Articolo di Marzia Picciano | Foto di Andrea Ripamonti
Una rondine non fa primavera, e no, ieri sera nella Milano sommersa da un micidiale diluvio universale di bella stagione ce n’era poca; ma forse un uccellino può aprire un varco di improvvisa speranza, come ha fatto la britannica Birdy, nome d’autore per il più lungo Jasmine Lucilla Elizabeth Jennifer van den Bogaerde, in concerto con una band in maggioranza femminile ieri 20 al Fabrique (con D’Alessandro e Galli) per presentare alcuni pezzi del suo prossimo album, Portraits, in uscita il 14 luglio.
Birdy non ha frequentato tanta Italia, torna dopo quasi sei anni, se ne dispiace, e un po’ dispiace anche a me. Soprattutto per la dolcezza che emana. Quanta dolcezza ieri. Da spezzarsi. Poteva spezzarsi lei, Elizabeth, 26 anni, 5 album con l’ultimo all’attivo, al piano a cantare dai 14 anni (e anche oggi quella fresca tenerezza si sente, anche se chiusa in un body tubino nero che ricorda gli outfit della Ferragni), un uccellino dalla voce potente. Chi è Birdy? L’enfant prodige che incanta con un candore che è tutto in quella voce a metà tra Aldous Huxley e Feist, però più accessibile, più amica, una mano tesa che nasconde la complicità austeniana di chi si attende uno scenario a lieto fine, o la nuova potenziale interprete dei nostri desideri irrealizzati di tenero amore, dopo la passione, che ci mette a tu per tu con la voglia che non ammettiamo mai di rimanere a fissare il soffitto per ore?
E’ sicuro un’interprete originale, lo testimonia il successo delle sue cover, che poi sono diventate nuove hit. Birdy esplode con Skinny Love, pezzo di Bon Iver che già è l’inno straziante di quelli che guardano con rimorso struggente la fine di una relazione, e che lei ha preso e reso un “dolce” rimorso struggente. La dimensione femminile del dramma nasconde così tanto amore che anche nelle perdite è possibile trarre forza per andare avanti, ci si autorigenera nel bello di cosa c’era prima, una volta sezionata e messa da parte la delusione. Ed è così che Birdy opera, non solo nei pezzi altrui, perchè non ci sono solo quelli (per quanto la canzone poi diventa di chi canta, e si può fare qualcosa di assolutamente diverso, e riuscirci è prova della propria bravura) ma soprattutto nei suoi originali. Ma andiamo con ordine. Si inizia aprendo subito con il nuovo album e quindi con quello che sarà il singolo di acchiappo, Raincatchers, una ballad ritmica e battagliera che suona di Kate Bush (omaggiata direttamente con la cover di Running Up That Hill più tardi dopo una potente Silhouette) con intro 90s alla Fools Garden.
Del resto sembra che l’intenzione di Birdy sia di trovare la propria via affrancandosi dall’ipotesi della ragazza delle ballate, andando a collocarsi nel filone segnato dalla già menzionata Feist e Regina Spektor delle donne autonome nella propria concezione creativa e capacità canora: e almeno per me il risultato ascoltato sul palco in anteprima, con questo refrain magico e un po’ vintage, è già ottimo – lo conferma in Heartbreaker e Automatic che suonano già come potenziali track alla Blondie. Non manca certo la sua produzione principale, da Surrender, alla spaccante Young Hearts, alla soffusa Quietly Yours, a Keeping Your Head Up per quindi concludere con la coinvolgentissima Wings, passando per altre cover degne di nota (l’ormai famosa People Help The People e soprattutto la versione lullaby di 1901 dei Phoenix). Nell’encore spicca il duetto con l’ospite della serata milanese, Mr Rain, salito sul palco per Non C’è Più Musica (scritta insieme durante il lockdown), visti da lontano il gigante e la bambina uniti in una timida sintonia che poche volte capita di vedere.
Elizabeth van den Bogaerde cerca il suo personaggio, cerca di non cadere nel cliché, ma di per se già lo è – un personaggio. Firmare la colonna sonora di un film – scusate, c’è da dirlo – sadicamente strappalacrime come Colpa delle Stelle e il duetto con chi ha vinto il terzo posto a Sanremo con un coro di bambini effettivamente indicano una via precisa. Si, è vero, il mondo è pieno di cantanti straziati dall’amore e che cantano l’amore, ma alla fine c’è amore e amore, e quello che canta Birdy a me piace, mi rappresenta, forse anche meglio di altri. Sarò un’inguaribile romantica, e avrò la lacrima facile, però a me piace stare a fissare il soffitto, farmi tutt’uno con il dolore, entrare in questa catarsi e trovarci una via d’uscita che non sia mai forzata o strappata, che sennò non se ne esce mai davvero. A quello servono le canzoni al pianoforte. A premerci nella testa, tasto dopo tasto, a convincere le nostre sinapsi imbarazzate da stereotipi situazionistici che vorremmo evitare come la peste a prendercene carico, parlarci, aprirci, farci persino pace.
Sarà che Birdy a 26 anni è ancora un cuore giovane e può permettersi, forse, di continuare ad amare e dire “goodbye for now”, mentre noi pochi anni più avanti ci troviamo a pontificare sui benefici delle porte chiuse a doppia mandata, dei portoni pronti da spalancare, a giustificarci per gli ovuli da congelare e per i mutui millenari da pagare sui pochi metri quadri di agognata indipendenza. Sarà, ma sfido a trovare uno di noi che non vorrebbe lasciarsi andare, un giorno, essere giovani cuori, e spezzarci per ritrovarci un po’. Indulgere nel nostro disfattismo romantico e sognatore, permetterci di sperarci un po’, che poi il lieto fine arriva, tanto la realtà sta li, tra lo smog, le multe da pagare, l’A2A che ti manda le ultimatum, il capo che ti ricorda che devi soffrire per difendere il poco che hai. Per un attimo, almeno per ieri sera e oggi che sono qui a scrivere di questo intimo concerto di una talentuosa giovane artista, posso planare dall’alto sulle cose, grazie a lei. E forse dovremmo farlo di più.
Clicca qui per vedere le foto di BIRDY in concerto al FABRIQUE (o sfoglia la gallery qui sotto)
BIRDY – La scaletta del concerto di Milano
Raincatchers
Voyager
1901 (Phoenix Cover)
People Help The People
Surrender
Young Blood (The Naked and Famous Cover)
Deep End
Loneliness
Not About Angels
Young Heart
Silhouette + Running Up That Hill (Kate Bush Cover)
Ruin II
Automatic
Quitely Yours
Skinny Love (Bon Iver Cover)
Heartbreaker
Keeping Your Head Up
ENCORE
Non C’è Più Musica (con Mr Rain)
Your Arms
Wings