Reportage Live

Il Karma, spiegato bene, nei live di DISCOVERLAND e Niccolò Fabi

Foto di Giada Campoli

Se tutto alla fine torna indietro, vale la pena capire come hai seminato. Quello che ci dice il sold out della prima tappa del tour di Pier Cortese e Roberto Angelini il 3 ottobre in Santeria Toscana a Milano, insieme a Niccolò Fabi è che nella vita bisogna praticare il valore, stoicamente, e anche l’amicizia, quella vera. Che è arte anche quella.

L’inizio del tour di Pier Cortese e Roberto Angelini, storici collaboratori di Nicolò Fabi, in arte Discoverland, per la promozione del loro ultimo disco (potremmo dire primo vero disco di inediti), Ero, parte da Milano, Santeria Toscana, ieri 3 ottobre, mentre a Milano si consuma quello che è un chiaro inizio di inverno, sotto il diluvio e le lacrime e sangue che il Ministro delle Finanze ci ha prospettato per il prossimo anno. Insieme a Fabi, che firma i testi di ben tre pezzi del duo. Sembrerebbe l’inizio perfetto di una serata dedicata al pianto, e invece ne esce la migliore fuga dalla realtà che potessi prospettarmi. Tra l’altro tutta esaurita, grazie anche alla presenza del cantautore romano. Ma qui serve fare un ragionamento diverso, che va oltre un tema di biglietti venduti e presenze.

Discoverland ph Simone Cecchetti

L’esperienza di Discoverland live è quella di un viaggio, manco a farlo apposta, in una dimensione in cui il cantautorato italiano prende spunto e reinterpreta liberamente quello internazionale, integrando pedal steel, elettronica (molta, e molto clubbing inglese) e tribalismi e refrain. Ne esce un viaggio spirituale che non ha nulla di banale, nulla di un’esperienza italiana, nulla dell’effetto cinepanettone che gli assunti alla base del teorema potrebbero far pensare, ma un’esperienza potentissima, tanto quanto l’aura dei suoi autori. È un live intenso, e denso, descrive una liturgia leggera del chi siamo e dove andiamo (questo il leitmotiv degli otto brani dell’album) in cui il nostro shamano è un’entità unica e trina che si manifesta senza soluzione di continuità in una guida attenta eppure pronta a lasciarci viaggiare lontani, se solo lo volessimo.

Questo è “Ero“, album dal titolo evocativo, che mette in pratica quello che Cortese e Angelini hanno sperimentato così bene da farci un altro album ancora, Drugstore, in cui i due operano quella che è poi la quintessenza del piacere di ogni artista capace di imbracciare uno strumento: il mashup, intesa come forma virtuosistica della buona vecchia cover. Drugstore era la prova concreta che i due, oltre a essere eccelsi musicisti e conoscitori di musica a 360 gradi, fossero anche decodificatori provetti dei segreti nascosti nei vari hook e accordi di molteplici canzoni (di cui però dobbiamo dire: non è che non li credevamo capaci, anche se mi sono illuminata a sentire James Blake intrecciato a C’Era una volta in America, con buona pace dei puristi), quindi Ero è di fatto il next step, nato fondamentalmente e a loro detta dalla volontà di fare un passetto avanti, l’intervento (rispettosissimo) di Fabi e un viaggio in India per un concerto di quest’ultimo. Ero è quindi il White Album dei Discoverland, ma anche di Fabi. Ma non riduciamo tutto, e brani come Karmatango e Gange, al mero risultato matematico di una spedizione dal sapore beatlesiano.
La sinergia sul palco dei tre è inarrivabile, ma del resto, cos’altro aspettarsi da tre amici e collaboratori di una vita? E anche se Fabi è presente esclusivamente nel ruolo di “supporto” e così vuole essere, facendosi sostanzialmente da parte per tutto il live, limitandosi a poche parole alla fine o alla drum machine o ai cori o a cantare le stesse canzoni a cui ha dato corpo con un testo, è impossibile districarlo dal prodotto finale, dal mondo che hanno creato. È “tutto cuore”, mi suggerisce qualcuno nel pubblico, e i cuori stanno bene con tutto, ma soprattutto pulsano. Quindi pace per le grida esagitate di chi dell’intera esibizione ha visto principalmente quella di chi ha dato un senso a tutte le storie chiuse a Roma (menzione non a caso, dato che ne è stato fatto un minimo accenno da Cortese e Angelini, mandando in visibilio le sciure al mio fianco). Se questo può sembrare un elemento a detrimento del duo, al contrario voglio ribadire come sia invece un valore aggiunto. Il segno che l’amicizia – e quello che ne viene, o ne esce per il pubblico dominio e piacere – sia un fiore raro, capace di farci brillare.

Discoverland ph Simone Cecchetti

In una scena musicale alla disperata ricerca del “feat” che porti più streaming, il sodalizio a tre che poi si fa effettivamente duo – come a dire: il potere del trio coincide col mio – tra questi soggetti è qualcosa di raro, da tutelare, mettere sotto categoria di specie in via d’estinzione, o sotto teca, sotto un cielo romano che è poi quella bolla di habitat dove Fabi, Cortese e Angelini, alimentati di volta in volta da altri amici artisti, producono e sperimentano – e organizzano viaggi in oriente. Ne è prova l’apertura di Leo Pari e Alessandro Ragazzo, il primo non esattamente un emergente, il secondo di più, entrambi promossi da La Fabbrica Dischi e soprattutto da Discoverland e Fabi (da Leo Pari si è consumata la nascita di quello che sarà poi Ero), non tanto perché si trattasse di promuovere, ma più perché quello che ne è uscito per chi era lì ad ascoltare era la confortante sensazione di vedere un gruppo di persone di nuovo insieme, degli amici, come a dire: certe cose, almeno, non cambiano. La magia di chi ha passato una vita non a schivare ma ad accogliere i colpi, gli spigoli e quindi anche le carezze dell’altro è una chimica che ha poco di estemporaneo e irrazionale. È una pratica cosciente, di chi si sceglie sempre, ogni giorno, nonostante tutto. Sono gli Amori con le Ali, quello che poi è il brano che Fabi simbolicamente gli dedica a fine concerto, dopo che i due hanno consumato slide e chitare sulla versione cantautoriale di Vieni Via Con Me e un mashup dei Kings Of Convenience e Bjork.

A chi viene da dire che alla fine sono sempre loro (gli va dato atto di non essersi almeno dati un nome da film di Spielberg) va risposto: si, e meno male. L’ecosistema capitolino che fa capo tra gli altri a questi tre soggetti è una razza di cantautorato di cui abbiamo profondamente bisogno. E anche di chi ci spiega bene come funziona il karma. E a fidarci di più, e seminare meglio.

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