Articolo di Umberto Scaramozzino
Il concerto dei King Hannah è uno di quelli, rari e preziosi, ai quali non ci si può abituare, ma neanche preparare. Hannah Merrick è una frontwoman in grado di stregare una platea quasi senza muoversi, centellinando le parole che non rientrano nei testi delle proprie canzoni. Inizia dallo sPAZIO211 di Torino il mini-tour di tre date del duo britannico che promuove il suo “Big Swimmer”, uno dei dischi più interessanti di questo 2024.
“Siamo già stati nella vostra città per il TOdays Festival, ma è bellissimo tornare” è una delle poche esternazioni che si concede Hannah, oltre a uno spontaneo “hey Craig, dovremmo proprio trasferirci in Italia”. Perché la risposta del pubblico di sPAZIO211 in questa fredda serata di dicembre è da ricordare: nel suo piccolo, una delle migliori fanbase che potesse capitare alla band. Calore e partecipazione nelle giuste dosi rendono il concerto indimenticabile per ambo le parti. Di tutto questo si nutrono i due musicisti di Liverpool e i propri turnisti, che confezionano una performance nettamente superiore a quella del TOdays 2023.
Lo sguardo di Hannah sembra perdersi nei punti morti della sala, non perché sia alla ricerca di chissà quale scorcio misterioso, ma perché in fuga dallo scambio di sguardi. Quelle poche volte in cui si sofferma su un altro paio di occhi, però, non fa prigionieri. La sua è una sensualità anomala, atipica, che non si trova nella patina del pop o nella raffineria del rock. E la sua voce, quella voce: che meraviglia. Limpida quando vuole essere dolce, ruvida quando impersonifica il crooner vestito di rosso.
“Qualcuno di voi conosce John Prine?” chiede la cantante, che appare un po’ delusa dai pochi riscontri, ma paradossalmente anche sorpresa di riuscire a riceverne anche solo qualcuno. La domanda è la rampa di lancio per la traccia conclusiva del nuovo album che a sorpresa si rivela la traccia più appassionata ed emozionante di tutta la serata: è con “John Prine On The Radio” che i King Hannah dimostrano di saper colpire nel profondo anche quando giocano a fare la band folk.
Craig Whittle non perde mai il focus, con il suo suono denso e potente, a metà strada tra blues e post-rock. Le chitarre di questo progetto sono tra le più ammalianti di tutto l’indie-rock uscito negli ultimi anni, e questo era già evidente dall’ascolto in cuffia, ma dal vivo la resa del combo è eccezionale. C’è sia la solennità che ben si addice a un progetto così raffinato, sia il fascino di un act che sembra nascondere ancora il suo vero e completo potenziale. Perché difficilmente i King Hannah diventeranno mainstream, ma c’è ancora tantissimo terreno fertile per la loro crescita. Anche perché, pur avendoli già visti, come ci si abitua a questa magia?