Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Roberto Finizio
Come in molte storie, anche in quella dei Kasabian c’è un prima e un dopo. E da quello che si è visto sul palco milanese dell’Alcatraz, il post-Meighan non è così male come in molti sembravano temere.
Certo, Sergio non è Tom – l’ex cantante allontanato nel 2020 dopo una brutta storia di violenza domestica nei confronti della compagna – ma il suo ruolo alla guida della band di Leicester era forse l’unica soluzione possibile dopo una scelta così drastica.
D’altronde anche i Kasabian non sono più gli stessi perché inevitabilmente perdere un frontman come era Meighan è un’esperienza che non può non lasciare un segno profondo, rischiare di spezzare una band che alla fine è riuscita a restare unita e a far uscire il suo settimo lavoro (cinque anni dopo For crying out loud), The Alchemist’s Euphoria, fatto di sonorità differenti da quelle passate ma non per questo meno valide. Una nuova era che parte con una venatura di ottimismo, nonostante i due difficili anni appena trascorsi per loro e per l’intero pianeta, il che non guasta mai.

E infatti Sergio “Serge” Pizzorno – fondatore, compositore ed ex chitarrista della band – sale sul palco con piglio da leader, insieme all’altro membro originale del gruppo, il bassista Chris Edwards, con il batterista Ian Matthews e il chitarrista Tim Carter.
I quattro sono tornati a Milano, dopo l’esibizione a Lucca del luglio scorso, per l’unica tappa italiana del tour europeo di presentazione dell’album uscito lo scorso agosto. Con indosso una felpa oversize Moschino a tema tricolore – captatio benevolentiae o un omaggio alle sue origini italiane (liguri, per la precisione)? –, Pizzorno si prende da subito tutto il palco e sembra più un rapper che un cantante rock.
La band resta sullo sfondo mentre lui si muove freneticamente da un lato all’altro, spingendo e facendo ballare quasi duemila persone con il solito bellissimo mischione di brit-hard-pop-indie rock sempre più orientato verso elettronica e tonalità psichedeliche.
Cosa che ha fatto storcere il naso a più di un fan e di un recensore, e ci sta, ma comunque da mettere in conto per una band che dopo 25 anni sceglie strade nuove, per volontà propria o perché l’evoluzione richiede anche questi passaggi.
Dopo il classico quarto d’ora accademico di ritardo – e dopo che il gruppo spalla degli australiani Dma’s aveva scaldato per bene un pubblico che vantava molti loro estimatori con canzoni come Silver e Lay Down – l’attacco del concerto con Rocket Fuel era quasi d’obbligo per Sergio & company.
Una bomba di energia, o di euforia come quella che caratterizza l’alchimista che dà il titolo all’album da cui è tratta, fatta apposta per farti saltare con i suoi suoni sintetici e un ritornello che ti entra in testa anche se non vuoi.
Il passaggio dal 2022 al 2004 non cambia perché anche se con Club Foot si torna ai vecchi Kasabian, la carica resta uguale, impossibile stare fermi e non urlare “uh” al momento giusto. Anche III Ray (The King) e Underdog che seguono sono tanta roba, un salto indietro nella memoria che ti riaccende i ricordi e ti spiega perché hai iniziato ad ascoltare i Kasabian.

Continuano i salti temporali e si torna all’oggi con Chemicals, che si inserisce perfettamente nel mood euforico dell’album con il suo testo positivo e incoraggiante. Quando parte Days are Forgotten, c’è poco da dire, l’onda parte dal palco e si diffonde tra quelli là sotto che cantano a squarciagola. Bella tenuta anche per il trittico Eez-eh, la coinvolgente You’re in Love with a Psycho accompagnate da una micro-cover di One More Time dei Daft Punk, un invito ad alzare le braccia al cielo per celebrare il momento. Ci sarà spazio pure per una veloce rivisitazione di Stand by me, durante il concerto. Sergio non si risparmia.
Per tutto il concerto non sta praticamente mai fermo (arriva dal palco alla consolle sopraelevata del deejay in un attimo e da lì carica chi sta sotto), parla provando a spiccicare qualche parola di italiano, incoraggiato dagli “oleee Sergio” del pubblico.
Shoot the runner e Stevie sono una boccata d’aria british con i loro richiami alle fonti di ispirazione del gruppo, in prima linea gli amati Oasis.
La ballata pop Goodbye Kiss – chi non la conosce? – è il momento per rallentare e cantare tutti insieme prima di ripartire con i sintetizzatori e magnifici rimbombi di T.U.E (the ultraview effect). L’interludio di Pinch Roller è seguito subito dal rock elettrico di Treat e da Empire, degna chiusa dopo oltre un’ora di concerto. Solo pochi minuti di buio sul palco e i Kasabian sono di nuovo lì per gli encore, con Intro – Acid House, L.S.F. che è diventato uno dei loro inni più famosi e Fire, che chiude in bellezza una serata decisamente infuocata, che alla fine lascia tutti con un po’ di euforia in bocca.
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KASABIAN – La scaletta del concerto di Milano
Rocket Fuel
Club Foot
III Ray (The King)
Underdog
Chemicals
Days Are Forgotten
Eez-eh/You’re in Love with a Psycho/One More Time
Shoot the Runner
Stevie
Goodbye Kiss
T.U.E (the ultraview effect)
Pinch Roller
Treat
Empire
ENCORE
Intro – Acid House
L.S.F.
Fire
