Articolo di Alessandro Cebrian Cobos | Foto di Federico Buonanno
Dopo un periodo estremamente fertile (quasi 10 album in 10 anni), in coda al quale hanno pubblicato “Yay!”, virando con decisione verso il folk anni ‘60; dopo che a gennaio TOMAS JÄRMYR ha rinunciato allo sgabello del batterista, lasciando soli BENT SÆTHER (basso e voce) e HANS MAGNUS RYAN (chitarra e voce); dopo Livorno, Cesena e Roma, i MOTORPSYCHO concludono a Milano il loro mini tour italiano, e finalmente possiamo sciogliere alcune curiosità.
Infatti, mentre guardo la sfilza di chitarre e double neck in fondo al palco mi chiedo, funzionerà il nuovo repertorio? Guardo l’imponente batteria al centro del palco e mi domando, come si inserisce il nuovo membro INGVALD VASSBØ nel sound della band?
Chiacchierando, i fan mi confermano che per loro la scelta di proporre un nuovo genere è vincente: “anche a metà anni ‘90 hanno avuto un periodo folk, e del resto, dopo questi ultimi lavori con picchi quasi noise, dove puoi andare? Hai raggiunto un limite, è giusto ripartire da qualcosa di più semplice”.
E quindi la prima mezz’ora, principalmente acustica, sembra un universo separato da quello che verrà a breve. Non sono tanto le plettrate e le armonie alla Crosby Stills & Nash, quando la dimensione cantautorale, il formato canzone, a fare la differenza.
Ci si chiede come mai siamo dentro alla SANTERIA TOSCANA e non su un prato, come mai fuori è buio e non c’è invece il sole della primavera. È una sequenza che mette molto più in risalto le capacità melodiche della band che quelle tecniche, molto più la delicatezza e la precisione di Vassbø che la sua velocità.
Poi imbracciano gli strumenti elettrici, e il pubblico si scalda. Sentinels, scomodamente morbida come un unplugged degli Alice In Chains, è l’ultimo dei brani nuovi. Pescano ora da tutto il repertorio, a poco a poco raggiungendo sonorità più dure e intense, bilanciandole sempre con sezioni di succosa, scioglievole trance siderale nelle quali perdersi. Bent e Hans se la intendono fissandosi da una parte all’altra del palco, e Ingvald mostra il suo stile asciutto, ma non minimalista; al servizio del pezzo, ma per niente trattenuto, al contrario: pesta fortissimo.
Un concerto di due ore e mezza non è certo un record per questa band, ma per gli spettatori può esser faticoso. Anche perché seguire gli ‘Psycho nel viaggio emotivo che va dalla canzone, al lungo momento strumentale psichedelico/atmosferico, che piano piano esplode nuovamente nel brano di partenza, volta dopo volta può davvero stremare.
La band però lo sa, e con quei loro sorrisini sereni da Scandinavi ti accompagnano per mano. Prima di tutto con una meticolosa attenzione alla progressione, con senso narrativo: nel materiale ostico ci entriamo gradualmente, insieme. E poi con questi luccicanti, attraenti momenti di trance protratta, con i quali sembrano dire: “non ti preoccupare: fa un po’ paura perdersi nel cosmo, ma è veramente molto bello. Quando cadrai di nuovo verso la Terra ci saremo noi a prenderti”.
E così tutto ha un senso quando durante il bis, in uno dei momenti più intensi del concerto, Bent tira fuori una citazione dei Funkadelic, pionieri del funk più svarionante di sempre: “Free your mind, and your ass will follow. The kingdom of heaven is within.” Un inno all’esplorazione di sé, alla sperimentazione con soluzioni non immediate, e al rendersi liberi, che i Motorpsycho mettono in pratica, con gioia, da più di trent’anni.
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MOTORPSYCHO: LA SCALETTA DEL CONCERTO ALLA SANTERIA TOSCANA DI MILANO
Set Acustico:
Dank State
Sunchild
Patterns
Mad Sun
Feel
Set Elettrico:
Sentinels
Manmower
Serpentine
Gullible’s Travails
Like Chrome
Superstooge
August (cover dei Love)
Nothing To Say
The Alchemyst
Mona Lisa / Azrael
Encore:
Psychotzar
Plan #1