Articolo di Matteo Pirovano | Foto di Giorgia De Dato
Il concerto è iniziato da un bel po’ e la suggestione creata dai Therapy? sul palco è talmente forte che la mia mente vola per la piccola sala del Serraglio. La band sta suonando “Diane”. Sono concentrato, li osservo, ma nel frattempo sono ovunque. La mia mente vaga sulle note di quel pezzo consumato a furia di ripetuti ascolti. Sono il ragazzino giovane con i jeans strappati, seduto per terra in un angolo, sono quello non più giovane in piedi davanti alla spillatrice, il ragazzo in attesa al guardaroba, il roadie che sta per porgere a Andy la chitarra per il pezzo successivo. Mi riporta bruscamente alla realtà un tizio abbastanza bevuto che mi scrolla la spalla per chiedermi di aiutarlo a fare una storia su Facebook (??) e, nel tentativo di farlo, mi mostra involontariamente la sua galleria piena di immagini e video porno, presumibilmente home made. Lo guardo e sorrido pensando a tutta la gente strana che ho conosciuto in tutti questi anni di live, gente vera senza alcuna sovrastruttura. Pazzi, ubriachi, svitati. Li attiro e fondamentalmente li amo. Quelle persone negli anni sono diventate storie e per fortuna ne ho tantissime da raccontare. I Therapy? cantano in uno dei loro pezzi più famosi che “le persone felici non hanno storie”. Non mi sono mai trovato troppo d’accordo con questa affermazione, a meno che non si intenda la felicità come uno stato di totale assuefazione a una realtà indotta senza libero arbitrio. Ma torniamo al live.
Cosa ci spinge a essere così numerosi in un Serraglio gremito di persone e di genuino entusiasmo? In un freddo e lavorativo lunedì milanese?
La risposta pare scontata: la musica e i ricordi a essa collegati. Quella dei Therapy? muove i primi passi nel 1989 nei dintorni di Larne, Irlanda del nord, non propriamente una nazione che sia riuscita a sfornare negli anni talenti indimenticabili a parte loro e gli Ash.
30 anni di carriera per quindici dischi realizzati, se non è un record poco ci manca. Non li conosco tutti, lo ammetto. Ho perso di vista la band di Andy Cairns e Michael McKeegan nella fase intermedia della loro vita artistica, ma Troublegum e l’intensissimo Infernal Love sono due tra i dischi di quegli anni che ascolto ancora oggi con l’entusiasmo di allora. A settembre dello scorso anno mi sono balzate all’occhio alcune recensioni del nuovo lavoro della band Nord Irlandese. Ne hanno scritto un po’ tutti, dalle riviste indie a quelle metal. Sì perché la proposta della band è sempre stata variegata seppur identificabilissima. Ho così distrattamente caricato Cleave tra le playlist da ascoltare, pensando che fosse il classico disco di commiato di una band giunta al termine della propria vena creativa, ma mi sono dovuto ricredere all’istante. Ciò che in forma di suoni stava uscendo fluidamente dalle casse mi ha rapito come non succedeva da tempo. La proposta era sempre quella, il sound 101% Therapy? ma nonostante questo quel disco suonava fresco e frizzante. Ho pertanto deciso di partecipare allo show di stasera, per cantare le canzoni che hanno fatto la storia della band, ma anche per ascoltare le composizioni del nuovo arrivato che così tanto mi avevano impressionato su disco.
Sono stato accontentato. Cleave è stato suonato nella sua quasi totalità (uniche assenti in scaletta Dumbdown, No Sunshine e Save Me From The Ordinary), vera e propria spina dorsale dello show insieme all’osannato Troublegum, anch’esso riproposto quasi per intero per la gioia del pubblico presente.
Canzoni nuove e vecchie fuse in un’amalgama sonica che per un’ora e quaranta minuti, ben ventisei pezzi e uno snippet di Breakin’ The Law dei Judas Priest (We love you evil priest! Michael McKeegan the Irish king of heavy metal!) ci ha fatto gridare, saltare e pogare senza limiti e pensieri.
Passano così una dopo l’altra le nuove Wreck It Like Beckett con la sua critica alla società a stelle e strisce, il proto punk di Expelled, i vaffanculo a Brexit e Trump di Kakistocracy, l’ottimo incalzante lavoro di Neil Cooper (Drum like a motherfucker!) sul primo estratto Callow. Tutti pezzi convincenti anche nel loro arrangiamento live, sapientemente intervallati dalle hit che hanno fatto dei Therapy?, a metà anni 90, una realtà in grado di concorrere in Europa con le vendite dei colossi del nord ovest americano. L’indimenticabile giro di chitarra di Die Laughing apre la carrellata infinita di pezzi che farebbero saltare sul posto anche un sasso. Seguono a ruota la potente Trigger Inside, l’immancabile Unbeliever (Page Hamilton torna tra noi!), le più melodiche Screamanger e il suo immancabile sing-along, Nowhere, che con il suo ritornello ha letteralmente consumato le nostre corde vocali all’epoca delle discoteche rock e la furia cieca di Church of Noise (dal semi incompreso Semi-Detached).
C’è spazio anche per un po’ di repertorio pre Troublegum con Nausea, Teethgrinder e la divertente Potato Junkie (James Joyce is fucking my sisteeeeeerrrr).
Con il chiaro messaggio contenuto nella conclusiva Success? Success Is Survival Andy ci spiega la vera formula del successo, o perlomeno come la vede lui. D’altronde sopravvivere a tre decenni di vita consumati sulle scene non è cosa da tutti e i Therapy? lo fanno maledettamente bene!
Clicca qui per vedere le foto dei Therapy? a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
THERAPY? – La scaletta del concerto di Milano
Wreck it Like Beckett
Expelled
Die Laughing
Nausea
Lonely, Cryin’, Only
Kakistocracy
Turn
Callow
Isolation (Joy Division cover)
Opal Mantra
A Moment of Clarity
Diane(Hüsker Dü cover)
Trigger Inside
I Stand Alone
Screamager
Teethgrinder
Potato Junkie
Stop It You’re Killing Me
Encore:
Unbeliever
Church of Noise
Bad Mother
Crutch
Stories
Nowhere (intro di‘Breaking the Law’ dei Judas Priest)
Knives
Success? Success Is Survival