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Reportage Live

KNOTFEST Italy: il reportage della prima edizione del festival degli Slipknot

Slipknot in concerto al Graspop 2023 | Foto di Andrea Ripamonti

Articolo di Umberto Scaramozzino

La prima edizione del Knotfest Italy è realtà. Il 25 giugno 2023, l’Arena Joe Strummer di Bologna ospita il festival itinerante creato dagli Slipknot e diventato negli anni un punto di riferimento per gli amanti della musica estrema in tutto il mondo.

KNOTFEST Italy, si parte!

L’onore di aprire l’evento spetta all’unica band italiana in line-up: i Destrage. Mentre la folla delle grandi occasioni affronta la lunga coda all’ingresso e il caldo rovente si scaglia contro il Parco Nord, il combo milanese ci mette un secondo a far capire perché si trova in mezzo a questa straordinaria selezione di band. Temperatura e suoni non gli rendono la vita facile, ma questo mostro a due teste darà filo da torcere alla maggior parte dei nomi presenti in giornata. Non fanno eccezione i Bleed From Within che, proprio come i Destrage, riescono a imporre la loro furia nonostante tutto. Viene da chiedersi: ma com’è possibile che una band del genere, in giro ormai da circa 18 anni, stia ancora stia così in basso nello schedule dei festival metal? Difficile rispondere, ma l’importante è assicurarsi di arrivare sempre presto e godersi questi scozzesi demolire i palchi.

La responsabilità della riuscita della giornata passa di mano in mano, con una timetable serratissima che non sgarra di un minuto. Non c’è uno straccio di nuvola in cielo, anche se un leggero venticello dà tregua a quelle migliaia di matti vestiti rigorosamente di nero. Alcuni indossano delle repliche delle maschere degli Slipknot camminando spavaldamente sotto il sole, altri vanno a liquefarsi nei pochi punti d’ombra disponibili, ma tutti contribuiscono ad arricchire questo scenario da circo horror capace di unire più generazioni nel nome della musica heavy.

Nothing More in concerto al Graspop 2023 | Foto di Andrea Ripamonti

NOTHING MORE

Quando tocca ai Nothing More l’arena è ormai quasi piena e Jonny Hawkins si presenta sul palco col suo solito outfit composto esclusivamente da jeans skinny neri e secchiate di vernice. Non è ironico? Uno dei migliori frontman del festival – se non il migliore, con Corey che sta in un campionato tutto suo – non è sempre stato il frontman della sua band. Ne era il batterista, salvo poi scegliere di prendersi in mano il gruppo e assecondare la sua formidabili doti. La sua performance è elettrizzante, tecnica e fisica, forse anche troppo per suonare nel primo pomeriggio col sole in faccia. Sapete chi invece sembra aver stretto qualche oscuro patto con l’amico demonio riuscendo a stare sul palco con la freschezza di chi sorseggia cocktail a bordo piscina? Quei matti dei Lorna Shore. Hands down: la band più heavy dell’evento. Dal 2021 al microfono c’è Will Ramos, un portento con pochi eguali che ha reso completa e definitiva la virata verso l’etichetta deathcore che ben aderisce alla proposta dei Lorna.

I PREVAIL

Esibirsi dopo un set così letale è davvero complicato, a meno che la band non si chiami I Prevail. Il gruppo del Michigan, al suo debutto assoluto in Italia, è la vera carta vincente della giornata. Il merito è innanzitutto dei suoni, i migliori di tutto il Knotfest, ma anche e soprattutto degli eccezionali due co-frontman. Brian Burkheiser ed Eric Vanlerberghe, voce melodica e voce death, look alternativo e look metallaro. Sembrano uno di quegli accostamenti nei quali basterebbe pochissimo a rovinare tutto, ma finché si cammina sul filo del rasoio è una goduria. Come un whisky torbato con il cioccolato fondente.

Amon Amarth in concerto al Graspop 2023 | Foto di Andrea Ripamonti

AMON AMARTH

Ma l’accostamento più azzardato arriva con i veterani norreni Amon Amarth, che dopo cinque show totalmente scarni dal punto di vista scenografico, portano ad un punto di rottura sul palco del Knotfest grazie al loro solito carrozzone mitologico. A differenza degli I Prevail, la loro lotta con impianto, volumi e suoni è impari e a tratti sembrano soccombere. Ché puoi anche affrontare i draghi e gli dei, ma se a pochi metri dal palco non si riesce a capire chi sta suonando cosa, a che serve?

ARCHITECTS

Da questo punto di vista, i più sfortunati sono addirittura gli Architects. Nei primi brani della loro scaletta, nel pit, a occhi chiusi è difficile dire quale band sia sul palco, così come risulta quasi impossibile riconoscere le canzoni. Un autentico disastro al mixer. Il tiro viene corretto in corso d’opera e la seconda metà del set è sicuramente più convincente. Anche il duetto con Scott Kennedy dei Bleed From Within durante “Impermanence” e i mostruosi circle pit contribuiscono a salvare la performance più complicata del giorno, ma un po’ di rammarico rimane. Qualche anno fa la band capitanata da Sam Carter sembrava pronta a prendersi tutto. La prematura dipartita di Tom Searle (chitarra e principale autore, nonché preziosissimo collante del gruppo) anziché sancire il declino del progetto, aveva dato ai ragazzi di Brighton la motivazione giusta per reagire e fagocitare l’intera scena metalcore. Sembravano esserci riusciti, ma da un annetto a questa parte qualcosa – che potrebbe anche prendere il nome di “The Classic Symptoms of a Broken Spirit”, ultimo album in studio –  ha iniziato a scricchiolare. Lo si intuisce anche da come Sam sta sul palco. Chi ha avuto la fortuna di vederlo nel corso della carriera sa di cosa è capace questo artista, uno dei più grandi cantanti metal della sua generazione. Oggi sembra stanco, appesantito e incastrato in una serie di pose che non lasciano molto. C’è ancora tempo per tornare in carreggiata e balzare ai vertici della catena alimentare metal, quindi speriamo che lo facciano e che questo degli Architects rimanga l’unico concerto dimenticabile nel nostro Paese.

Architects in concerto al Graspop 2023 | Foto di Andrea Ripamonti

SLIPKNOT

Infine, il motivo per cui tutto questo esiste: gli Slipknot. La band più significativa tra quelle che hanno avuto il compito di mettere in contatto diverse generazioni di metalhead e trainare la musica pesante verso nuovi lidi, musicali ma anche e soprattutto iconologici. Questa volta nessuno scherzo: i volumi e il mixing sono adatti agli headliner del festival metal più importante della stagione concertistica italiana. La voce di Corey Taylor arriva chiara e potente, ma anche schizofrenica come tutto il circo che riempie ogni centimetro quadrato di palco.

Lui dice anche più volte di non stare bene e di non essere al 100%, invocando l’aiuto della sua famiglia italiana a suon di dichiarazioni d’affetto e bestemmie, ma la verità è che non sembrava così nel pieno controllo delle sue doti performative da tempo.

Sul palco si sente la mancanza di Joey Jordison, ovviamente, ma anche di Shawn Crahan, praticamente l’unico membro della formazione originale rimasto, costretto a rientrare a casa per far fronte a problemi familiari. Corey lo omaggia più volte, chiedendo alla platea di fare talmente tanto rumore da far sì che anche il Clown, in America, possa sentire. La risposta arriva ed è anche inevitabile, perché lo show è mastodontico, animato da un’energia folle e contagiosa. E poi perché in scaletta torna una chicca clamorosa: Snuff, presentata da Corey con la solennità di chi sa di essere sul punto di dare in pasto alla platea una vera leccornia.

Nell’encore gli Slipknot danno fondo a tutte le energie residue e portano a casa una delle prove più muscolari mai viste in Italia, con la promessa implicita di continuare a guidare le nuove generazioni di artisti e di ascoltatori. Magari anche di non lasciare che questa prima edizione italiana resti l’unica?

Slipknot in concerto al Graspop 2023 | Foto di Andrea Ripamonti

SLIPKNOT – la scaletta del concerto di Bologna

The Blister Exists
The Dying Song (Time to Sing)
Liberate
Yen
Psychosocial
The Devil in I
The Heretic Anthem
Eyeless
Wait and Bleed
Unsainted
Snuff
Purity
People = Shit
Surfacing

Encore:
Duality
Spit It Out

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