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Incerti sul futuro, gli ARCADE FIRE celebrano il passato

Gli Arcade Fire celebrano il ventesimo anniversario di “Funeral” con una serata indimenticabile alla Fiera Milano Live. Tra successi e incertezze, la band ricorda perché è diventata un’icona del mondo indie.

Foto da instagram.com/vivoconcerti

Articolo di Umberto Scaramozzino

Non sono passati neanche due anni dal concerto degli Arcade Fire al Mediolanum Forum di Milano, quello che poteva essere il più disastroso di sempre e che invece, a sorpresa, si è rivelato uno dei più memorabili. Nonostante il successo della data e dell’intero tour, il futuro della band appariva quanto mai incerto, sicuramente torbido. L’inchiesta di Pitchfork che ha fatto emergere una serie di accuse di molestie sessuali a Win Butler, l’abbandono del fratello Will, il forfait di Feist che avrebbe dovuto essere l’opening act del tour, il rumore sinistro dei fan in subbuglio. Che ne sarà degli Arcade Fire? Era questa la spettrale domanda che teneva svegli i fan della band canadese.

Siamo nel 2024 e una risposta concreta a questa domanda non c’è ancora, proprio perché la vicenda è ancora aperta ma non ha portato ad alcun procedimento penale nei confronti di Win. In compenso nel presente degli Arcade Fire c’è un motivo di gioia difficile da ignorare, dato è un traguardo che ricorda a tutti, loro compresi, perché sono arrivati al vertice della catena alimentare del mondo indie: “Funeral” compie vent’anni. Nel 2004, infatti, il mondo della musica accoglieva col sorriso la rarità di un esordio capace di mescolare davvero le carte in tavola, partendo semplicemente dalla qualità creativa e dal riscontro unanime di pubblico e critica. Un sogno meritocratico che si concretizzava spianando la strada ad un revival del pop barocco, fatto di melodie malinconiche, ampie strumentazioni, suoni gloriosi, cori lussureggianti. L’esaltante origin story che ha ispirato una folta schiera di band alternative altrettanto ambiziose, per le quali il sisma causato da quel disco significava molto, forse tutto.

Senza sapere quindi che ne sarà del domani, si decide di festeggiare, oggi. Per questo la prima metà della serata è riservata all’esecuzione integrale di “Funeral”, con una solennità così coinvolgente da dislocare la platea della Fiera Milano Live, proiettandola in una nuova dimensione, tetra e fulgida allo stesso tempo. La tempesta di fulmini che circonda il grande palco di Rho non può più fare notizia in questa stagione nevrotica, ma aggiunge ancora più enfasi, mentre Win, Régine e soci avviano il loro rituale. Régine Chassagne, come sempre, merita un capitolo a parte. Non perde neanche un briciolo della sua luminosità. Così come nel tour in supporto a WE, anche in questa celebrazione la sua aura è così potente da allontanare momentaneamente le tante ombre che circondano il suo gruppo. Sia lei che Win non sembrano al meglio della forma, almeno vocalmente parlando, ma entrambi compensano in intensità, forse spinti da una sintonia coniugale che resta avvolta nel mistero.

Win più di tutti è strano stasera. In alcuni momenti sembra di vedere la sua versione migliore: istrionica, potente, incontenibile. In altri frangenti appare confuso, un po’ spaesato, anche vocalmente. Nel bilancio complessivo però quei frangenti servono in qualche modo a consolidare un’immagine ambigua, consumata dai tempi difficili e in evidente lotta per non restare compromessa. E per questo tremendamente affascinante. Non si può dire però che non senta quello che canta e suona. Durante Afterlife sembra quasi sopraffatto dalle emozioni, sia buone che cattive. Si accascia sul palco in quello che potrebbe essere un espediente collaudato, se non fosse per il tremore nella voce, che indugia, regalando francamente uno dei momenti più emozionanti dello show. Poi si alza e raggiunge i fan, pronto a immergersi in quel bagno di folla e desideroso di farlo nel modo più liberatorio che conosce. Per questo la sua performance si perde, si fonde con l’emozione del momento e porta la band ad arrancare. “Non fermatevi, continuate a suonare” dice Win rivolto verso il palco, con un tono aspro che è anche difficile da interpretare. Sembra dire “andate avanti, io vi raggiungo”, ma come lo direbbe uno di quegli antieroi che decidono di sacrificarsi per il bene comune. Invece Win vuole probabilmente solo prendersi un momento da solo col suo pubblico, che poi forse è anche un momento solo con sé stesso. Quando torna sul palco sembra infatti rigenerato e pronto a dar fondo alle ultime energie per la cavalcata finale.

Chi sembra instancabile è invece Paul Beaubrun, da ormai due anni nuovo membro fisso e assoluto mattatore. Già nel 2022 aveva catalizzato l’attenzione collettiva con il vigore e la freschezza di chi vuole tenere in piedi quella stravagante famiglia. Ormai è certo: è molto più di un mestierante polistrumentista, è un nuovo organo vitale degli Arcade Fire.

C’è vita dunque, in questa festa funebre che nella sua seconda metà ha il compito di riportarci nella dimensione reale, quella che oltre al debutto ha accolto negli anni Neon Bible, The Suburbs, Reflektor, Everything Now e We, tutti brevemente saccheggiati per dare in pasto a Milano un assaggio esaustivo di cosa sono stati e sono gli Arcade Fire, senza rimuovere quel velo di incertezza su ciò che potranno essere. Una sola cosa appare certa: non si torna indietro, ma è sempre bello abbandonarsi al glorioso e malinconico ricordo di cosa è stato.

ARCADE FIRE – la scaletta del concerto di Milano

Funeral
Neighborhood #1 (Tunnels)
Neighborhood #2 (Laika)
Une année sans lumière
Neighborhood #3 (Power Out)
Neighborhood #4 (7 Kettles)
Crown of Love
Wake Up
Haïti
Rebellion (Lies)
In the Backseat

Set 2:
Age of Anxiety II (Rabbit Hole)
Creature Comfort
Reflektor
Afterlife
My Body Is a Cage
The Suburbs
The Suburbs (Continued)
Sprawl II (Mountains Beyond Mountains)
Everything Now

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