Articolo di Serena Lotti | Foto di Nicolò Canestrelli
Quando è successo? Da che ascoltavo nell’Ipod shuffle A me piace lei, Buon appetito, Vieni a vivere, sono passati 15 anni? Un pò come come quando realizzi che non stringi più un biglietto della metropolitana tra le mani da una vita, che quel maglione preferito è diventato una trama smagliata e che i tuoi capelli sono diventati molto più grigi. Quando è che abbiamo iniziato a farci le tinte? Ed è così che festeggiamo le nostre personali epifanie del tempo che passa inesorabile e che guarda caso a volte migliora le cose, ed è allo stesso modo che ieri sera ci siamo ritrovati a festeggiare insieme a Dente i quindici anni del suo L’amore non è bello, il lavoro più amato, cinico e geniale di tutta la sua discografia. Album-capitolo mastondotico della storia di Dente, il più acclamato e adorato, il più speciale.
Come dimenticare l’allora lezione di quel giovane cantautore emiliano, decisamente non priva di riflessioni amare e lapidarie sull’amore, sulla ricerca vana della felicità e sulla transitorietà dei momenti felici che rappresentava a pieno la vigilia di quel decadimento umano nel quale siamo caduti solo pochi anni dopo? Allora non esistevano termini come orbiting, ghosting, benching, allora le relazioni erano ancora analogiche, ma mancava poco alla rivoluzione digitale dell’amore. Ancora non esisteva la narrativa del dolore che tanto bene sanno orchestrare oggi le visualizzazioni, i tag, le stories, gli unfollow. Possiamo affermare che soffrivamo in un modo che poteva ancora definirsi sano. Eppure nonostante questi 15 anni in cui il mondo è cambiato comletamente, Dente con la sua chitarra e la sua voce mai invecchiate di un giorno, riesce ad attualizzare quegli stessi messaggi fatti di narrazioni ironiche, controsensi linguistici, giochi di parole, secondo una comunicazione della sofferenza che non è alla fine mai cambiata. Non facendo assolutamente nulla. Eccolo lì lo straordinario potere dell’arte. Interpretare le emozioni, i tormenti, le afflizioni a di là del tempo e dello spazio con un classicismo e una raffinatezza che solo artisti come Dente sono capaci di regalare.
Al via quindi a questo importante anniversario, 15 anni non sono pochi, ma non sono nemmeno così tanti anche ed è Dente a dirlo, affermando che per mantenersi giovani bisogna parlare del tempo che scorre. Il tour celebrativo parte dalla Santeria di Milano, per una doppia data sold out il 13 e 14 febbraio e durerà fino al 25 febbraio, 5 date in tutto. Un’occasione per la ristampa del disco in doppio vinile, e per suonare integralmente l’album side to side.
Il palco è scarno e minimale, i musicisti si posizionano sul palco, Dente imbraccia la chitarra e il viaggio nei ricordi comincia. Tratteniamo il fiato pronti ad immergerci in quella peregrinazione agrodolce e surreale in cui lui ci guida, mostrandoci al contempo i lati oscuri dell’amore, svelandone i lati più ironici e cinici attraverso la cronaca puntuale e sincera della complessità delle relazioni umane.
E’ sempre lo stesso Dente che conosciamo da sempre, quello pronto a sfidare le convenzioni romantiche, mettendo in luce le sfumature meno idealizzate del sentimento più inflazionato al mondo. Dente in abito scuro, il capellone del nostro cuore, sorriso sfuggente, piedini ruzzanti e veloci che si concede anche un cambio d’abito prima di rintanarsi dietro il pianoforte nella seconda parte del live. Gli arrangiamenti sono impeccabili, i suoni pulitissimi e pieni, un sax caldo e avvolgente gonfia di malinconia quel songbook fatto di piccolissime perle capaci di contenere senza sforzo il senso contraddittorio e tragicomico del sentimento.
La presunta santità di Irene, A me piace lei, Voce piccolina, la commovente Buon appetito a cui non smetto di regalare moccoloni e la morbidissima Vieni a vivere dimostrano la versatilità di Dente nel creare un pattern emotivo malinconico mai triste e sospeso tra sogno e realtà, tra ironia e delicatezza.
La seconda parte, anticipata da un versione 2.0 dell’intervallo della RAI è una freschissima cavalcata dentro il canzoniere più prezioso, un album delle memorie, quello che contiene tra le altre Almanacco del giorno prima con Coniugati Passeggiare, Adieu tratto da Dente e Baby Building da Non c’è due senza te. La logica narrativa del best of non è che un leggero balzello tra gioia e malinconia, una gradino sotto la felicità, una pausa tra un amore triste ed uno infelice, tra uno incompreso ed uno inarrivabile. La costante è che abbiamo cantato tutti, tutto, dall’inizio alla fine. Non siamo un pubblico che passava di là per caso, siamo un pubblico consapevole e adorante, siamo tutti protagonisti delle commedie morettiane di Dente, perchè ancora stasera lui parla di noi a noi, attraverso la sua esperienza di uomo e artista.
E se ce ne fosse bisogno arriva con Discoteca Solitudine una gioia posticcia come la definisce Dente, per tornare alla disamina dei fallimenti sentimentali, alla celebrazione degli amori infelici. Eppure con Dente non si può essere tristi. Stasera assistiamo a una dichiarazione d’amore tutto tondo con tanto di licenziosi limoni tra le ultime file, lascive carezzine e tenerezze piccole tra le mani, è tutta una ficcante morbidezza collettiva, armoniosa, purissima orchestrata da questo poeta dello spleen che nonostante tutto ci dice, tra le righe e i numerosi sottotesti, che l’amore non è bello, ma bellissimo, proprio perchè fa soffrire, perchè ci spinge verso una continua ricerca verso il bene. Il nostro.
Se mai avessimo avuto bisogno di ricordarlo, ieri sera Dente si è confermato uno degli artisti più significativi nel panorama musicale italiano contemporaneo, uno che a suo tempo ha aperto la strada all’indie a tanti che ora riempiono gli stadi e che non si è mai asservito alle logiche del mercato trasformando questa scelta nella sua grande fortuna. E’ rimasto puro, libero, unico.
Insomma è San Valentino lo abbiamo capito. Chi non desidera un amore ricambiato parli ora o taccia per sempre. Ma nel tribunale degli amori falliti non ci sono colpevoli nè vittime, c’è spazio solo per le assoluzioni. Ieri sera Dente ha preso per un’ora e mezza lo scettro al Cupidone nazionalpopolare perchè il 14 Febbraio 2024 non è stata è solo la festi degli innamorati bensì San Dente, Assunzione del Beato Peveri. Lo ripetiamo. A noi piace Dente e Dente piace a noi e vorremmo la pensasse esattamente come noi. Ma sono certa che è così, perchè lui nonostante tutto, nell’amore ricambiato ci crede veramente.
DENTE: la scaletta del concerto di Milano
L’amore Non è Bello
La presunta santità di Irene
Incubo
A me piace lei
Voce piccolina
Buon appetito
La più grande che ci sia
Parlando di lei a te
Sole
Quel mazzolino
Sempre uguale a mai
Finalmente
Vieni a vivere
Solo andata
Best Of
Anche se non voglio
Adieu
Cambiare Idea
La vita fino a qui
Discoteca solitudine
Coniugati passeggiare
Baby Building
Sogno
Saldati
Encore:
Beato Me