Foto di Andrea Ripamonti | Articolo di Michela Ravasio
Quello che mi ha accompagnato dentro il Forum di Assago, è stato un tramonto gelido e non vedevo davvero l’ora di raggiungere il mio posto in tribuna e mettermi al caldo. La verità è che volevo soltanto sfoggiare la mia felpa con gli scheletri che si baciano ed entrare interamente nel mood di questa serata post-hardcore.
Inaspettatamente, la serata è iniziata mentre ero in fila per la mia bottiglietta di cola senza tappo. Con le luci del Forum ancora accese e con molte persone ancora in cerca del loro posto, l’intro degli Static Dress è stato sparato dalle casse cogliendo tutti alla sprovvista. La band di Leeds non ci ha messo molto ad attirare su di sè l’attenzione e quando Olli Appleyard ha cominciato a sbraitare con grinta addosso alla platea, questa è subito esplosa in urla piene di entusiasmo.

Basta una canzone per farci capire perché, nel 2021, sono stati votati come miglior band dell’anno dai lettori di Kerrang!. I quattro ragazzi inglesi sul palco hanno una presenza travolgente e la musica riesce a elettrizzare anche chi fra il pubblico non li conosceva. Chi è sottopalco si spinge verso le transenne e dalle tribune c’è chi già inizia a scuotersi. Sarà la batteria di Sam Odgen, o forse il tamburellare delle dita di George Holdin sulle corde del suo basso, forse un po’ sono i riff distorti del misterioso chitarrista mascherato Contrast. Potrebbe essere il carisma di Olli che con i suoi capelli amaranto è rimbalzato avanti e indietro per tutta la mezz’ora di esibizione, rivolgendosi più e più volte alla folla per coinvolgerla. Qualunque cosa fosse, gli Static Dress hanno dato la scossa che occorreva a tutti noi per prepararsi alla serata. Pezzi come clean., Push Rope o sweet., non possono far altro che far saltare anche i più reticenti.

Cominciamo a caricarci con il gruppo inglese che già è ora di cambiare e, nel giro di una decina di minuti, Poorstacy è sul palco con la band alle sue spalle e finalmente le luci vengono spente. Senza troppe cerimonie inizia con Knife Party – che nella versione studio guarda caso ha come featuring la voce di Oli Sykes – e ci fa sentire subito quanto screama come un pazzo.
Se con i primi due pezzi il rapper di Palm Beach non mi sembra in grado di reggere troppo il cantato, già con Don’t look at me mi è parso trovare la quadra e riuscire finalmente ad azzeccare l’intonazione. La band alle sue spalle regge, ma sicuramente durante Choose Life si sente che alla batteria non c’è Travis Barker come nel pezzo dell’album The Breakfast Club.

Seppur ricordandomi in alcuni pezzi Machine Gun Kelly – ma forse è colpa di questo genere rap-emo-pop-punk che sta spopolando ora se ho quest’impressione – le canzoni di Poorstacy non mi sono dispiaciute. Hill have Eyes mi è rimasta in testa e mentre sto scrivendo quest’articolo posso ammettere senza vergogna di averla ascoltata già quattro volte e di averla aggiunta alla mia playlist su Spotify rinominata “Mix Emo Punk Rock Boh”.
Con i suoi pezzi e il suo entusiasmo sul palco, in ogni caso, l’artista è certamente stato in grado di ingraziarsi la folla, che l’ha pure sostenuto sulle proprie mani nel crowd-surfing.
La sua esibizione, per me che all’inizio ero abbastanza scettica, è perfettamente riuscita.

Veniamo però a uno dei due grandi nomi che tutti stavano aspettando – nomi che, tra l’altro, hanno già condiviso molti altri tour insieme -.
A DAY TO REMEMBER
Parlo degli A Day To Remember ovviamente, che sono saliti sul palco aprendo le danze con The Downfall of Us All. Il clima nel Forum è decisamente cambiato e un boato si è alzato dalle tribune e dal parterre. Se prima non si sentivano troppe voci accompagnare le canzoni, ora nessuno sembra più restare in silenzio. Le braccia si agitano, le teste iniziano a scuotersi a ritmo, le urla stridule si alzano.
Pur non essendo esattamente una loro fan, capisco subito perché la band capitanata da Jeremy McKinnon ha un seguito così sentito: rendono dibbrutto. I breakdown potenti di Kevin Skaff e Neil Westfall si alternano al cantato e in ogni pezzo alla folla viene data la possibilità sia di fare headbanging che di urlare i testi a memoria senza mai stancarsi. Se in versione studio non mi hanno mai appassionato, devo dire che dal vivo mi sono fatta prendere anche io dal ritmo e con i pugni alzati ho tenuto il ritmo dettato dalla batteria di Alex Shelnutt.

La band della Florida non ha lasciato un minuto di pace ai presenti, ogni canzone era un inno che veniva cantato dalle viscere. Dai ragazzi con i pantaloni stracciati e le Demonia Creepers ai piedi, fino a quelli che hanno finito quella fase solo stilisticamente ma non mentalmente: tutti hanno gridato ogni singola parola dei testi come se l’avessero scritta personalmente. Da Have Faith in Me e I’m Made of Wax, Larry, What Are You Made Of? del 2009 a Bloodsucker e Resentment del 2021, fino alla recente Miracle, le voci si sono unite in un solo coro.
Lo spettacolo è stato coinvolgente, la band sembra essere fatta per vivere su un palco. Non c’è stato un solo momento di calo per tutte le tredici tracce offerte e di questo devo dar credito a tutti i membri degli A Day To Remember, ma soprattutto a Jeremy McKinnon che è stato un buon frontman per tutta la durata dell’esibizione. Un momento particolare da ricordare è stata la sua performance acustica e molto dolce di If it Means a Lot to You che ha fatto accendere i flash dei cellulari anche ai meno melanconici. Ci siamo emozionati un po’ tutti!

Un mio consiglio: se tendete a storcere il naso verso alcune band, probabilmente è meglio vederle nel loro habitat naturale. Forse è una cosa che suona un po’ strana dopo la pandemia, visto che ci eravamo un po’ abituati ad ascoltare la musica dalle soundbar, stravaccati sul divano del nostro salotto, ma la musica va vissuta da sotto un palco con le costole che vibrano schiacciate dai watt delle casse. Dopo questi anni di astinenza, sto tornando a pensare che è a un concerto che si può veramente valutare la musica.
Veniamo però al dunque ora.
BRING ME THE HORIZON
Veniamo al grande headliner della serata e parliamo di loro: della band inglese guidata da quell’Oli Sykes che dal 2004 ci sta urlando nelle orecchie: i Bring Me The Horizon. Con l’apparizione del mezzo busto di una ragazza-mostro sull’enorme schermo che faceva da sfondo allo stage, il gruppo è stato annunciato e nessuno è più rimasto seduto. Nessuno.
Dalla prima nota di Can You Feel My Heart il Forum è stato flashato dalle luci dei riflettori e dalle grafiche proiettate dallo schermo. Oli Sykes era in formissima e molleggiava su e giù per il palco di parallelepipedi luminosi, sbraitando come se non ci fosse un domani con una potenza polmonare invidiabile.

Tra le basi gestite da Jordan Fish alla tastiera, i riff di Lee Malia e il ritmo tenuto del bassista Matt Kean e del batterista Matt Nicholls, la voce di Sykes spaccava le orecchie – in senso buono, eh!!!- e faceva rabbrividire tutti quanti. Non importa l’evoluzione che la band ha intrapreso durante gli anni, sapendosi rinnovare sempre: la formazione sul palco era in grado di riproporre ogni traccia dalla più hardcore a quella più elettronica senza mai deludere. Io non sapevo più cosa non filmare e non avevo più voce già alla terza traccia – che tra parentesi era Teardrops -. E giuro che non è perchè ho la tosse da tipo due settimane, ma perchè ho gridato anche fin troppo.
La performance dei BMTH è stata uno spettacolo a tutto tondo, con tutte le grafiche che si alternavano sul megaschermo mostrandoci zombie, schermate di computer piene di caricamenti di file o di errori di sistema, virus, pezzi delle lyrics, diavoletti a bordo di mecha e, qua e là, il frontman filmato in diretta. Canzoni come Parasite Eve, Obey e Dear Diary accompagnati da filmati che aiutavano il pubblico a entrare in empatia con il significato dei testi e con l’atmosfera dell’album Post Human: Survival Horror.
Non sono mancati nè il momento ballerino con Kingslayer, nè quello da accendini nell’aria con Follow You; così come non è mancato quell’attimo di nostalgia in cui le mani si portano al cuore urlando “this is sempiternal” con Shadow Moses.

Ci sono stati momenti per i fan più datati e quelli per i più giovani che con sTraNgeRs e DiE4u sono stati tutti accontentati. Oli ha addirittura indagato su quanti fossero lì per la prima volta chiedendo loro di far sentire le loro urla. Credetemi, erano tanti… E non è fantastico che una band nata nel 2004 sia in grado di fare musica che sappia sempre far innamorare nuovi fan?
Per me è stato il primo concerto dei BMTH e non posso che uscirne pienamente soddisfatta. Lo dimostrano i messaggi che ho spammato ai miei amici il cui contenuto era “Spaccano, c@##o! Spaccano!!” o anche i miei appunti presi durante i primi pezzi che erano letteralmente “Waah! Wooh!” perché non c’era bisogno di parole. Musica a parte, Oli Sykes è stato anche carino con il pubblico, ringraziandolo per essere lì, dicendo di volergli bene e chiedendo spesso come stava andando. Per niente snob, ha sempre interagito con noi e anche questo è un punto a favore della band.
Non sono troppo brava con i tecnicismi e non posso dirvi di più. Posso però assicurarvi che è uno spettacolo che è valso la pena vivere.
Accecata dai flash del megaschermo e dei riflettori, a un certo punto, ho visto tutto bianco e ho sentito solo la musica che mi comprimeva il petto ed è stato bello così.
Clicca qui per vedere le foto di Bring Me The Horizon + A Day to Remember in concerto a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
La scaletta del concerto al Mediolanum Forum di Assago (MI):
Bring Me The Horizon
Can You Feel My Heart
Happy Song
Teardrops
MANTRA
Dear Diary,
Parasite Eve
sTraNgeRs
Shadow Moses
Itch For The Cure (When Will We Be Free)
Kingslayer
DiE4u
Follow You
Drown
Encore
Obey
Sleepwalking
Throne
A Day To Remember
The Downfall of Us All
All I Want
Paranoia
2nd Sucks
Right Back at It Again
Rescue Me (Marshmello cover)
Have Faith in Me
Bloodsucker
I’m Made of Wax, Larry, What Are You Made Of?
Miracle
Resentment
If It Means a Lot to You
All Signs Point to Lauderdale
