Non serve attendere la fine dell’estate, già lo sappiamo molto bene: il podio dei concerti più popolari della stagione lo vincono a mani basse Taylor Swift e i Coldplay. Al fortunato pubblico che ha potuto assistere a questi esclusivi appuntamenti è stata regalata un’esperienza decisamente patinata. Tutto molto bello, ma davanti a cotanta maestosità mi chiedo: è davvero questo quello che ci serve?
Dopo due anni di assenza, tornano in Italia i The Cinematic Orchestra. Il collettivo, fondato nel 1999 da Jason Swinscoe, coglie l’occasione del ventennale di “Man with a Movie Camera” per riproporne l’esecuzione live. Quello di Roma è il primo di due appuntamenti, gioiello neanche troppo di nicchia all’interno della programmazione del Roma Summer Fest.
I più ricorderanno ‘To Build a Home’, brano riproposto più volte come colonna sonora di diversi film e telefilm. Il singolo (estratto da “Ma Fleur”, 2007) è stato proprio il ponte tra i fan degli esordi ed il successo mainstream. ‘To Build a Home’ rappresenta anche l’evoluzione baroque pop di un progetto che nasce e germoglia sotto altre spoglie.
I The Cinematic Orchestra amano unire jazz, elettronica, musica orchestrale e soul e non a caso, la loro capacità di dar vita ad un suono cinematico e atmosferico è traslata nel nome che li raggruppa ed identifica. Questa è la loro chiave di lettura, il fil rouge che ne definisce la spina dorsale. Tutto il resto sono solo sperimentazioni – più o meno commerciali, più o meno conosciute.
Ma torniamo ad oggi: “Man with a Movie Camera”, dicevamo. Si tratta della reinterpretazione della colonna sonora dell’omonimo film di Dziga Vertov. Lo studio di questa sonorizzazione ha contribuito a consacrare la reputazione della band, sottolineandone il ruolo di innovatori musicali. La loro dedizione all’arte della composizione e alla sperimentazione li ha resi tra le band più seguite e apprezzate del genere.
La Cavea dell’Auditorium Parco della Musica ospita sino a 5500 ospiti e no, onestamente non mi sarei mai aspettata un sold out per questo evento. Va detto però che sono stata smentita di poco: solo due settori laterali sono vuoti, il resto è piacevolmente occupato.
Il palco dei The Cinematic Orchestra appare spoglio, allestito solo dalle quattro postazioni dedicate ai musicisti. Le luci, pressoché inesistenti, ogni tanto giocano con l’incedere dei brani: si accendono e spengono esaltando, a turno, i musicisti stessi. Alle loro spalle, sul fondo, un maxi schermo: per tutto il tempo saranno proiettate lì le immagini tratte dal documentario di Vertov. “Man with a Movie Camera” racconta un giorno trascorso nella vita di una città sovietica attraverso una serie di immagini dinamiche. Il film è noto poiché per l’epoca (1929) fu fatto un uso creativo del montaggio, della doppio esposizione e delle riprese rallentate e accelerate. Non ci sono chiacchiere, non ci sono pause: solo verso la fine, alla quale non è concesso nemmeno un bis, un ringraziamento verso chi ha sfidato il caldo umido e soffocante per passare una serata insieme. Ed è lì, anche in quel momento, che ci si accorge dell’emozione, vera e profondamente sentita, che arriva da loro a noi, annullando di fatto le distanze dal palco. Sorrisi, abbracci, pacche sulla spalla: quasi a dire “è andata”. Loro sono contenti, noi ancor di più.
Perché ho introdotto questo racconto menzionando Taylor Swift e i Coldplay? Perché i The Cinematic Orchestra ci hanno preso per mano, ci hanno fatto accomodare sotto un cielo stellato e ci hanno chiesto semplicemente di ascoltare quanto avevano da suonare. Ascoltare, non vedere. Nonostante il maxi schermo sul fondo, anche le proiezioni sono state scure e poco nitide ma ad esse andava comunque associata la musica.
Forse in questi anni di “rincorsa al diverso” si è perso il vero senso di un concerto: l’ascolto dal vivo. È fantastico pensare che ci sia chi prende a cuore la cura di un mega evento corredandolo di palloni giganti e coriandoli colorati. Ma i Led Zeppelin negli anni Settanta avevano forse bisogno di intrattenere il pubblico così? No, perché a parlare per loro era la musica.
I The Cinematic Orchestra non sono naturalmente né Taylor Swift né i Coldplay, ma va da sé che il loro è stato un concerto durante il quale gli artisti sul palco hanno suonato. Davvero.
Potrei approfondire la componente tecnica di un live che è stato parabola perfetta dalla prima all’ultima nota. Ho la speranza, invece, che le osservazioni espresse qui sopra spingano chi legge a correre su Spotify.
Gli show dal vivo sono imponenti, ricordiamoci però di mettere al centro la musica: concerti come questo aiutano a farci andare in orbita senza artefatti di alcun tipo. Ce li meritiamo tutti, impariamo ad apprezzarli maggiormente.