Articolo di Adriana Panico | Foto di Giorgia De Dato
Questa non è via di Gioia. È una via di Milano in una serata di primavera. Una giornata al sole, una giornata di gioia, certo con qualche spasmo organizzativo, ma un profumo di nuovo nell’aria. C’è posto per l’Indie. Quello che racconta di storie di ordinaria follia e quotidiano naufragio verso mete più o meno ambite, meglio o poco definite.
Una folla di youngsters in fila all’ingresso del Fabrique aspetta di varcare la soglia e celebrare l’incontro. Non solo con Eugenio in Via di Gioia, la band di quattro amici partiti da Torino nel 2012 che hanno fatto tappa a Sanremo, alla stazione di Willie Peyote, Francesca Michielin, Elio e anche del rapper iraniano Toomaj. Dicevamo che la schiera di felpe con cappuccio gazzellata, sambata o vansata, dipende da dove casca l’occhio a terra, è lì per l’incontro con l’amore.
“L’amore è tutto”, recita infatti nel titolo, il nuovo album di Eugenio in via di Gioia, riecheggiando quello precedente, Amore e Rivoluzione, uscito tre anni prima. 36 mesi tradotti in 10 canzoni messe insieme con 33 carte nate da una fortuita lettura dei tarocchi per parlare di questo sentimento, potremmo dire IL SENTIMENTO, contro ogni esplosione, tanto di gioia come di rabbia, entrambi eccessi sregolatori. In questo live si canta e decanta l’amore fraterno, come sottolineano a gran voce alla fine della serata. Fa un certo effetto l’evidente sincronia anagrafica tra le persone che sono su e giù dal palco (il delta sarà di 12 mesi). Chissà cosa si prova a cantare a un pubblico fatto di coetanei.

Stasera sembra proprio che quattro fratelli stiano cantando di/con e per quei fratelli e quelle sorelle accorse per intonare i temi che gli commissariano la mente: l’amore, la distanza, l’ambiente, la tossicità (sostanze incluse), il futuro. L’amore come sentimento escatologico, la musica come strumento per prendere coscienza e farlo insieme. Il Fabrique come luogo di incontro per le piccole battaglie quotidiane: dalle bollette da pagare alle relazioni difficili.
Mentre suona un mix tutto italiano che passa con disinvoltura da Raffaella Carrà agli 883, il pubblico sembra ancora concentrato sulle proprie bolle, sul capo che ha mandato 16 mail alle 8 del mattino, e bla bla bla. Poi appare una scritta sul palco ed è subito chiara una cosa: Tutto il mondo qui parla di te! La tappa milanese del tour è ufficialmente aperta. E allora qualcosa cambia e si ha come l’impressione che passerà questa, e qualunque altra, Notte Gelida.
Avere 30 anni nel 2025 forse è questo. Rallentare, attendere che il freddo passi. O forse no. È una fuga continua verso la salvezza o magari vuol dire capire dov’è andato Eugenio, non parlare di soldi, avere tempo da perdere, scoprire Un’Altra America, lasciare che esploda la Luna. E chi se ne frega. Un salto nel tempo, all’ indietro, per quello che non sfugge alla comprensione ma che intanto fa ballare. Ballare forte, per dimenticare tutto. Sempre più dietro per cercare di capire dove nasce la differenza tra morale e coscienza, un po’ grilli parlanti e un po’ pinocchi al tribunale del tempo che non chiude mai. L’approdo è Stormi, una danza sciamanica 2.0 da cui nessuno vuole andare via. È il bisogno artistico di dare forma alla tempesta prima di passare a una preghiera pop in sottofondo al Buio.

Pausa. Pausa dalle note almeno. Arriva una breve lettura di parole scandite nel silenzio, appese lì nel buio. Sa di appello a sanare la propria gamma di emozioni: per essere capaci di stare soli, per essere capaci di stare insieme. Il messaggio è espresso in chiaro: l’amore non è mai possesso.
Si torna in up: è il compleanno di Emanuele e via di “tanti auguri” come a una festa a sorpresa a casa di un amico. Sono tutti di casa qui in qualche modo. C’è spazio per il country, il folk, accenni di elettronica ma anche per un cubo di Rubik (che Eugenio risolve cantando), per Dio. Ci si ritrova accoccolati nell’abbraccio di una ballata lenta che celebra la vitalità dell’amore giovanile, per poi sprofondare in un mare di poesia da pop Anni ‘ 90, quasi da Vespa, quella Special lì. All’ombra di un tappeto di bandiere della Sardegna che appare appena si accendono le luci, diventiamo tutti pazzi, soprattutto di Eugenio interprete indiavolato e poeta, pazzi da andare a un concerto a 8 anni o da portarci la mamma. Pazzi da essere noi stessi. Anche se a volte essere sé stessi è un lavoro. E ci vuole la camicia. Anzi, una camicia ogni giorno.
Dopo un sostenuto intervento “green” spunta l’ospite e amico di note Alfa, che è lì per cantare insieme agli Eugenio Il filo rosso, ovvero dell’amore a distanza che oramai è dimensione costitutiva di queste vite contemporanee: vite in trasferta, in transito, trasferite. Da sconosciuti a innamorati, da innamorati a sconosciuti, da Alfa un ringraziamento accorato al pubblico e ai colleghi e un invito sul suo palco per il prossimo tour. La serata prosegue con ritmo sempre più incalzante come un Chiodo Fisso in testa. A ciascuno il suo.
I quattro ringraziano e si congedano. Almeno ci provano. Per pochissimo. Tornano in un balzo sul palco con una esibizione insolita: a lume di candela. Letteralmente. Sono dentro finestre di luce, questi Giovani Illuminati, e tengono delle candele in mano. E così, il primo brano dell’encore è un sottile grido d’aiuto della parte più giovane della società, già a risparmio energetico, confusa e smarrita nel tempo in cui vive. Tra Terra e Altrove si chiude questa serata, nella dimensione in cui c’è sempre spazio per perdersi, c’è ancora tempo per ritrovarsi. In fondo, tutto finisce Per ricominciare. La folla defluisce sulle note di Love is in the Air. Qualcuno canta. Eugenio pure. Sembra di essere in Via di Gioia.
EUGENIO IN VIA DI GIOIA – La scaletta del concerto di MILANO
Tutto
Notte Gelida
Un’altra America
Luna
Cerchi
Obiezione
Stormi
Buio
Stammi lontano
XX – Lentiggini
Prima di tutto ho inventato me stesso
Umano
Danza
Infinito
L’ultima canzone
Sette camicie
Lettere al prossimo
Il filo rosso – Alfa
Chiodo fisso
Tornano
ENCORE
Giovani illuminati
Terra
Altrove
Per ricominciare
