Articolo di Mariel Sanna | Foto di Virginia Bettoja e Matteo Casilli
Per l’appuntamento di aprile di ItsMusicSuite Edoardo Bettoja e Beatrice Gentile regalano un one-to-one con il palermitano Davide Shorty, e la Capitale diventa blu, ma solo per poco, il tempo di un movimento jazz.
Il 22 aprile, sulla terrazza dell’Hotel Mediterraneo di Roma, prima di entrare nella suite numero 2, il cielo si sta riaprendo ma l’aria è fresca ed è ancora pervasa dai residui di un acquazzone primaverile. Si percepisce che non è la classica serata romana, l’atmosferw è malinconica e ci si interroga sull’artista che animera’ questa serata nella Capitale.
Siamo tutti qui per MusicSuite, il format che porta gli artisti in un tour itinerante all’interno degli hotel romani e utilizza questi spazi per raccontare la loro storia. In molti, a causa degli indizi lasciati dalle menti di Edoardo Bettoja e Beatrice Gentile, gli ideatori del format, stavamo vivendo uno stato di
elefante nella stanza ma fortunatamente l’elefante, dopo un po’ di suspence, si è dissipato come le nubi del pomeriggio.
Le porte della suite numero 2 si aprono e come in un lago dalla cui foschia emerge un Cigno, lo troviamo seduto lì in un angolo, in silenzio, riservato, un po’ scuro in volto, come un vero palermitano sa essere: è Davide Shorty. Mentre ci sistemiamo nella stanza, si avverte ancora un po’ di distanza, il suo sguardo è basso e quegli occhialini da sole scuri non ci permettono di leggere i suoi occhi.
Sembra di essere in un film di Sergio Leone, in cui i silenzi sono assordanti e preludono una scena piena, intensa. É in questo momento che Edoardo prende in mano la serata e ci catapulta nella vita di Davide. Non abbiamo ancora realizzato che saremo travolti da una tempesta ma in poco tempo ci ritroviamo nelle strade di Palermo, nella casa dei genitori di Davide.
Ci racconta dei suoi esordi con la musica, di quel beat che ha sempre avuto nelle vene, che da piccolo lo faceva muovere anche al suono di accensione del fornello a gas. A casa è sempre stato circondato da cantautorato italiano di qualità (Battisti, Pino Daniele per dirne alcuni) scelto dalla mamma e musica rock selezionata dal padre (Police, e quindi Sting, per dirne altri). Ci inizia alle musica di Rosa Balistrieri, cantante e poetessa femminista siciliana, la cui forza della voce e potenza dei testi l’hanno da sempre emozionato, tanto da decidere di eseguire per il pubblico di MusicSuite il pezzo in siciliano “Cu ti lu dissi”. La performance voce e chitarra sono da pelle d’oca, e la sua interpretazione ha fatto rivivere il dramma della poetessa siciliana, costituitasi in caserma per aver tentato di uccidere il marito.
Ci confessa di aver scoperto il jazz con le note di Louis Amstrong e da lì l’esplorazione del rithm’n blues e del movimento dell’East Coast che sono poi elementi che contraddistinguono i suoi pezzi. Ma basta che inizi l’emozionante “Save your love for me” di Etta Jones per cambiare completamente la scena e il pubblico si sente trasportato in quella new york degli anni 80 con il suo sottobosco jazz.
La serata prosegue in una delle sale dell’hotel D’Azeglio, ed è qui che sebbene gli spazi diventino più ampi, la distanza emotiva tra noi e Davide si riduce sempre di più. La luce soffusa, data soltanto da piccole candele poste sul pavimento, rende l’atmosfera intima. Il pubblico si sente a casa, si accomoda sul pavimento e qui Shorty ci porta nuovamente nella sua Palermo, raccontandoci a suon di rap la sua personale visione ed esperienza con il mercato Ballarò e performando il pezzo “Sentirò”, scritta all’età di 17 anni e incisa solo nel 2017 e “Read into you”, ispirata da una storia d’amore londinese mai partita, da cui emergono la sua capacità di emozionarsi e lasciarsi trasportare dalla vita e dalle sue vicissitudini. È qui che, superata la diffidenza dei primi momenti, entriamo nei testi, nella vita, nella intimità dell’uomo.
Racconta delle relazioni che lo hanno ispirato e incalzato dai Edoardo Bettoja svela ai fan com’è stata la sua esperienza con il mondo della televisione italiana, la difficoltà per una persona completamente fuori dagli schemi di riuscire ad inserirsi in determinati standard e obblighi che nonostante tutto gli hanno permesso di approfondire, studiare nel dettaglio ogni elemento delle sue performance e in alcuni casi accettare e sfruttare a suo favore quelli che reputa difetti.
Gli animi sono caldi e la serata sta per decollare. Edoardo ci guida tra le retrovie del d’Azeglio per condurci nelle cantine nelle sue cantine. Sotto volte basse, tra botti e bottiglie, veniamo travolti dal Davide Shorty che il grande pubblico conosce, ma con il vantaggio di avere il “making of” di ogni pezzo raccontato da lui.
Su di un palchetto, ad un metro da noi, siamo un tutt’uno con Davide che martella incessantemente rime e beat. Prosegue la sua narrazione proponendo pezzi più recenti tra cui Essere un uomo, Cervello in fuga. Racconta della sua esperienza newyorkese, delle esperienze al Blue Note, per le strade della Grande Mela, che lo eccitavano talmente da tenerlo sveglio a scrivere e sentirsi ispirato. E li’ che scrive il pezzo Monocromo che ci regala a MusicSuite.
Il pubblico si accende e viene trasportato dalle note di “La fine del mondo”, “Demone” nata dalla collaborazione di Filippo e Carolina Bubbico, “Amare me, amare te” realizzata con il collettivo Funk Shui Project, Blues di mezzogiorno e infine termina la serata con Regina, canzone con cui a Sanremo Giovani ha vinto tre premi: Premio della sala stampa, Premio Enzo Jannacci e Premio Lunezia.
Con lei ci racconta la sua personale visione sulla legge dell’attrazione e la potenza che questa ha se si ha perfettamente chiaro cosa si vuole attrarre. Così è andato per questa canzone, registrata nel 2018 eppure arrivata a Sanremo solo nel 2021.
Anche questa volta MusicSuite è stato un evento sorprendente, grazie alla tenacia dei suoi ideatori, che hanno dichiarato di aver inseguito Davide per mesi per questa data. È chiaro l’effetto di narrazione itinerante svolta, questa volta, all’interno di due hotel differenti: ha reso lo spettacolo diverso da quello precedente, e acceso la fantasia e la curiosità del pubblico che si è lasciato trasportare in questo viaggio dalle note variopinte, dove l’anima soul hip hop dell’artista si è incontrata magistralmente con gli ambienti ottocenteschi degli hotel.