Recensione di Emiliano Fassina
Parlare di post-rock è sempre più complicato; un genere che per come è nato, ha quasi sempre seguito delle dinamiche e delle sonorità che seppur con le dovute varianti, spicca difficilmente per originalità, soprattutto ai giorni nostri. La bellezza però, si sa, è un’altra cosa: tutto ciò a cui ci hanno abituato i mostri sacri di questo genere – Slint, Mogwai, Sigur Ros, Explosion in the sky e decine di altri – è qualcosa che trascende l’originalità lasciando spazio alla componente emotiva che talvolta è molto più forte e sentita.
Parliamo anche di un genere molto difficile da creare, ricreare e soprattutto da saper suonare. Per questo motivo forse è molto più utile (e necessario a questo punto mi viene da dire) focalizzarsi proprio su ciò che una band post-rock nei nostri anni ’20 possa trasmettere, dandole merito per ciò che concerne la dedizione, quasi come fosse una fede, con cui potersi esprimere in ogni sua forma e colore.
Nel 2022 The Singer Is Dead ha spento 10 candeline. 10 anni devoti, appunto, a questo credo, e che ha deciso di celebrare con un nuovo disco, il terzo, chiamato curiosamente “IIII” (quattro). Questo, spiega la band milanese, per sottolineare che mai come in questo lavoro discografico ognuno dei 4 membri – 2 chitarre, basso e batteria – ha voluto far sentire la propria voce (figurativamente parlando, ovviamente).
Il risultato è un disco solido, di granitica lucentezza e di melanconica delicatezza. Non molto è cambiato, per tornare appunto alla mia ouverture, ma è il COME questi ragazzi hanno creato questa nuova opera.
La prima traccia dal (bel) titolo Love Is A Dumb Sport, inizia da dove il secondo album dei nostri “\\” del 2017 li aveva lasciati, quasi a riaccendere gli amplificatori dopo l’ultima sessione. Ma è il modo in cui riprendono il loro lavoro. Supportati anche da una produzione di ottima fattura, il brano ci fa sentire dentro una piccola stanza chiusa prima di farci uscire in spazi sempre più vasti e liberi dove possiamo sprigionare la nostra energia.
Il secondo brano è forse il più emo dell’intero album: In The Grl Who Sleeps Nxt To Me chitarre e sintetizzatori si rincorrono malinconici in un climax di distorsioni e atmosfere.
Psychotropic Face strizza l’occhio al math-core, mentre Caramel Toe riecheggia sonorità molto più tendenti agli anni ’90 (non c’entra nulla, ma alcune chitarre mi hanno rimandato addirittura agli Alice In Chains, quelli con Layne Staley per intenderci. Niente domande, lasciatemi alle mie sensazioni). Djoser Pyramid con sonorità più sperimentali, scorre placida nel solito sali scendi dinamico, inserendo qua e la qualche sequenza elettronica che prepara all’ultimo brano.
Fibonacci Pissing Sequence, il brano che, appunto, chiude “IIII” è forse il loro più ispirato, e miscela in maniera naturale e fluida influenze elettroniche e montagne russe sonore, chiosando il tutto con un pianoforte che quasi lascia uno spiraglio di luce su possibili future dinamiche evolutive della band.
Come spesso si dice, gli anni di lavoro pagano bene se ci si impegna nel percorso perseguito. “IIII” è un bel disco, che non aggiunge molto al genere, ma a noi questo non frega più nulla e possiamo tranquillamente pensare che The Singer Is Dead sia ormai tra le realtà più interessanti e convincenti della scena nazionale del post-rock. E speriamo che un domani lo sarà anche di quella internazionale.