969 si trovarono davanti 250’000 persone e per questo dovettero aprire i cancelli: a pagare il biglietto del Festival di Woodstock furono solo 168’000 persone, il resto delle persone, dato il caos, entrò gratis. Anche questo si chiama intoppo, dal punto di vista economico fu una grande perdita per gli organizzatori che si ritrovarono a spendere sempre di più senza guadagnare nulla. Le spese superarono così tanto i guadagni che gli organizzatori del Festival di Woodstock finirono di pagare i debiti relativi all’evento solo nei primi anni del 2000.

Ancora terreni, servivano sempre più terreni: al Festival di Woodstock parteciparono circa 500’000 persone. Una grandissima fetta di gioventù Americana, straziata e delusa, spaventata e stanca ha risposto con la pace e con il Rock all’oppressione della società conservatrice. Ciò che era importante per gli Hippie era dire NO alla Guerra in Vietnam, conflitto che si portava via ingiustamente sempre più giovani anime. Inoltre, il movimento di protesta degli Hippie, nato a San Francisco, è stato il primo movimento giovanile mondiale in quanto in maniera pacifica professava la libertà dell’individuo in ogni ambito. Gli Hippie crearono un movimento di controcultura per spazzare via gli schemi in cui la società dieta imprigionata. Sono numerose le documentazioni fotografiche del Festival di Woodstock, 500’000 Hippie dormirono in terra, si lavarono nel fiume, se così si può dire, e vissero pacificamente. Nonostante i pochi servizi sul posto il Festival andò bene, vi furono (solo) due morti, e vi fu molta attenzione verso chi si trovò in difficoltà durante alcuni trip da LSD. Si, perché oltre alla rivoluzione e libertà sessuale la gioventù Hippie credeva fortemente nella libertà dello spirito, libertà che poteva essere esplorata tramite l’uso di una droga nuova, LSD. Eppure anche questo aspetto andò bene. Tutto andò bene. Quando iniziò a piovere si iniziò ad urlare “No Rain” e si iniziò a giocare con il fango. Queste scene, visibili al mondo con il film documentario diretto da Michael Wadleigh, hanno insegnato che ormai era arrivato il tempo di reagire, senza scappare durante il temporale e senza usare la violenza. I super concerti e i grossi festival che ormai siamo abituati a vedere sono tutti figli di Woodstock.
L’aspetto fondamentale di questo psichedelico evento è stata sicuramente la complicità che si è creata tra spettatori e artisti. Negli anni 60 per molti giovani la musica Rock diventa il veicolo, il mezzo per poter esprimere angoscie e malumori.
La musica iniziò tardi: era diventato difficile per gli artisti raggiungere il luogo del concerto, le strade erano tutte bloccate, ma già all’inizio accadde qualcosa di straordinario: lo sconosciuto cantautore Richie Havens improvvisò con la sua chitarra, le altre band non erano ancora arrivate, ed è così che compose Freedom, l’inizio perfetto.
Abbiamo esordito dicendo che questo evento è ricco di intoppi, ed è vero, ma forse, a ben pensare il messaggio più forte che resta è che questi giovani, nudi, liberi, sballati, spirituali e pacifici hanno, con gli organizzatori e con gli artisti, dimostrato che la maggior parte degli ostacoli si può superare.
Il concerto è iniziato tardi? Ok, allora non dormiremo. La musica non si spense quasi mai, Joan Baez si esibì incinta di sei mesi, a notte fonda, tutta l’esibizione di Santana è un viaggio allucinogeno, come da lui confessato. I Grateful Dead presero la scossa con le loro chitarre, Janis Joplin venne portata sul palco da tre persone, ma si esibì magistralmente, come sempre. Non si dormiva quasi mai a Woodstock. Gli Who si esibirono alle 4 del mattino e non fu un esibizione tranquilla, Pete Townshend si sa, non è un personaggio facile. Joe Cocker diede il buongiorno dell’ultimo giorno con la cover ormai leggendaria di “With a Little Help from My Friends” dei Beatles. Pensare a quante Rock band salirono su quel palco fa venire il mal di testa, Ten Years After, Crosby, Stills, Nash & Young, Johnny Winter e poi ancora, i Jefferson Airplane che alle 8 del mattino deliziarono il pubblico con White Rabbit, brano simbolo del rock psichedelico.
Il ritardo accumulato, nonostante le maratone musicali notturne, era talmente tanto che, nevrotico, dopo solo 8 minuti di riposo, Jimi Hendrix sale sul palco la mattina del 18 agosto, quando finalmente fu il suo turno, dopo 8 ore rispetto a quanto previsto. Per 2 ore , la sua esibizione più lunga, Hendrix regala uno spettacolo senza precedenti a quel poco di pubblico che era rimasto. L’inno Americano da quel giorno non fu più lo stesso, Hendrix lo ha scomposto e bombardato con le sue distorsioni. Le bombe, la Guerra, quel tormento che affollava le menti dei giovani americani, di tutti i giovani, anche se eri una Rockstar, non eri esente da quell’incubo, ecco cosa rende unico lo spirito del Festival di Woodstock.
Articolo di Stefania Courson
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