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Reportage Live

Il bello di essere WILL BUTLER + SISTER SQUARES. Cronache di un lunedi preso a bene a Milano

Il concerto di Will Butler e della band formata con i Sister Squares all’Arci Bellezza del 20 novembre conferma la prova dal vivo. E prende forma un concetto artistico che lo streaming schiaccia (ingiustificatamente).

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Rossella Mele

Definisci: un concerto davvero divertente. Ma divertente nel senso anglosassone di “entertaining”, come a dire, questa cosa, questo evento, questa performance mi ha intrattenuto bene. Applica il concetto a un lunedi’ sera frizzantino a Milano, non solo per l’aria piccante di freddo che non si capisce dove vuole andare a parare, ma anche per essere pronti a una Music Week 2023 appena iniziata, aggiungi un po’ di evidente qualita’ e avrai il concerto di Will Butler + Sister Squares all’Arci Bellezza, ieri 20 novembre.

Butler, dall’uscita dalla band Arcade Fire di cui e’ stato membro fino al 2021 insieme al fratello Win e altre figure mitiche della formazione, ha intrapreso in maniera strutturale la carriera da solista, cosa che in realta’ faceva gia’ da tempo sia in collaborazioni esterne o soundtrack (la colonna sonora di film come Her e’ sua), ma anche nella band, soprattutto le sue sessioni creative durante gli show della band. Bene, e’ sempre lui. Solo che ora, dopo un lungo periodo di riflessione, e’ con il collettivo Sister Squares, che include sua moglie, coreografa, Jenny Shore (che ieri, dal vivo, ho avuto la prova di essere incredibilmente affascinante, oltre che piu’ piccolina di me, cosa che non credevo possibile), la sorella Julie, la sua migliore amica Sara Dobbs e il produttore e batterista Miles Francis. Ed e’ il lead singer della band.

Devo dirlo: mi spiace per chi non c’era. Sara’ stato che era lunedi’, ma un lunedi’ incasinato, sara’ qualsiasi cosa ma chiedetelo al raccolto pubblico presente: e’ stato davvero figo, dall’attacco con l’intrigante Arrow of Time, che ha svegliato tutti e messo voglia di saltare. Da una parte anche meglio, cosi la sottoscritta e i presenti si sono potuti dare a libero sfogo creativo danzerino, dato che i re del palco non erano assolutamente da meno – certo piu’ coordinati, ed esteticamente carini, di me che ciondolavo ripetutamente addosso una povera ragazza alle mie spalle, e che sicuramente mi avra’ odiata, ma non quanto il tipo inglese che inveiva contro un mai identificato (e forse nemmeno vero) Georgie dall’epiteto fallico.

Ma bando alle ciance, se ora sono qui tutta, si, frizzantina, e’ perche’ ieri mi sono accesa. Sin dall’inizio, con l’opening a cuore aperto del cantautore emergente Delvento. Sono andata via dicendomi: pero’, cavoli. E anche una serie di cose meglio specificate a seguire.

Primo. Quando la settimana scorsa ho chiesto a Will Butler (si, lo leggete qui) cosa mi sarei dovuta aspettare dal concerto suo insieme a Sister Squares, intesi come una band con pezzi propri, dell’omonimo album Will Butler + Sister Squares (perche’ e’ anche importante sottolineare che c’e’ un’addizione, con un risultato diverso, e non una semplice congiunzione di anime con cui andare a braccetto e poi chi si e’ visto si e’ visto), non sapeva nemmeno lui spiegarmelo esattamente . Ha parlato della storia della nascita un po’ casuale, ma anche quasi fatale, di una band che era gruppo gia’ da tempo senza saperlo, o forse perche’ Will era parte di un’altra band. Anyway, ero andata con la curiosita’ precisa e disincantata dello studioso di Huysmans di Houellebecq in Sottomissione e sono stata un felicemente sorpresa.

Perche’ quello che ho sentito dal vivo non c’entra assolutamente nulla rispetto a cio’ che ho sentito in streaming e su cui ho costruito un’intervista. Spotify appiattisce senza mezzi termini la grande energia che questi ragazzi di mezza eta’ (cosi’ si sono definiti, e va benissimo) invece portano nella loro esibizione. Sicuramente perche’ Butler e’ un ottimo performer: nel suo completo ballerino bianco e sotto le luci blu elettrico, danza balla canta benissimo e soprattutto sa dividere e stare sul palco con gli altri, che non e’ poco. C’e’ una grande sinergia, che emerge chiaramente quando i singoli si lasciano andare a quelle coreografie che Jenny Sarah e Julie mettono in piedi districandosi tra tastiere e sintetizzatori o alle sessioni piu’ teatrali come in Old Year o Car Crash. Questi momenti operano un po’ come degli intermezzi a pezzi molto intriganti o particolarmente rock: sembra di alternarsi costantemente tra momenti alla DEVO come in Anna e Creedence Clearwater Revival ne Surrender. E anche un po’ – ovviamente – Arcade Fire.

Secondo punto (o tema) e’ proprio questo. In alcuni momenti, e nello specifico nell’attacco di Stop Talking, Saturday Night o nella chiusura di Long Grass era impossibile non sentirli. Dal vivo era ancor piu’ palese. Ma se questo avrebbe dovuto farmi dire: “ma e’ sempre la stessa cosa?” non e’ andata esattamente cosi. Anzi, ne ero contentissima. Del resto, non e’ che se uno cambia gruppo si deve autoscomunicare dal genere e stile che ha e che porta avanti. C’e’ una nota riconosciblissima che e’ il tratto personale e magico di Will Butler che sta bene ovunque, e che non deve essere necessariamente legato, indissolubilmente, a un passato che va nascosto. Anzi. Insieme ai coretti contemporanei delle tre ragazze della band ci sta proprio bene.

Se c’e’ qualcosa che in questi giorni stiamo comprendendo e’ che non possiamo svegliarci ogni giorno come niente fosse, e pensare che quello che viviamo, nel bene o nel male – ma soprattutto nel secondo caso – non ci riguardi, e considerarlo quale un esito quasi scontato di azioni di un certo tipo, quello che speriamo di scongiurare come quando un eroe a fumetti muove affannosamente gambe o zampe in una caduta ormai irrimediabile. Quello che siamo e quello che succede e’ una nostra storia, responsabilita’ e appropriarcene come nostro bagaglio personale, da non lasciare scorrere in abbandono su un nastro per poi incolpare inesistenti controllori che non ci hanno scortato diligentemente da loro, e’ un nostro dovere. Cosa farne sta a noi, ma senza mettermi a fare una morale che non serve a nessuno e guardando a trascorsi, esperienze meno colpevoli e assolutamente piu’ ricche e non da dimenticare, posso dire che Butler e i Sister Squares, con i loro sguardi chini sui sintetizzatori (o con Miles “avvolto” nella batteria), ne hanno fatto di tutto questo passato di amicizia e di esperienze un gran lavoro perche’ si, non era la mia storia, ma mi ha intrattenuto, ed e’ stato bello ritrovare quel sound che ho amato in nuove creazioni. Non si tratta di copiarsi addosso, ma di essere e divertirsi. Che alla fine siamo sempre nel mezzo di corsi e ricorsi storici, e Butler e soci sono cosi contenti di essere in Italia che se potessero andrebbero anche in Puglia domani.

E quindi? E quindi buona la prima per la band adottiva di NYC. E speriamo di vederli di nuovo insieme, da noi. Perche’ ve lo consiglio, sono proprio fighi. E poi io non so voi, ma e’ sempre meglio non lesinare lunedi’ cosi presi bene. Ma magari scegliamo un altro giorno.

Clicca qui per vedere le foto del concerto di WILL BUTLER + SISTER SQUARES a Milano o sfoglia la gallery qui sotto:

WILL BUTLER + SISTER SQUARES

WILL BUTLER + SISTER SQUARES – La scaletta del concerto di Milano

Arrow of Time

Willows

Take My Side (Will Butler song)

Old Year

Good Friday, 1613

Bethlehem (Will Butler song)

Car Crash

Sunlight

Manipulator

Me & My Friends

Saturday Night

Hee Loop

Stop Talking

Anna (Will Butler song)

Surrender (Will Butler song)

Long Grass

Encore:

Close My Eyes (Will Butler song)

Written By

Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

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