Articolo di Roberta Ghio | Foto di Roberto Finizio
Registra un tutto esaurito al Fabrique di Milano Lewis Capaldi, il ventitreenne artista scozzese, che dopo aver dominato le classifiche UK con il singolo Someone you loved, conquista il pubblico d’oltreoceano raggiungendo la vetta delle classifiche americane. Non stupisce pertanto che, ad accoglierlo nel capoluogo meneghino, il pubblico sia multilingua e prevalentemente di giovane età, anche se non mancano i rappresentanti della mia generazione, tutti parte attiva di un live definito dallo stesso Capaldi a fine serata “Lo spettacolo preferito di questo tour”. Che sia lusinga o verità non è dato sapere, ma credo che questo concerto Lewis lo conserverà nella memoria per un bel po’ di tempo. Vi racconto la serata.
Il cambio luci e l’invito “Enjoy the show!” da parte di una voce fuori campo, provocano una immediata standing ovation di cellulari, pronti ad immortalare l’ingresso sul palco di Scottish Beyoncé. In primis, fa il suo ingresso la band, che vediamo attraversare le spesse luci rosse e prendere posto; dopo pochi istanti, lui, Lewis: bicchiere di carta in mano, fare furtivo ed espressione di chi sembra passare lì per caso sperando di non essere visto, look in linea con la sua giovane età, viene immediatamente accolto da urla e tanto amore.
Qualche secondo e la serata prende il via con Grace, brano tratto dal suo album di debutto Divinely Uninspired To A Hellish Extent (titolo che la dice lunga sull’ironia e sulla personalità Capaldi), che si contraddistingue per l’iniziale appello malinconico e implorante urlato al cielo, con voce potente e qualche ruvidezza, e attraverso l’incalzante ritmo crescente sfocia in note salvifiche, che sanno di speranza, una speranza cantata con timbro pulito e sostenuta a piena voce dal pubblico. Giusto il tempo di godersi il calore dell’applauso di una sala in visibilio e, imbracciata la chitarra, via all’intima Forever, illuminato da un cono di luce bianca che taglia la coltre blu ghiaccio in cui sono avvolti i musicisti. Quello che emerge chiaramente fin dai primi brani non è solo la bravura di Capaldi, la sua potenza vocale, l’abilità nel passare da un ritmo all’altro e nel gestire sapientemente il suo timbro per portarlo dal ruvido al pulito, nel giro di poche note, a seconda dell’emozione cantata, ma anche la sua simpatia, la sua maturità nel tenere il palco e nel saper creare un rapporto accattivante e di immediata confidenza con il pubblico, con cui ha uno scambio continuo, fatto di sguardi e di battute. E quello che ha reso grande la serata al Fabrique, oltre a Lewis ovviamente, è proprio il pubblico, che non ha perso una nota o una strofa, pronto ad interagire con il palco in ogni momento, lasciando stupito lo stesso Capaldi, prontissimo a farsi coccolare e ricambiare tanto amore. È un attimo che lo vediamo partecipe nel coro di “Luigi! Luigi!” che si alza dopo i primi brani per poi fare sue le note di “Sei bellissimo” dedicatagli da un gruppo di fan, trasformandole in You’re beautiful di James Blunt, ripresa più volte, come intercalare, durante il live. Grande carisma e consapevolezza, oltre a tanto talento. La serata scorre così, tra emozioni e risate, tra l’ondeggiare romantico di Don’t Get Me Wrong, che Luigi sdrammatizza mimando il testo per guidare il pubblico (sì, è geniale!) e le note profonde di Mercy, con il suo potente crescendo emotivo. Le avvolgenti Bruises e Lost on you si fondono in un’unica lunga ballad di solo voce e piano in un’esecuzione intensa e profonda che crea un momento molto intimo, dal quale con naturalezza nasce l’intro, di solo chitarra e voce, della toccante Headspace.
Dall’avvolgenza di questa sequenza di brani alla trascinante Hollywood, con l’ allegro momento di botta e risposta fatto di strofe cantate a cappella in duetto col pubblico. Termina il live l’attesissima Someone You Loved, sulla quale la sala, se possibile, si supera, regalando una grossa emozione a chi è sul palco e stupendo sé stessa per la meraviglia che, insieme, si sta creando. Ed io, avvolta nel cinismo di un mercoledì di fine ottobre, che per età potrei essere genitore della maggior parte dei ragazzi presenti e che concerti ne ho visti tanti, non posso che restare a bocca aperta ed amare questa magia. Non so cosa riserverà il futuro a Lewis Capaldi o cosa lui vorrà dare al suo pubblico, ma una cosa è certa: non fidatevi delle apparenze. Dietro a quel fare marcatamente goffo, quel modo di porsi da anti divo e di giocare con la propria immagine in modo molto intelligente e autoironico c’è un artista, un giovane uomo maturo, consapevole e concreto, che trasmette molto bene, grazie al suo talento, quello che sono le sue emozioni, fatte di malinconia e tristezza, ma non abbandona chi lo ascolta nel dolore, bensì lo risolleva, grazie ad un approccio che sdrammatizza e dà respiro anche a fronte dell’emozione più cupa. Non è da tutti emozionare divertendo. Lui lo sa fare benissimo.
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LEWIS CAPALDI – La setlist del concerto di Milano
Grace
Forever
Don’t Get Me Wrong
Mercy
One
Maybe
Bruises
Lost on You
Headspace
Hollywood
Fade
Hold Me While You Wait
Someone You Loved
