Articolo di Matteo Pirovano | Foto di Davide Merli
I Def Leppard sono un curioso caso del music business. Nessuno (o quasi) li indica tra le proprie band preferite ma, nonostante questo atteggiamento un po’ spocchioso e denigratorio, sono ad oggi uno dei gruppi ad aver venduto di più nella storia della musica, collezionando non una ma ben due certificazioni di diamante con gli album Pyromania e Hysteria.
Nonostante questo successo planetario la band di Sheffield non è mai stata troppo presente con i suoi tour in Italia, rendendo di fatto lo show di questa sera un evento imperdibile, nella cornice di un forum d’Assago gremito oltre ogni (mia) più rosea aspettativa.
Per risalire alla loro ultima esibizione nel nostro paese dobbiamo infatti spostare le lancette indietro nel tempo di ben 13 anni quando, nel contesto del decimo anniversario del Gods Of Metal, i Def Leppard si esibirono prima degli headliner di giornata, i Whitesnake di David Coverdale che, curiosamente, questa sera sono qui per restituire il favore aprendo per la band di Joe Elliott.
Coverdale e l’amico fraterno Reb Beach, ormai assieme da quasi un ventennio, sono in tour per presentarci il nuovo Flesh & Blood, pronto da inizio 2017 ma dato alle stampe solo a maggio di quest’anno a causa delle varie vicissitudini di salute che hanno colpito David nell’ultimo biennio.
Un album di rinascita, scritto a tre penne da Coverdale, Beach e Hoekstra, un lavoro che, di fatto, segna il raggiungimento del ragguardevole traguardo delle quattro decadi di presenza di Coverdale e i suoi Whitesnake sulla scena rock mondiale.
Negli ultimi anni si è detto di tutto sulla voce di David, di quanto fosse bruscamente calata, ma tutto ciò non mi intimorisce, al contrario non fa che aumentare la curiosità nei confronti dell’esibizione del pitone albino che, alle 8 spaccate, irrompe sul palco sulle note registrate del classico My Generation, accompagnato dalla sua attuale band composta, oltre che dai già citati Beach e Hoekstra, dalla leggenda Tommy Aldridge, Michael Devin e dal nostro connazionale Michele Luppi, tastierista e vocal coach della band dai tempi del Purple tour. Luppi, già noto ai più per le collaborazioni con Vision Divine e Secret Sphere, si rivelerà un elemento chiave dello show sostenendo Coverdale con le sue backing vocals in più di un’occasione. E’ l’incalzante rock di Bad Boys, direttamente dall’omonimo full lenght del 1987, ad aprire le danze in un forum che esplode di entusiasmo già al primo pezzo. Si ha la sensazione che gran parte del pubblico sia qui esclusivamente per loro e le lamentele circa l’ordine cronologico di esibizione con i Leppard si sprecano intorno a me. Il dubbio svanisce definitivamente al primo sing along chiamato da Coverdale al pubblico di Milano su Slide it In, un pezzo dal memorabile chorus hard rock, impreziosito e svecchiato dalle chitarre di Beach e Hoekstra che continuano a intrecciarsi per tutta la durata del brano restituendoci una delle coppie d’asce più efficaci della storia della band Inglese. Ci sono loghi degli Whitesnake in ogni dove, sul palco, sul gigantesco schermo e sulla camicia di David, vero marketing manager di se stesso.
Il momento Slide It In (album) continua nella successiva power ballad Love Ain’t No stranger, pezzo ricolmo di pathos con un ritornello che cantano a squarciagola anche le ringhiere del forum.
Ma c’è il nuovo lavoro da presentare e la rossa copertina di Flesh & Blood appare a tutto schermo alle spalle della band che si lancia nell’esecuzione di Hey You (You Make Me Rock), un muscoloso blues elettrico che sottolinea la prova impeccabile di Aldridge, un vero animale da palco che, a dispetto delle sue 69 primavere, sfoggia una prestazione da ragazzino indiavolato, il cui culmine viene raggiunto quando, lanciando le bacchette, ci delizia con la specialità di casa, ovvero l’assolo a mani nude, suonato con una tale violenza che non mi è possibile descrivere a parole.
Il secondo estratto dal nuovo lavoro è il singolo Shut Up And Kiss Me che continua a non convincermi più di tanto, così ancorato a quel sound tipicamente 80’s sembra un (bel) pezzo arrivato fuori tempo massimo.
Il finale è un greatest hits composto da quattro cavalli di battaglia che lasciano senza fiato: Is This Love, Give Me All Your Love, Here I go Again e Still Of The Night. A ognuno la sua.
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Il messaggio benaugurante del testo dell’ormai quarantennale Wish You Well (Sono triste nel dire che è ora di andare ma, finché non ci incontreremo di nuovo lungo la strada, ricorda questo nel tuo viaggio verso casa: Quando senti il ruggito del tuono non sei solo) accompagna l’uscita di scena del serpente bianco, oggi una super band di musicisti di assoluto valore che fa incetta di consensi in ogni dove. Il ruggito di quel tuono è ancora cristallino e qui con noi. A questo punto, come si intuiva, il pubblico del parterre inizia la sua metamorfosi. Coloro che erano lì per Coverdale e soci arretrano verso il mixer e tra il pubblico assiepato vicino al palco iniziano a spuntare copiose le magliette ormai datate dei gloriosi tour della band di Hysteria. Quando si spengono le luci e il marchio Def leppard appare a caratteri cubitali sull’immenso schermo l’entusiasmo del pubblico è talmente incontenibile che quasi nessuno si accorge che 4/5 dei Leppard sono già sul palco, avvolti dall’oscurità, in linea con la batteria di Rick Allen. Rocket è un’esplosione caleidoscopica di note e di colori che avvolgono e abbracciano il pubblico, così come la successiva Animal. Mentre Savage, Allen, Campbell e Collen sembrano da subito in ottima forma (quest’ultimo con un fisico che ha dell’incredibile visti i suoi 61 anni) Elliott sembra un po’ in difficoltà, ricorrendo al falsetto con alterne fortune in più di un’occasione. Tuttavia superata la prima ballad di serata (la bella When Love And Hate Collide dalla raccolta di metà anni ’90 Vault ) la prova vocale di Elliott svolta. Un po’ aiutato da un pubblico molto partecipe, un po’ dai compagni di band, sfornerà una prova di spessore da consumato frontman, dosandosi sapientemente per rendere al meglio nei passaggi più attesi del concerto come Love Bites, Hysteria, il tagliente rock di Pour Some Sugar On Me e la simbolica Rock Of Ages, una delle canzoni manifesto dell’ hard rock anni ’80, che ci ricorda quanto la musica sia immortale.Tra i momenti più emozionanti dello show dei Leppard è impossibile non menzionare l’assolo di batteria a tre pedali dell’eroico Allen, una versione da pelle d’oca di Two Steps Behind suonata in acustico da tutta la band sulla passerella che tagliava in due il parterre e il video footage trasmesso a tutto schermo durante Hysteria che ci ha fatto ripercorrere, tra le lacrime trattenute a stento, i quarant’anni della carriera della band, passando dalle immagini di gioia per la conquista dei palchi più prestigiosi del globo a quelle dedicate a chi non ce l’ha fatta e non c’è più. Uno show potente come pochi, forte di una produzione a dir poco sfarzosa, ricca di luci e colori (il video di Animal mi ha teletrasportato per cinque minuti sullo strip Losangelino) e con volumi esagerati degni di una band thrash metal. Uno show iper prodotto ma estremamente genuino dal quale è scaturita una massiccia dose di nostalgia. Osservando la band sul palco si poteva intravedere quel gruppo di amici che quarant’anni fa si imbarcò nell’avventura. Come ricorda Elliott sono solo due ad essere sopravvissuti a quel 1977 d’esordio (lui e Savage) ma quella attuale rimane comunque una delle formazioni più longeve nella storia del rock. Tolti i milioni di dischi venduti e le folle oceaniche affrontate quella dei Def Leppard è una bellissima storia di riscatto, passata attraverso la morte di compagni di viaggio (Steve Clark), incidenti dalle devastanti conseguenze (Allen) e malattie invalidanti (Savage). Lo schermo si riempie di diapositive per la finale Photograph che si chiude con il suo infinito chorus sorretto dal riff che fu di Steve Clarke ricordandomi una vecchia frase di Wim Wenders: “Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero”. Sta a noi provare a colorarla come hanno fatto i Def Leppard.
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WHITESNAKE – La scaletta del concerto di Milano
Bad Boys
Slide It In
Love Ain’t No Stranger
Hey You (You Make Me Rock)
Slow an’ Easy
Guitar Duel
Shut Up & Kiss Me
Drum Solo
Is This Love
Give Me All Your Love
Here I Go Again
Still of the Nigh
DEF LEPPARD – La scaletta del concerto di Milano
Rocket
Animal
Let It Go
When Love and Hate Collide
Let’s Get Rocked
Armageddon It
Rock On (David Essex cover)
Two Steps Behind
Man Enough
Love Bites
Bringin’ on the Heartbreak
Switch 625
Hysteria
Pour Some Sugar on Me
Encore:
Rock of Ages
Photograph