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Reportage Live

Cerchiamo sempre il magico, per questo andiamo da JOAN AS A POLICEWOMAN

Smettere di essere affascinanti é un crimine, parola della poliziotta Joan Wasser che torna a Milano in Santeria Toscana ieri 17 ottobre a presentare l’ultimo lavoro “Lemon, Limes and Orchids” al popolo di peccatori italiani. Ma é un problema anche smettere di essere affascinati, per questo visionare l’americana polistrumentista raccontarci la deriva a cui stiamo andando incontro con la poesia é necessario tanto quanto l’educazione civica nelle scuole.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Roberto Finizio (archivio)

Joan Wasser, o meglio Joan as a Policewoman é bellissima, in tutto quello che fa e come lo fa. Non fa alcuna eccezione il live di ieri 17 ottobre a Milano, Santeria Toscana, unica data per presentare al pubblico italiano il suo nuovissimo, sofisticatissimo mix di blues, rock, Motown e soul Lemon, Limes and Orchids, un album che se viene ascoltato tutto d’intero scende liscio nell’anima con delicatezza, nonostante il terribile peso delle parole che si porta dietro. Stessa cosa ieri sera. Il drink che agogni a fine settimana é anche quello che ti regala i risvegli più dolorosi, soprattutto se esageri.

Sarà che la Wasser ha qualcosa che é proprio del femminile o ancor meglio, del femminino, un incredibile magnetismo, che agisce centripeto sulle sinapsi di chi ascolta e in questo caso vede. Sarà che comunque é bellissima davvero, e questo, come insegnano gli ellenici, aiuta: come potremmo non essere attrattati dal bello? Ed ecco, la formula che Joan nel fare musica mette insieme insegue senza dubbio questo assunto: dirci cose orribili su come noi e questo mondo andiamo a pezzi, mentre ci propina e avvolge nella bellezza. Terribile, come non amarla?

Sarà anche che poche sono le cantautrici che, in un ideale – e personalissimo – olimpo di donne che hanno fatto della loro femminilità la base di una produzione musicale elegante, e comunque intrinsicamente rock (e che non necessariamente devono sempre spaccare chitarre sul palco), almeno per quanto rigurda l’anima: penso a Cat Power, PJ Harvey, Feist, St Vincent solo per dirne qualcuna. Sarà che comunque ha superato i cinquanta e la sua pelle sprigiona la luce che la mia pelle da pseudo metà trentenne fatica anche a trovare in questi giorni tra una Palermo ancora estiva e una Milano bagnata, bagnatissima. Qualcuno a quanto pare non ce l’ha fatta per il maltempo ad esserci stasera, “well it’s also fun to get wet, no?” scherza Joan. Magari non sa che c’é una parte di Italia che sta affondando nella pioggia, ma non le faccio una colpa. Lei é bellissima in questa tunica con spalline fucsia e i capelli tiratissimi, io sto lottando contro l’umidità che rende i miei simili a un cesto di rovi, ma qui sono solo per lasciarmi andare.

Lemon, Limes and Orchids abbandona le nuances più ’90s che tanto ci piacciono di lei ed esalta come pochi l’estrema tendenza soul di Joan, una che insomma come riferimento artistico ha Nina Simone, suona tre strumenti, ha lavorato con – dicendola male – chiunque oggi ancora abbia nella mente delle persone una credibilità artistica storica; magari non sarà il suo più deciso, eppure non sembra che questo sia l’obiettivo della nostra, quanto preferibilmente ammaliare, catturare, invitare a una riflessione più precisa su quella che é la domanda cardine che ci pone in quello che é il singolo di lancio del disco: “It’s hesitation we can’t afford/Unless we secretly long for ruin”.

La Wasser ci parla di tutto quello che insomma le teorie dell’eguaglianza generazionale ci dicono da tempo, da quando non ci facevamo scrupolo a usare termini come “Terzo mondo“, insomma, qui la situazione si mette male per i vostri figli, e ora, che bruciamo tutti vivi, siamo stati educati a una cultura dell’autosabotaggio talmente efficace che il climate change si aggiunge come estrema pena o unzione di tutto quello che non funziona nell’illusione di perfetto benessere che cerchiamo di vivere. E io sono ancora lì a chiedermi, mentre ondeggio: magari alla fine, sono io, nella mia totale incapacità di pensare bene, che voglio andare verso la rovina di me stessa, inclusa la mia felicità. Oh Joan, dimmelo tu, che mi sembri libera davvero.

Mentre medito sugli ultimi sviluppi della mia esistenza con la gravità di una crisi mondiale (il mio, perlomeno) sono arrivata al momento in cui la nostra Wasser inizia a porre il discorso in atto con The Dream, in una sorta di spazio onirico che la vede ondeggiare delicatamente alle tastiere, nella sua formazione con Ben Perowsky alla batteria e Rainy Orteca al basso. La Wasser passerà in due set, ben separati per darci 15 minuti to “mingle and know each other”, dalle tastiere, alle chitarre, a uno Yamaha a coda portato sul palco della Santeria e che si litiga il posto con i bassi e le altre chitarre messe in fondo, Orteca e la batteria di Perowsky.

I due sono due compagni delicati, perfettamente miscelati nell’aura della Wasser, seguono la nostra poliziotta come le telecamere di una serie americana farebbero su tutte le interpretazioni che la nostra eroina riesce a dare ai suoi testi. É un dialogo intimo, fatto di virtuosisimi (da segnalare quello dell’assolo di Orteca nel primo set) e sprazzi di energia che vengono immediatamente riportati alla base di malgama affascinante e affascinato della nostra eroina. Su Started Off Free, seduta al pianoforte, riesce a dare fisicità a quel sentimento di lasciare andare senza neanche toccarne i tasti, semplicemente cantando. Warning Bell torna a suonare nelle vene del dedicatissimo pubblico risvegliando l’amore per la cantante cementificato in anni di attività.

Se il primo set sembra toccare con delicatezza tutto, nel secondo atto inizia la jamming session, a partire dalla lunga sessione strumentale del pezzo title track, si arriva in un delirio – sempre estremamente contenuto e come detto, affascinato –  a The Magic e Chemmie, fino all’encore con un solo di Real Life e il corale di Tribute to Holding On. E quindi arriviamo alla fine di questo concerto con un sentimento unico nel cuore: non dobbiamo mai dire no, non dobbiamo mai rinunciare a quell’irrazionalità che ci affascina, dobbiamo guardare alla follia per imparare non a farne a meno quanto ad ammansirla e addestrarla per il nostro unico piacere. Never stop looking for the alchemy to release me from my maze. Parola di Joan.

Clicca qui per vedere le foto del concerto Joan As Police Woman alla Santeria Toscana 31 di Milano del 2022 (o sfoglia la gallery qui sotto).

Joan As Police Woman

JOAN AS A POLICEWOMAN – La Scaletta del concerto di Milano

Set 1:

The Dream

Full‐Time Heist

Warning Bell

Remember the Voice

Long for Ruin

Started Off Free

Hard White Wall

Tell Me

Lemons, Limes and Orchids

Set 2:

Back Again

Flushed Chest

Valid Jagger

The Ride

Oh Joan

Eternal Flame

The Magic

Chemmie

Encore:

Real Life

Tribute to Holding On

Written By

Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

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