Articolo di Umberto Scaramozzino | Foto di Alessia Belotti
Dieci anni dopo il loro primo concerto italiano, i Glass Animals tornano nel nostro Paese per una data unica all’Alcatraz di Milano. Non è sold out, ma c’è la formula giusta per lasciare una bella scia dietro di sé e, tramite un prevedibile passaparola febbrile, fare in modo che al prossimo appuntamento nessuno voglia mancare.
Partiamo dalle note dolenti e non nascondiamoci: i dubbi sull’attuale percorso dei Glass Animals sono tanti. Il rischio di passare alla storia come una band caduta nella trappola della one-hit wonder non è ancora scongiurato e gli ultimi due album in studio faticano a reggere il paragone con i primi due, nonostante la vera hit del successo mondiale – “Heat Waves” – si trovi in “Dreamland”, penultimo capitolo discografico. La varietà e l’affascinante originalità dei primi lavori hanno presto lasciato il posto alla ripetitività e a una produzione tanto riconoscibile quanto prevedibile, fin troppo patinata.
Tutto fa pensare che sia già il momento di parlare di una parabola discendente per una carriera che ha appena tagliato il traguardo del primo decennio. Eppure manca un elemento, uno dei più importanti di tutti: la musica dal vivo. I concerti sono ancora il luogo in cui i Glass Animals possono fiorire e farsi strada in un mondo in cui l’obsolescenza è un mostro inferocito che insegue ogni artista ancora in cerca di una chiara personalità.
Dal vivo come sono i Glass Animals del 2024? Esplosivi, divertenti, travolgenti. Riescono anche a rilanciare i brani meno convincenti del nuovo album, “I Love You So F***ing Much”, dimostrando di avere ancora un sound molto solido e catchy. A livello di intrattenimento la serata è retta quasi interamente sulle spalle del frontman Dave Bayley, che sono abbastanza larghe da rendere lo show dei ragazzi di Oxford memorabile. Il leader dei Glass Animals non si risparmia e mette in scena un act da autentica popstar, che va a compensare una produzione live invece molto povera.
Il palco visto nelle date nei palazzetti era invero notevole, sia per concept che per impatto visivo, ma ridimensionando lo show per i club sì è ridotto tutto all’osso. Si sente la mancanza di un classico ledwall con visual, che sarebbe stato più che sufficiente per valorizzare il loro ammaliante art pop, ma allo stesso tempo questo compromesso ci costringe a concentrarci sulle doti di Dave, sulla sua capacità di tenere in pugno la platea e far ballare ogni singola persona presente all’Alcatraz. Anche quando scende dal palco e attraversa il club per raggiungere il mixer e cantare “Gooey” circondato dai fan, lo fa avvolto da una luminescenza tutta sua e con un’energia contagiosa. L’unico estratto dell’album di debutto si conferma una gemma rara.
Parlando di energia, a giudicare dal riscontro di pubblico, sembra proprio che “A Tear In Space (Airlock)” e “Show Pony” possano benissimo reggere il passo dei migliori pezzi di “How to Be a Human Being”, almeno dal vivo. C’è anche un insperato senso di coesione nel progetto, lo stesso che è sempre più difficile trovare in studio.
E allora, forse, la vera forma d’arte dei Glass Animals consiste nel creare una dimensione, comprensibile solo per chi ha voglia di andare oltre la coltre di glitter e synth e lasciarsi guidare dalla formazione inglese in un viaggio sonoro solo apparentemente prevedibile.
Forse l’errore è stato pensare che i Glass Animals dovessero essere la “next big thing” e riportarli indietro, sulla Terra, potrebbe essere la loro salvezza e la nostra soddisfazione.
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GLASS ANIMALS: la scaletta del concerto di Milano
Life Itself
Your Love (Déjà Vu)
Wonderful Nothing
Space Ghost Coast to Coast
A Tear in Space (Airlock)
Creatures in Heaven
Youth
Lost in the Ocean
Gooey
Show Pony
The Other Side of Paradise
Take a Slice
Pork Soda
BIS
Tokyo Drifting
Heat Waves