Articolo di Marzia Picciano | Foto di Rossella Mele
È quasi Natale, è quel periodo dell’anno che, parafrasando quanto detto in Mean Girls, ci sentiamo autorizzati a mettere su tutto quello di brillante che abbiamo (o per lo meno, io). Che poi non è necessariamente coprirsi di paillettes, per quanto rispecchi uno dei miei desiderata principali. Ma è capire come sentirsi brillare. E soprattutto per chi.
I Desire, il gruppo di Montreal formato a livello core dal producer e maitre di scena, già membro dei Chromatics e Glass Candy, Johnny Jewel, e Megan Louise, serafica voce e presenza sul palco, rappresentano in tutto e per tutto il mood del sottobosco del mio io interiore in questo periodo, quello che poi rimane latente per tutto il resto dell’anno. Sono onesta: ormai mi basta sentire vibrare un sintetizzatore per attivare uno spleen narcotizzato e un po’ ammorbato. Vorrei brillare ma non posso, vorrei desiderare ma non riesco.
Buon motivo per recarmi all’Arci Bellezza questo dicembre di nebbia continua e abbruttimento pre natalizio il 12 dicembre, per la tappa milanese del tour di promozione del nuovo disco, Games People Play aperti dalla (a mia visione) versione club di Myss Keta, ORION, che scalda come pochi l’attesa con vibes dance combinate a visuals (fatti da lei) da fare invidia a quelli di Peggy Gou. O come si definisce lei su IG: cybernetic spacedisco noir music. Condivido.
Entro nella sala grande del Bellezza ed é già tutto molto caldo. Per un momento penso di essermi persa qualcosa e invece no, é solo stata attivata la girandola della disco-feeling fatta di giacche di ecopelle, body, guanti, tacchi e borchie che animerà tutta la serata. Il perfetto conduttore di un misto da disperazione ed esaurimento pre-natalizio. Non vedevo l’ora di buttarmici.
Tornando ai Desire: ad oggi, con la loro disco totalmente eighties ed elettronica hanno fatto tre dischi, un sacco di hit, firmato un pezzo iconico da mettere tutte le sere che torno a casa guidando con i semafori lampeggianti. Si, sto parlando di Drive, e di Ryan Gosling al massimo del suo splendore (mentre io direi che non ho né troppo splendore al momento, ne storie particolarmente intriganti da meritare una sessione di judo in ascensore).
Sono rimasti sempre in una niche a parte, facendo le cose che gli piaceva fare, trovandosi lo spazio che – penso – li faceva sentire piu a casa. Permettendo a una magneticissima Megan Louise di presentarsi sul palco in impermeabile di vernice rosso (Annalisa dove sei) mentre inizia Darkside sopra corpetti a limite fisico del contenimento che mixano in una composizione metà Kraftwerk, metà teatrale, con tanto di oggetti quali teschi, telefoni, rose che diventano tutti feticci concretizzati delle loro canzoni.
Certo é che sul palco del Bellezza giovedì sera si é creata una discoteca immaginaria che ha più le sembianze di una distopia ammaliante che di un dancefloor totale (per quanto pezzi come Drama Queen non mi permettano di stare ferma senza immaginarmi Jane Fonda in piegamento di lurex). Il Games People Play Tour che fa tripletta in Italia (prima Milano, poi Bologna e quindi Roma) é un concentrato di wannabe hits che vanno dal puro sognante dalla nota irreale (per esempio …Saturday nell’encore con i fotogrammi di Twin Peaks), al dance pop da discoteca di Don’t Call, al future nostalgia della cover dei New Order di Bizarre Love Triangle, da cui il duo possiamo dire ha strappato la costola creatrice, l’ha messa in un hamburger e l’ha servita in un roller bar.
Perché i Desire non vogliono solo solamente farti ballare. Vogliono farti ondeggiare felicemente nel tuo malessere e trovarci il bello, quella sfumatura di bello, che c’é dentro. Si chiama desiderio. Del resto, l’etimologia della parola é nota, palese: il de privativo sposa il sidus, sideris, la stella, quindi il desiderio é un’assenza, una lontananza dalle stelle. E non servono troppi anni di cultura mainstream, basta anche quello che impariamo a scuola per sapere che le stelle sono la speranza, la guida, il mezzo di conoscenza dell’uomo per “quello che sta fuori”. Sono necessarie e l’assenza é invalidante. Ci tengono, parafrasando i Desire, sotto il loro incantesimo, queste amanti involontarie.
La distanza dalle stelle per i Desire é una giostra velocissima che gira su se stessa e non dà possibilità di fermarsi se non per una breve presa di coscienza. Più o meno quella che ti assale a Capodanno. Allora é facile capirli quando nel brigde della loro celebre canzone, urlata praticamente da tutta la sala, ci chiedono se sappiamo la distinzione tra desiderio e ossessione, e, senza andare a scomodare ancora l’etimologia della parola, riusciamo a intuirlo ma diciamo: “I don’t know”. Il desiderio puó essere ossessionante, e per quanto ne so, non sappiamo più come desiderare senza che lo diventi, davvero un’ossessione. Non esistono pacate mezza misure per i Desire, ma del resto, esistono davvero? Sono scritte nei libri di meditazione e yoga che compriamo, a cui ci affidiamo, per non dover più pensare di dipendere dalle nostre pulsazioni? Ma se alla fine siamo animali, Vampire, possiamo davvero ignorarle? Perché non buttarcisi dentro e per un momento, assaggiare il bello di galleggiarci dentro? (e ci chiedono: do you think this feeling will last forever? Like, forever ever?).
Andare a un concerto dei Desire significa lasciarsi andare, lasciare andare. Non pensare. Non c’é niente da fare: fanno tutto loro, la scena la tiene Megan. Alla fine te ne puoi tornare a casa anche con una rosa rossa. Sono generosi, i Desire, ne hanno da condividere. E per una volta possiamo abbandonare la ricerca della qualità, del giusto mezzo, del pensiero adeguato, dell’apparire qualcosa, del dover fingere altro. Ho preso in mano il mio desiderio di chi se n’é andato o abbiamo messo via e mi ci sono buttata dentro. Alla fine, non é cosi male quando lasci andare. God, I hope so.
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DESIRE – La scaletta del concerto di Milano
Darkside
Black Latex
Don’t Call
Liquid Dreams
Mirroir Mirroir
Silver Machine
Vampire
If I Can’t Hold You
Bizarre Love Triangle (New Order cover)
Hard Times
Human Nature
Under Your Spell
Encore:
Saturday
Sad Ibiza Song (Wolfram Eckert cover)
Drama Queen