Articolo di Umberto Scaramozzino
Sono passati otto anni da quando i The KVB incantarono l’Astoria di Torino. Il compianto piccolo club di San Salvario ospitò per la prima volta il duo londinese quando ancora sembrava una band fresca di debutto, pur avendo invece in bacheca ben cinque album in studio e un’apparizione al Primavera Sound che fece puntare i riflettori della scena post-punk sul loro notevole lavoro multidisciplinare. Con calma, con qualità, i KVB hanno ingrossato le fila dei loro fan italiani e i loro fan torinesi, così la data del 2024 è in uno sPAZIO211 quasi sold out che non conta più solo tanti amanti della musica curiosi di sentire una nuova band, ma molti fan felici di ritrovare dal vivo una band del cuore.
Nel frattempo Nicholas Wood e Kat Day si sono definitivamente liberati della limitante etichetta “post-punk” e hanno sfiorato con gusto così tanti generi che se decidiamo di collocarli a metà strada tra lo shoegaze e la dark wave è solo per comodità e per dare un po’ di contesto. La verità è che i KVB sono principalmente dei fautori di atmosfere, idee, suoni e suggestioni che usano i synth e le ritmiche irresistibili del dream pop per far ballare i club di tutta Europa.
Nicholas e Kat sono un coppia anche nella vita privata e questo si vede e si traduce in un’ottima alchimia sul palco, nonostante la presenza femminile sia molto più potente della sua dolce metà. I sintetizzatori di Kat sono la colonna vertebrale nel progetto, anche dal vivo, dove però la chitarre di Mr. Wood riescono a emergere con maggior carattere. Entrambi riescono a mescolarsi perfettamente con la chiara idea estetica che il progetto porta avanti da diversi anni con l’audacia di chi si ostina a definirsi un progetto multimediale, pur di non lasciare indietro il reparto visivo. I visual che riempiono lo sfondo del duo britannico si rifanno all’architettura brutalista, già protagonista della copertina di “Tremors”, ultimo album in studio.
Proprio “Tremors” è l’assoluto protagonista della serata, non solo per la presenza preponderante in scaletta, ma anche per i toni che definisco il concerto. Le radici post-punk non vengono tradite, ma è il mondo dark dei The KBV a inghiottire lo sPAZIO211 in un vortice sonoro. Questo è un pop distopico di pregevole fattura. I brani sono intrisi di un pessimismo apocalittico di indubbio fascino, soprattutto in contrasto con la liberatoria danza senza fine di Kat Day.
Nonostante la grande prolificità dei The KVB permane quella sensazione lì, quella vissuta all’Astoria lo scorso decennio, prima che il locale chiudesse e il mondo della musica dal vivo iniziasse la sua ascesa perpetua e la sua impietosa discesa negli inferi, come nel paradosso di una scala di Penrose. La sensazione che i due colleghi e amanti stiano costruendo qualcosa che deve ancora giungere alla sua forma definitiva. Che stiano mostrandosi nel loro dolce stato embrionale, lasciandoci una innegabile voglia di averne ancora.