Neurot
L’approdo alla Neurot era inevitabile per gli Ufomammut, il trio tortonese che dopo gli esordi stoner si è gradualmente avvicinato sempre più alla psichedelia doom. La musica lisergica degli Ufomammut risente del loro passato e degli sviluppi recenti del metal più impuro, mi riferisco soprattutto ai Nine Inch Nails e ancor di più ai Tool, per non parlare degli stessi Neurosis, proprietari della stessa Neurot. Tuttavia, il trio piemontese va oltre la semplice somma del sound dei tre gruppi Usa, perché è in grado di ridefinire e a dare un nuovo senso al metal psichedelico, detto in termini brutalmente sintetici. “Oro” è un’opera mastodontica, possente, ma non pesante, nella quale si sente tanta massa, risultato finale e punto di non ritorno della lava stoner. La scelta del titolo non è casuale e rispecchia pienamente l’estetica esoterica del metal, dato che il metallo giallo per gli alchimisti non era simbolo di ricchezza, bensì il prodotto finale da raggiungere in un percorso complesso, frutto di un insieme di studio, sacrificio e spiritualità. Gli Ufomammut con questo disco hanno raggiunto proprio il loro oro con le dilatazioni e la tensione che si respira all’interno di tutto il disco, nel quale il brano più inquietante è “Inferanural”, il cui titolo è significativo della discesa agli inferi descritta con i quasi sette minuti e mezzo di musica “da paura”. Tuttavia, è con la stessa “Aureum” che il trio raggiunge l’acme, dato che la psichedelia sovrastante contiene un metal che cova sotto la cenere e che cresce con gradualità fino ad esplodere in un lunga e coinvolgente cavalcata che ha il sapore del post-core-metal-pscìichedelico. Esattamente come i Tool di dieci anni fa, gli Ufomammut sono tra i pochi in giro, se non gli unici, in grado di ridisegnare e di dare un nuovo slancio al metal.
