Foto di Andrea Ripamonti | Articolo di Matteo Pirovano
William Duvall è veramente un tipo simpatico. Il concerto è finito da pochi minuti e ci stiamo stringendo calorosamente la mano. Addirittura è lui a ringraziare me per la mia presenza e non viceversa. E non lo fa perché lo deve fare, lo fa con gli occhi sinceri di chi, guardandoti dritto in viso, è alla ricerca di una sorta di approvazione e, in tal senso, la risposta del pubblico di Milano è stata meravigliosa.
Dietro di me si è formata una fila nutrita di persone che lui saluterà, una ad una, dedicando a ognuna una foto, un autografo e qualche minuto del suo tempo. Sfilano, come ovvio che sia, le magliette degli Alice in chains, da quelle più recenti di “Rainier Fog”, a quelle più datate con i loghi di “Facelift”, “Dirt” o “Sap”.
Ma questa sera gli Alice in Chains sono rimasti solo sulle magliette e nei discorsi della gente in coda. Durante lo show la “presenza ingombrante” si è palesata solo nel secondo pezzo in scaletta, quella “Never Fade” che lui stesso ha scritto durante le sessions di “Rainier Fog” e che ci racconta essere dedicata a sua nonna.
A tal proposito, all’ingresso in Santeria, un membro dello staff comunica a chi entra che l’artista non gradisce richieste dal catalogo Alice in Chains, e tutti rispettosamente accolgono. Beh, quasi tutti.
Accogliamo comprendendo quanto dev’essere pesante sostenere quel peso, quella per lui fruttuosa ma maledetta eredità. Nella data di Milano, unico show italiano, così come nel resto del tour più volte rimandato causa covid, trova quindi spazio solo il suo disco solista uscito nel 2019, un pezzo tratto dal bellissimo progetto Giraffe tongue Orchestra (“Blood moon”) e giusto qualche cover. Disco solista che in realtà non è del tutto inedito, ma composto in gran parte da una rilettura acustica dei pezzi che William scrisse con la sua band originaria, i Comes with the fall (ex Madfly) che accompagnarono in tour proprio Jerry Cantrell nel 2002 a supporto dell’uscita di “Degradation Trip”.
Nessun orpello stasera, solo una luce blu puntata fissa su una sedia e un ragazzone accovacciato su uno sgabello con una chitarra acustica in mano. Una Santeria seduta come a teatro in religioso silenzio e le vibrazioni di una voce calda, dalle tonalità fortemente bluesy, a riempire l’aria.
Un’ora e venti di show che fila via liscio, tra pezzi che quasi nessuno dei presenti conosceva a fondo, ma nonostante questo in grado di rapirci grazie a un’interpretazione vocale maiuscola e senza sbavature, condita da pochi discorsi ma pregna dell’unica cosa che davvero conta: la musica.
WILLIAM DUVALL – scopri la scaletta del concerto di Milano
- The 3 Wishes
- Never Fade (Alice in Chains)
- Strung Out on a Dream
- Smoke and Mirrors
- White Hot
- The Veil of All My Fears
- Chains Around My Heart
- So Cruel
- Seasons of Wither (Aerosmith)
- Blood Moon (Giraffe Tongue Orchestra)
- Keep Driving Me Away
- The Ballad of Dorothy Parker (Prince)
- No Need to Wonder
- ‘Til the Light Guides Me Home
