Articolo di Marzia Picciano
Premessa: questo articolo non è per i fan della dance nè tantomeno per i (molteplici) detrattori. È per tutti coloro che hanno avuto a che fare nel proprio background storico e culturale con Gabriele Ponte, in arte Gabry Ponte, nel senso, che non solo conoscono (più di) una canzone, ma anzi che hanno un preciso ricordo associato a quel o quei pezzi. Ad esempio, a me ricorda la copertina di plastica del cd del Festivalbar blu, o la radio della vecchia Passat di mio padre. Ad altri, il primo limone in gita scolastica, o la sveglia rotta della nonna che tuona Blue all’improvviso. È per loro perchè queste erano le 12mila persone presenti insieme a me ieri 27 gennaio ad Assago Milanoforum.
Quindi, come spiegare il concerto di ieri? Perché si, di concerto si trattava, un concerto di musica dance, un concerto dance (?!), a cui non ero e forse nemmeno gli altri erano pronti. Del resto, io Giulia la canto se non urlo sotto consolle mentre trasudo una serata da millennial oggi abbattuti dal logorio della vita casa-ufficio (e fa più una cantata su Ponte che decine di fallaci politiche sul work-life balance). Dal countdown degli ultimi dieci minuti seguiti dal rombare di bassi lenti, Gabry Ponte sale solo un minuto dopo lunghissimo a prendere posizione su questa piattaforma da dj enorme, che mi ricorda vagamente la forma della PS2. Lì attacca con Rock The House ma ci sono i telefonini alzati nel parterre,TUTTI, c’è gente seduta, e mentre io e il mio gruppo di fan pensiamo “Siamo scemi? Alziamoci!” poco a poco ritroviamo il mood, il motivo per cui siamo tutti qui (celebrare il principale compositore italiano delle nostre esperienze house tra i ’90 e i ‘2000) ed entriamo in quello che è il nostro primo concerto dance.

E che si fa a un concerto dance? SI BALLA. Non so quanti calci ho dato allo schienale davanti ma non è un problema perché anche loro ballavano. E poi Ponte è scatenato, felicissimo della visuale di un Assago Forum praticamente pieno zeppo, impartisce ordini su battere le mani, muoverle da destra a sinistra, semplicemente alzarle, e direi grazie perché il mio ballo da discoteca consiste semplicemente nel muovere compulsivamente il braccio verso un’immaginaria bisca di cani da aizzare (a quanto pare il principale gesto del sud Italia). È scatenato perché ne mette una dopo l’altra, in un continuo che non ammette pause (alla fine della prima ora già grondo), dalle più nuove Easy On My Heart, Thunder e Monster passando poi per i remixoni come Dragonstea Din Tei e di Dove Si Balla di Dargen (laddove poi i miei compagni di concerto mi fanno notare l’influenza della techno è decisamente più evidente soprattutto se messo a paragone con il dance pop degli Eiffel 65) e chiaramente non potevano mancare i pezzi amarcord, con tanto di momento fotografico dei tre (Ponte, Maury e Jeffrey Jey) su Viaggia Insieme A Me che ti mette voglia, tanta, di rivederli tutti insieme.
Menzione d’onore per i visual, a mio personale gusto, tra le colonne di Figli di Pitagora e i mezzi live action di Assassin’s Creed e Final Fantasy di La danza delle Streghe e Geordie, abbastanza steampunk da ispirare il signor Hironobu Sakaguchi per un nuovo capitolo della saga e sai che figata Faber versione Role Game (e non fate gli spocchiosi). Non mi ero mai resa conto del cyberpunk evocativo della musica di Ponte fino ad oggi, probabilmente per motivi anagrafici (i.e. ero troppo piccola e non ancora stata introdotta al magico menage di Squall e Rinoa), chiaramente era già noto ai più, considerata l’enorme varietà del pubblico, che era uno spettacolo.
Chi va a vedere Ponte? La risposta è, in teoria, chiunque, tutti. Giovani, non troppo giovani, e famiglie. Ora lasciamo stare le magliette autodichiarative Zarro Inside che ho potuto scorgere (comunque non ipnotizzante come i jeans con dietro la scritta RICH che giuro di aver visto) anche perché penso che etichettare quella di Ponte come una niche per tamarri sia non solo una semplificazione ma anche una bella e buona mistificazione che non rende giustizia a quella che molto prima dei Maneskin era diventato, allo stesso livello di contraddittorietà della critica (lo ami o lo odi) un fenomeno globale. Del resto, l’ultimo tour di riunione l’hanno fatto in Australia, mica alla Fiera di Borghetto Lodigiano, con tutto il rispetto. Blue (e il suo Da ba dee da ba daa), chiaramente remixata e pronta per la chiusura in grande dello show è stata in vetta alle classifiche in 17 paesi nel 1999 e no, non parliamo di streaming. Insomma avevamo la chiave dell’egemonia culturale in mano ma noi non ci siamo sentiti mossi, se n’era reso conto allora Pippo Baudo che li chiamò a Sanremo per far parlare chi aveva conquistato l’America, come ricorda Gabry stesso. E questo è stato solo il pezzo che ha fatto il botto, poi di altri successi e collaborazioni con artisti internazionali ce ne sono state a frotte.

Ponte parla spesso, interrompe la sessione di roboatici movimenti per interagire, 50 anni portati benissimo e questo dimostra che la dance fa bene. Soprattutto perché non è un genere che si ferma a se stesso e si chiude in fantomatiche ricerche dell’essenza, no è aperto, come Ponte, che deve farsi influenzare altrimenti non si evolve. Quindi nessuna stranezza nell’avere sul palco con se un giovane pianista Tik Toker Gabriele Rossi e il cantante lirico Lorenzo Battaglion. Più strano chiedere al pubblico di togliere i cellulari su Voglia di Dance All Night, quello si che ha fatto più impressione. Come a dire: una volta si ballava davvero piuttosto che farsi vedere ballare, o meglio ci si voleva far vedere comunque ma con un focus sul presente tangibile intorno a noi. Quante ce ne insegna ancora la dance: con un dj che è un pó un padre misericordioso verso degli scavezzacollo come noi che si fanno allisciare da un universo di velletairismi.
Quindi GRAZIE Gabry Ponte per aver fatto questo esperimento sociale e soprattutto, averci fatto sentire molto giovani (a me almeno preliceale). Un sapore agrodolce, ha detto qualcuno: bello e nostalgico, di qualcosa che non sarà più ma comunque c’e’. Sarà per questo che siamo venuti tutti senza pensarci. Speriamo che Torino il 2 marzo sappia essere all’altezza di Milano.
GABRY PONTE – La scaletta del concerto di Milano
Intro + Rock The House
Easy On My Heart
Cosa resterà
PPK (Otherside)
The Crowd Song
La Fine del mondo
Monster remix
Thunder
Rihanna remix
Forever Young
Bass Beats and Melody
Giulia
La cassa spinge
Destination Infinity
Take On Me
Ameno remix
Bad Romance remix
Move Your Body
My Mind
Quelli che non hanno età
Vivi nell’aria
Ecuador remix
Figli di Pitagora
Geordie
Che ne sanno i duemila
We Are
Rock The Disctek
Dragostea Din Tei
We Could Be Together remix
Viaggia insieme a me
Dove si balla
Convivium
We Will Rock You + Too Much Of Heaven
Tu sei
Time To Rock
Voglia di dance all night
La danza delle streghe
Blue
GABRY PONTE – Tour 2024
27 gennaio – Mediolanum Forum – MILANO SOLD OUT
02 marzo – PalaAlpitour – TORINO SOLD OUT
06 aprile – Unipol Arena – BOLOGNA
15 giugno – Rock in Roma (Ippodromo delle Capannelle)– ROMA
