Articolo di Jennifer Carminati | Foto di Andrea Ripamonti
Ebbene si, siamo arrivati con parecchia fatica fisica ma molta soddisfazione a questa ultima giornata di questo GMM23 da record, con un numero di ingressi che in un paio di giornate ha superato addirittura i 220000. Oggi sarà all’insegna di tante band old school e vedremo salire sul palco delle vere e proprie leggende dell’hard rock ma anche del metal e del punk, e che potremmo desiderare di più direte voi? nulla, assolutamente nulla di più di tutto questo. Prendiamo la macchina quindi e dirigiamoci per l’ultima volta verso la location del festival.

STAND ATLANTIC
Sul piccolo palco all’aperto posto in fondo all’area a fianco dell’hard rock cafè, perché c’è pure questo qui, inaugurano la giornata gli Stand Atlantic, band australiana, formata nel 2012, influenze pop punk e alternative rock, in veste elettronica in alcuni pezzi; ispirati chiaramente dai Blink 182 ma con una punta di irriverenza e sfacciataggine in più. Convincente la performance della cantante Bonnie, che cerca di adattarsi ai vari generi proposti, divertendosi e saltando insieme alle prime file di giovanissimi principalmente che fanno partire poghi e stage diving come non ci fosse un domani. Parola d’ordine con loro: Jump. Inizio divertente e punkeggiante oggi, ma si cambia subito palco e registro.
Il tempo di prendere la prima birra della giornata e mi sposto verso il North Stage, incontrando gia’ i primi fiumi di persone che vengono in senso contrario al mio.

SKID ROW
Le linee delle canzoni, le chitarre e i riff che hanno fatto il successo degli Skid Row li ritroviamo subito sin dai primi accordi. Come ci sono 2 pilastri della prima ora, la coppia di chitarristi Dave “Snake” Sabo e Scotti Hill, supportati da Rob Hammersmith alla batteria. Manca invece il bassista storico della band Rachel Bolan, al suo posto sta suonando Casey Sproatt. Alla voce Erik Grönwall, non certo paragonabile allo storico primo cantante della band, Sebastien Bach, ma posso dirvi che è bravo sul palco e porta un’innegabile boccata d’aria fresca al gruppo, ma arranca sulle tonalità alte ed acute, come in 18 and Life, davvero eseguita malamente…”Remember Yesterday” meglio. Detto questo, il set è composto principalmente dai successi dei primi album ma ci sono anche brani più recenti. È un vero e proprio viaggio nel tempo quello che gli Skid Row ci offrono con Erik che viene e va ovunque sul palco, nulla da dire sul carisma e l’attitudine di questo ragazzo. Ma senza Sebastian Bach non sono gli Skid Row, per quanto mi riguarda, parere totalmente personale e opinabile, certi cantanti non possono essere sostituiti, come certe cover non dovrebbero essere fatte.

DIRKSCHNEIDER
E ora eccoci alla prima leggenda della giornata, Udo Dirkschneider, live, il che significa solo una cosa: puro heavy metal. I fan potranno ascoltare una scaletta che copre tutte le fasi della sua carriera solista e con questa band, formata insieme al figlio Sven alla batteria. I due chitarristi, Andrey Smirnov e Dee Dammers, avranno spazio per mostrare il loro talento durante quest’ora ma ovviamente tutti gli occhi sono puntati sull’inossidabile frontman, una vera e propria icona nella musica metal. Princess of the Dawn è uno dei tanti classici degli Accept giustamente inseriti nella scaletta e ovviamente la folla di vecchi metallari accorsi si scatena su questi riff tiratissimi e micidiali che non sembrano sentire il tempo che scorre. UDO dal canto suo ci offre una prestazione autentica e sentita, con quello che il suo fisico, la sua età e la sua voce gli permettono di fare. Con questo progetto l’esperienza incontra l’entusiasmo giovanile, ed è una cosa bellissima. Lunga vita al piccolo grande UDO.

AVATAR
“Ladies&Gentleman, this is a freakshow“. Inizia così il concerto degli Avatar. L’istrionico Johannes Eckerström, un bel mix tra il Joker e The It, guardare le foto di Andrea per credere, fa il suo ingresso sul palco gonfiando un palloncino a forma di cagnolino passeggiando sul palco in maniera irriverente oltre che divertente, tirando fuori spesso e volentieri quella sua linguaccia con delle espressioni facciali da vero giullare di corte, in veste metal si intende. Un domatore da circo che per i prossimi 45 minuti terrà sotto scacco tutto il pubblico presente perche’ è davvero impossibile rimanere impassibili alla loro performance. Al death metal melodico di tipica impronta svedese, a tratti molto più pesante di quel che ci si aspetterebbe, mescolano follia, esuberanza e una voce semplicemente perfetta, ha arte e mestiere il ragazzo, davvero notevole la sua capacità di variare nei diversi registri e nel mentre intrattenere la folla con un carisma fuori dal comune. Il successo mainstream lo hanno ottenuto con il singolo The Dirt I’m Buried In, con un ritornello che ti entra subito in testa, ma sanno fare anche pezzi duri e aggressivi come Colossus o più lenti e melodici come Tower, eseguita con Johannes al pianoforte che ci porterà per qualche minuto in una sorta di malinconia struggente sempre mantenendo il suo stile personalissimo. Succedono davvero troppe cose su quel palco per poterle descrivere tutte, gli Avatar sono un gruppo che va assolutamente visto in sede live. Ecco il gruppo rivelazione di oggi, davvero sorprendenti, ascoltare per credere.

THREE DAYS GRACE
Tocca ora ai conosciutissimi Three Days Grace, band canadese acclamata a livello internazionale con diversi dischi di platino in carriera e si sono guadagnati un posto tra le avanguardie dell’hard rock battendo record, scalando le classifiche e facendo spostare migliaia di fan in tutto il mondo che li seguono fedelissimi. Uniscono l’alternative metal all’hardcore melodico dando vita ad un mix perfetto per le radio. Personalmente non mi convince per nulla il frontman Matt Wals, totalmente anonimo, come il resto della band, per nulla incisivi e troppo edulcorati per i miei gusti. Fanno il loro concerto senza infamia e senza lode ma credo proprio continuerò ad ignorarli come band. Forse venire dopo gli Avatar non ha giovato loro, in confronto chiunque sembrerebbe insulso. Una gran fetta di pubblico era li per loro quindi un senso l’hanno avuto su quel palco, ma vista la loro mi sarei aspettata qualcosa di più.
Fortunatamente recuperiamo presto con il super gruppo che sta per salire sul palco a fianco, giusto il tempo di prendermi un’altra birra, perché si sa che è bene idratarsi, e quando si suda ancora di più, e io non me lo faccio certo ripetere.

GENERATION SEX
Metà Generation X con Billy Idol e Tony James e metà Sex Pistols con Steve Jones e Paul Cook, questi sono i Generation X. La loro scaletta racchiude i grandi classici dei repertori ampissimi di ambo le band. Che altro dire se non che l’unico che mi è sembrato crederci davvero e dare il massimo su quel palco è stato Billy Idol nonostante una voce che arranca, ma gli altri proprio non ce la fanno più, e che vuoi dirgli a gente che ha mediamente 70 anni e sta ancora su un palco? il loro posto in un festival del genere è giustificato dal fatto che potrebbe permettere ai più giovani di scoprire questi gruppi leggendari che sono esistiti e non ci sono più e che vengono mostrati anche con immagini di repertorio alle loro spalle. Se questo sarà il risultato finale ben venga, ma vi garantisco che la loro performance è stata totalmente piatta e sottotono, un pubblico praticamente impassibile o quasi, tanto è vero che all’ultima canzone i quattro scendono dal palco, in silenzio, non un saluto non un ringraziamento finale. Magari sarebbe il caso di metterci una bella X su questo progetto e lasciare spazio alle nuove Generazioni…nei libri di storia della musica ci siete con un bel capitolo ciascuno, basta così grazie.

HOLLYWOOD VAMPIRES
Altro super gruppo formato da un trio da cardiopalma come Alice Cooper, il chitarrista degli Aerosmith Joe Perry e l’attore Johnny Depp, questi solo gli Hollywood Vampires, e queste sono altre leggende che ho la fortuna di vedere in questo GMM23 quasi giunto al termine. Che il loro sia stato un concerto trascinante, a discapito dei loro predecessori, lo dimostra il fatto che la band preme sull’acceleratore da subito, trascinando nei loro riff il pubblico che li acclama a gran voce. Tra improvvisazioni e momenti di solo dei vari componenti, la loro scaletta scorre piacevolmente, tra una cover e l’altra e ritornelli orecchiabili.
Coinvolgente, non trovo aggettivo migliore per descrivere questo riuscitissimo live, nel quale gli Hollywood Vampires sono riusciti ad intrattenere tutto il GMM23 grazie ad un trascinante e sentissimo Rock ‘N Roll. I vampiri hollywoodiani ci piacciono, e se lo canta Johnny Depp che “We can be Heroes, just for one day” io ci credo, essendo arrivata a questo quarto giorno ancora in piedi.

Mötley Crüe
Ad introdurre quello che sarà un vero e proprio spettacolo ci pensa un Breaking News dell’ultima ora, in cui si annuncia l’arrivo imminente sul palco dei Mötley Crüe, la band più insolente del rock con una carriera tra le più oltraggiose e irriverenti mai raccontate (andate a vedervi il film ‘The Dirt: Mötley Crüe’ uscito nel 2019 per credere). Ho usato la parola spettacolo perché di questo si tratta, non è solo un concerto, dal vivo i Mötley Crüe accompagnano le loro ammiccanti e spesso scanzonate melodie a show di luci, fuochi d’artificio e veri, piattaforme mobili e soprattutto, come lecito aspettarsi da loro, delle procaci showgirl? chiamiamole così dai, che accompagnano le loro canzoni con balletti piuttosto provocanti che lasciano poco spazio alla fantasia, per la gioia del pubblico maschile presente. Nikki Sixx, Tommy Lee, Vince Neil, e John 5 ormai in pianta stabile alla chitarra, hanno ancora voglia di divertirsi e divertire, ed eseguiranno una lunga carrellata di tutti i loro grandi successi, su tutti: Live Wire, Dr. Feelgood e Girls, Girls, Girls, che ci catapulta immediatamente nei loro anni ’80 fatti di sregolatezza ed eccessi. C’è spazio anche per un momento più intimo con la splendida ballad Home Sweet Home che tutti cantiamo in coro. A chiudere ci pensa Kickstart My Heart e che dire, se non che siamo ben consci del fatto che lo spettacolo messo in piedi dai Mötley Crüe è pensato appositamente per colpire lo spettatore e distogliere l’attenzione da un Vince Neil imbolsito che non ce la fa più. A dispetto quindi di una capacità performativa indubbiamente non più così stellare, questi rappresentanti degenerati degli anni Ottanta sono pienamente riusciti nell’intento di farci divertire in questi novanta minuti in loro compagnia, e direi che va bene così.

DEF LEPPARD
Finalmente arriviamo alla parte alta del tabellone di questo GMM23, spetta al gruppo hard rock per eccellenza, i britannici Def Leppard, chiudere le danze. Introdotti da Heroes di David Bowie, Joe Elliott e soci si palesano sul palco, accolti da un boato di questo pubblico ancora non esausto e accompagnati dalla coloratissima scenografia proiettata alle loro spalle. Le canzoni dei Def Leppard sono in grado di suscitare emozioni ancora intatte a distanza di decenni: sui ritornelli delle varie Let’s Get Rocked, Animal, Rocket, ad esempio, tutti o quasi cantano a squarciagola ammirando sui videowall Phil Collen e Vivian Campbell che scorrono ancora le dita magistralmente sulle loro chitarre. Rick Allen alla batteria rimane l’hero indiscusso del gruppo, essendo ancora sul palco nonostante il gravissimo incidente che nel 1984 lo privò di un braccio. La scaletta accontenta tutti, non credo manchi nessuna delle loro hit tra quelle proposte questa sera ad incendiare queste ultime due ore trascorse al GGM23. Di emozioni se ne provano davvero tante con loro, sia per chi li ha vissuti quegli anni Ottanta e ora fa un tuffo nel passato riascoltando questi pezzi che sono vere e proprie pietre miliari dell’hard rock, sia chi li ha riscoperti più recentemente. Photograph, pone fine a un concerto riuscitissimo a prescindere dai gusti personali, i Def Leppard andrebbero visti almeno una volta nella vita, e io sono entusiasta di esserci appena riuscita.
In conclusione, che posso dirvi se non che è stata una vera e propria maratona musicale stancante fisicamente (Andrea per l’anno prossimo iniziamo la palestra a settembre che dici?) ma indubbiamente altrettanto esaltante, nella quale materialmente non abbiamo avuto non solo il tempo di seguire tutte le band, ma neppure di rifiatare un attimo, visto che le performance si sono seguite senza soluzione di continuità rispettando come un orologio svizzero (ma non siamo in Belgio?) gli orari segnati sui tabelloni. Esperienza fantastica sotto tutti i punti di vista e nei prossimi giorni ve ne parlerò in un report riassuntivo dell’intero Graspop Metal Meeting 2023 che giunge oggi al termine.
That’s All Folks.
Stay metal, always.
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