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Reportage Live

Dio esiste, ed è donna. TORI AMOS a Milano, tra rivoluzione e divino

La polistrumentista e magnetica originaria di Newton torna dopo anni in Italia e si è esibita al Teatro degli Arcimboldi di Milano il 13 aprile tra applausi in un’unica attesissima data italiana. E ci fa lezione sul bello, ricordandoci quanto ancora ne siamo lontani.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Andrea Ripamonti

Avviso ai senza Dio: il divino risiede ancora tra di noi, a volte si manifesta in forme umane, talvolta ha i capelli rossi, gli occhi cobalto e suon contemporaneamente pianoforte a coda e tastiere a organo. Ah, ed è una donna, incredibile (lei, la circostanza, il caso). Tutta questa esaltazione per dire che non ho dovuto fare alcun pellegrinaggio a Lourdes per una benedizione, mi è bastato rimanere imbabolata dinanzi a Tori Amos, al secolo Myra Ellen Amos, in un ritorno attesissimo in Italia, al Teatro degli Arcimboldi di ieri 13 aprile (grazie a Live Nation).

La Amos si è esibita per presentare il nuovo lavoro Ocean to Ocean, sua riflessione sulle connessioni – subacquee – mondiali, fatte di grandi movimenti e pochi interpreti, al massimo profeti, ed è stata anche l’occasione per rivivere il senso della produzione di un’artista particolarmente prolifica e simbolica nel panorama musicale.

Tori Amos in concerto al Teatro Degli Arcimboldi di Milano foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

Oggi possiamo essere un po’ farisei, ce lo concediamo: raramente ci capita di incontrare tali gioie. Tori è una presenza divina, eterea, resa eterna ormai da pezzi che non definiremmo neanche hit (sarebbe riduttivo) ma veri e propri manifesti alla libertà, alla donna, alla bellezza, al rifiuto di ogni tetto di cristallo e soprattutto al subliminale, subdolo e costante – si, anche oggi, e più che mai – dikta che impera in tutti noi, che ci sentiamo fuori dagli schemi, di reprimere la nostra capacità di raggiungere il cielo, come direbbe lei, mentre siamo chiusi in case gelide che sembrano la Russia. Ieri Tori Amos, incorniciata come un’opera d’arte sul palco degli Arcimboldi (eppure molto umana nel districarsi nell’oro dell’arioso abito di scena e sistemare di volta in volta gli spartiti), ha graziato i presenti con un’ora e mezzo di lirismo potente e, tra l’altro, ricordato alla Milano in sala che per essere delle brave femministe bisogna fare un ripassino di piano rock, quello che lei a un altro mostro sacro dal nome di Kate Bush hanno contribuito a cementificare negli anni ’90 dimostrando che si può essere eccelsi e distruttivi tanto da fare una rivoluzione.

Non a caso questi sono i temi dei pezzi portati in scaletta, che la cantante varia ad ogni concerto, un’imprevidibilità costruita ad hoc nella precisione delle fuge di piano accompagnate dal basso di John Evans e la batteria di Ash Soan. Chissà se l’Italia, dove Tori ha deciso di tornare dopo anni (sentenziando con un “e che cavolo!”), e quello che la scuote in questi arrancanti giorni di primavera hanno ispirato la sessione milanese. Dopo l’apertura dellla dolcissima norvegese SKAAR e una standing ovation di sincero ossequio all’entrata in scena, si è entrati nel mare interiore della Amos insieme all’instancabile scenografia di giochi di teli, luci e pantoni: il contraltare delle emozioni dell’artista ci hanno avvolto in una multiforme aurora boreale e catalizzato, come in un rito arcaico, i colori delle sue canzoni. É nel frangersi lucente delle acque che si ha il primo incontro con Dio: Tori inizia a suonare piano e tastiera e si volge infine al primo per iniziare con God. Ha la voce un po’ roca nel conversare con i presenti sulle sue esperienze al ristorante in Italia, ma torna magicamente cristallina appena intona le prime strofe.

I confini del nostro naufragar che ci è dolce in questo mare si espandono con Ocean to Ocean, per infrangersi sulla solidità grana anni 90 di Crucify e le sue catene, in cui torniamo per un breve momento sulla terra, e si passa alla notte stellata di Bells For Her e Addition To Light. La scena si tinge di jazz con una rossissima Lady in Blue e lascia Tori sola nell’intima, struggente, Baker Baker, solo piano e un’intensità che spezza la scena. Ci sono tutte le dimensioni dello spettro emotivo, che lei passa, trafigge e lega con la precisione di un chirurgo con la passione per il punto e croce: disegna con voce e tasti estatici ghirigori che comunicano molto di più di un bollettino medico. La seconda sessione coincide con l’entrata in scena prepotente di ciò che l’ha consacrata quale eroina della rinascita femmile: e ci si rituffa nel Pandora’s Aquarium, la bolla di acqua e vetro dei nostri fantasmi dalle tonalità verdi in cui ci dimeniamo e ammazziamo le nostre sofferenze, per passare poi alle militanti Mother Revolution e Mrs Jesus. La tenerezza torna con le tastierie a organetto di Devil’s Bane che aprono alla prima chiusura di quell’inno all’emancipazione di Cornflake Girl, dove emerge un po’ il grattato della voce nella trance del piano impazzito. Tutti in piedi per l’encore gran finale, con Bouncing off Clouds e Take to the Sky, dove si passa a toni più rock ma senza perdere quello che la magia del pianoforte riesce a trasmettere: bellezza.

Tori Amos e il piano sono i veri protagonisti di una performance che è rock, straordinariamente fragile e intensa; ci indicano una via al divino, chiunque esso sia, che diventa incredibilmente conoscibile e vicino. Soprattutto ci dicono che non c’è erede a questa forma inimitabile di poliedricità. Perchè la rivoluzione che Tori ha lanciato con Little Earthquakes, a dispetto di produttori una volta scettici nel vedere la delicata figlia di un Ministro di Dio al più classico degli strumenti cantarci che non c’è motivo per metterci in croce se tanto non andremo mai bene per un ideale sovraterreno, non è finita con la liberalizzazione del sesso di inizio millennio. C’è ancora tanta fragilità che possiamo usare per trovare vie di fuga a schemi opprimenti. Dimostra, e conferma con l’esibizione di ieri, l’urgenza di usare la bellezza in ogni sua forma, in tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, per rompere l’acquario, sempre più invisibile, in cui siamo ancora immersi e di cui non riusciamo a liberarci. Ma attenzione a non uccidere il prigioniero mentre si fa la rivoluzione: altrimenti si diventa gabbie vuote.

Clicca qui per vedere le foto di TORI AMOS in concerto al TAM (o sfoglia la gallery qui sotto)

Tori Amos

TORI AMOS – La scaletta del concerto di Milano

God

Ocean To Ocean

Crucify

Bells For Her

Addition To Light

Lady in Blue

Baker Baker

Pandora’s Aquarium

Mother Revolution

Mrs Jesus

Devils Bane

Cornflake Girl

Bouncing Off Clouds

Take To the Sky

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Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

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