Articolo di Alessandro Cebrian Cobos | Foto di Rossella Mele
Prima di iniziare a suonare, Niccolò confessa che il momento prima dell’inizio di un concerto è quello più difficile. Una forza di gravità, la gravità della vita quotidiana che ognuno si è appena lasciato alle spalle, ti spinge verso il basso; mentre una forza opposta, quella dell’arte, del racconto dell’artista, ti tira verso l’alto. È il momento del decollo, in cui tutto trema per l’enorme contrasto di forze; e, ci dice, lui trema un po’ di più. Ma sa che c’è della comunione: che tutti stanno provando la stessa emozione. E quindi, sorride, andiamo a cominciare.
Con queste parole inizia la seconda data del tour per i 25 anni di carriera di Niccolò Fabi, dal teatro degli Arcimboldi a Milano. Una celebrazione che è già iniziata con un concerto all’Arena di Verona e un disco, Meno per Meno, nel quale il cantautore romano ha proposto sei classici e quattro inediti, con gli arrangiamenti dell’Orchestra Notturna Clandestina di Enrico Melozzi.
La scenografia è composta solo da un cerchio di luce colorata per terra, al cui interno si trova il microfono di Niccolò e un po’ più dietro la sua tastiera. Il resto dello spazio sul palco è tracciato dal faro che gli ritaglia un cono di luce nell’oscurità, dal controluce che ne mette in risalto la sagoma, dai raggi che ruotando attraversano la platea, come a collegarlo con il pubblico. La semplicità degli effetti di luce gioca a favore dell’immersione e dell’empatia in questa prima metà di concerto, in cui il cantante è solo sul palco.
Gli arrangiamenti sono semplici ma mai asciutti; i brani scivolano via uno dopo l’altro, e solo ogni tanto Niccolò li presenta brevemente con la sua voce calma e calda. La selezione attraversa tutta la sua carriera, ma con poca nostalgia si concentra un po’ di più sugli album più recenti. Questa scelta non gli impedisce di recuperare canzoni del suo repertorio presentate raramente e che, racconta, con gli anni e l’esperienza hanno guadagnato un significato nuovo e più pieno (“Ora e qui”); e altre che hanno vissuto talmente tanti arrangiamenti e versioni che ora, naturalmente, viene da presentarle nella loro versione originale, quasi filologica (“Capelli”).
Le luci sono blu, diventano rosse, poi azzurre. Niccolò suona in piedi, tiene il tempo con un piede e risuona una grancassa corposa, da chissà dove. Si siede alla tastiera, torna alla chitarra. Il pubblico entusiasta batte le mani a tempo su “Io sono l’altro”, lui lo ringrazia cantando. Niccolò tratta con autoironia l’essere al centro di ogni attenzione in questo tour autocelebrativo, anche mentre canta “Lontano da me”, che proprio parla del bisogno di vedere se stessi da una prospettiva di distanza. Esce velocemente dal palco: quando le luci si riaccendono gli archi si stanno accordando ed entrano il maestro Melozzi e la band, tra cui Roberto Angelini alla chitarra.
Questa seconda parte del concerto non può che trovare il suo centro emotivo nel rapporto tra l’orchestra e la canzone: nella coda fortemente emotiva di “A prescindere da me” che è un crescendo che parte dalle sue strofe, nell’intro pizzicata di “Ha vinto la città” che è una variazione sul tema della chitarra acustica della versione originale. Se nella prima parte vigeva un senso di intimità e vicinanza, ora invece regna la meraviglia, il turbinio che porta delle emozioni discrete a diventare grandiose. Il pubblico lo capisce, e si lascia trascinare.
Nonostante ciò la voce di Fabi resta al centro, musicalmente, e viene sospinta da delicati e precisi riverberi ed eco, che contribuiscono con le luci a isolare la figura, la voce del cantautore, e a creare una connessione diretta, quasi a tu per tu con gli spettatori. In questo deve aver giocato un ruolo importante il lavoro svolto con il produttore di musica elettronica Yakamoto Kotzuga (Giacomo Mazzucato) nell’album appena uscito.
I bis (“Una buona idea”, “Lasciarsi un giorno a Roma”) sono l’occasione per sprigionare tutta l’energia di queste nuove versioni, forse in un modo più “pop”, immediato e coinvolgente: gli archi che insistono su una stessa nota ricordano “Viva la vida”, mentre la batteria potente di Filippo Cornaglia non sfigurerebbe in uno stadio e di sicuro non lo ha fatto all’Arena di Verona. In cima a questo picco tutto il teatro si alza in piedi e applaude, e Niccolò ci saluta ringraziandoci: il decollo non deve essere stato facile neanche per lui, in questo tour così significativo. Noi speriamo di poterlo rivedere presto, e provare insieme la stessa comunione di questa sera.
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LA SCALETTA DEL CONCERTO DI NICCOLO’ FABI
- Milioni di giorni
- Una somma di piccole cose
- La bellezza
- È non è
- Fuori o dentro
- Scotta
- Ora e qui
- Io sono l’altro
- Capelli
- Lontano da me
con l’Orchestra notturna clandestina
- Andare oltre
- L’uomo che rimane al buio
- A prescindere da me
- Ha perso la città
- Solo un uomo
- Al di fuori dell’amore
- Filosofia agricola
- Una mano sugli occhi
- Costruire
- Una buona idea
- Lasciarsi un giorno a Roma