Articolo di Matteo Pirovano | Foto di Davide Merli
Dopo un’interminabile attesa, lunga ben nove anni, la band di Seattle è finalmente tornata a farci visita, nella più consona veste di headliner, per un nuovo concerto milanese.
Il mondo è parecchio cambiato da quel dicembre del 2009. Ai tempi Obama si era da poco insediato alla casa bianca donando al mondo la speranza di un cambiamento, l’Italia non aveva ancora conosciuto la crisi economica che l’avrebbe messa, da lì a breve, in seria difficoltà e gli Alice in Chains si erano da poco riformati con un nuovo cantante, affrontando quotidianamente l’inevitabile confronto tra il nuovo corso e il vecchio, dipanandosi tra le accuse di essere ormai solo una cover band di un gruppo defunto insieme al proprio leader.
Tra quella sera al compianto Palalido e la data odierna al Carroponte la band di Jerry Cantrell ha sfornato due ottimi dischi e si appresta ad uscire questo autunno con il terzo capitolo del nuovo corso, intitolato “Rainier Fog”. Il tour mondiale di quest’estate, presumibile “warm up” a una serie massiccia di date invernali, ha fatto tappa qualche giorno fa in Italia nella cornice dello Sherwood festival di Padova, incontrando le opinioni favorevoli di chi ha presenziato.
Ad aprire la data di Milano è stata chiamata una “band di lusso”, i bravissimi Rival Sons dell’eclettico frontman Jay Buchanan, autori di una prova come al solito convincente, bravi in studio e eccezionali dal vivo. Ho visto la band californiana più volte nel corso degli anni ma purtroppo mai nel ruolo di headliner, senza riuscire quindi a godermeli sulla distanza di in un set completo.
Il suono inconfondibile del basso di Mike Inez, imbracciato dal roadie pochi minuti prima dell’inizio, ha dato una sorta di segnale di adunata portando i presenti a pressarsi in zona palco. L’inizio è stato di quelli che non lasciano indifferenti con tre pezzi da novanta suonati a bruciapelo in rapida successione: “Rain when I die”, “Them Bones” e la rocciosa “Dam that river”, sparati a mille watt nel plumbeo cielo stagliato sopra le nostre teste che ha minacciato acqua per tutta la durata dello show.
Purtroppo i suoni, tutt’altro che ottimali, mi hanno obbligato a spostarmi più volte per trovare una posizione ideale d’ascolto. I volumi sono stati il vero cruccio della serata, bassissimi.
Quello della voce su tutti, relegando così il lavoro di Duvall al microfono a un ruolo inizialmente secondario. A emergere prepotentemente è stata invece la sezione ritmica del duo Inez/Kinney, vero trademark Alice in Chains, sapientemente supportata da un ispirato Jerry Cantrell.
Gli Alice in Chains sono oggi una band matura e consapevole che, forte del legame ormai venticinquennale dei tre membri originali, si muove sul palco con estrema disinvoltura e professionalità.
In questo rodato contesto si è inserito perfettamente, anno dopo anno, William DuVall, artista credibilissimo (da ascoltare assolutamente il suo progetto parallelo “Giraffe Tongue Orchestra”) che ha sgretolato, esibizione dopo esibizione, il giudizio negativo che una folta schiera di fan aveva troppo frettolosamente espresso.
Siamo tutti d’accordo nell’asserire che Layne Staley è stato e sarà per sempre un’icona impossibile da sostituire, ma se l’alternativa per continuare ad ascoltare pezzi da pelle d’oca come le successive “Down in a Hole”, “No Excuses”,“We Die Young”, “Man in the Box” e “Nutshell” è questa allora ditemi dove firmare per continuare per altri trent’anni.
In una scaletta che sembrava un vero e proprio greatest hits non hanno sfigurato nemmeno pezzi recenti come “Check My Brain”, “Hollow”, “Stone”, la ballata “Your Decision” e la nuovissima “The One You Know”, a testimonianza che la band, sebbene poco prolifica, non è una realtà che campa esclusivamente di revival ma, contrariamente, è perfettamente in grado di sfornare ancora oggi prodotti di indiscutibile qualità.
“Got Me Wrong”, “Would?” e “Rooster” hanno chiuso un concerto perfetto (va bene dai, hanno ceffato “Again”) tra lanci di plettri a secchiate (nel vero senso della parola) e il coro “one more song” sapientemente ignorato.
Clicca qui per vedere le foto degLi Alice in Chains a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
ALICE IN CHAINS – Scaletta del concerto di Milano
Rain When I Die
Them Bones
Dam That River
Check My Brain
Again
Hollow
Last of My Kind
Down in a Hole
No Excuses
Your Decision
Stone
We Die Young
Nutshell
Heaven Beside You
Man in the Box
– – – – –
The One You Know
Got Me Wrong
Would?
Rooster
