Articolo di Serena Lotti | Foto di Roberto Finizio
E così siamo giunti all’ultimo giorno del TOdays Festival. La line up di stasera è quantomeno audace e promette scintille, non a caso alle 18.30 gli spettatori allo sPAZIO211 sono almeno il doppio del day 1, anche in considerazione del fatto che a chiudere saranno i leggendari Primal Scream con un live che promette essere la celebrazione dei 30 anni dell’iconico disco Screamadelica. A rigor di logica parte dell’attempato pubblico torinese accorso, alcuni nostalgici anche con figli al seguito, ha quasi certamente vissuto gli anni in cui quel disco cambiò la scena della musica indie inglese. I giovani lo scopriranno stasera. Forse.
Nel frattempo ad allietare questa aria pesantissima e carica di umidità arrivano gli scozzesi Arab Strap (inglorioso a mio avviso mettere una band così importante e di gran talento come la loro ad aprire un live al pomeriggio, avrebbero meritato di esibirsi prima dei Primal Scream)
Gli Arab Strap hanno portato sul palco, nella nuova formazione dopo la reunion, un breve ma intensissimo songbook con una setlist che ha pescato a piene mani nell’intera e densa discografia della band da As Days Get Dark con Here Comes Comus!, The Turning of Our Bones a Philophobia con New Birds, da The Week Never Starts Round Here con The First Big Weekend a Fukd I.D. #2 con Blackness.
La proposta che la band fa sul palco del TOdays è un mix tra l’esperienza post punk , grunge e nu-metal nel solco della loro tradizione di lungo corso, sebbene non siano mancati momenti di vivido lirismo nel tentativo felice e ben riuscito di combinare re la poesia beat del predicatore Aidan Moffat (che da come si presenta sembra si sia vestito direttamente con gli abiti dei cassonetti di Vesti Solidale) con riff acidi e ritmi metronomici che hanno mantenuto sempre un’atmosfera misteriosa e crepuscolare.
Dalla fiabesca New Birds e i suoi riff pieni e potenti, ai ritmi affascinanti di Fable of the Urban Fox, gli Arab Strap hanno lasciato scivolare sul palco del TOdays suoni circolari, melodie minimali e atmosfere evanescenti ed indefinite, dando, a mio avviso, una delle migliori prove di tutto il Festival.
Congedati gli Arab Strap è ora di tornare in un mindset meno mentale è più muscolare: è il momento delle chitarre anni 90 della band newyorchese DIIV che presenta il nuovo album dedicato tutto al tema della rinascita, Deceiver.
La band parte decisamente sottotono per poi ripredersi bene a fine set con brani sognanti e decadenti come Horsehead e Blankenship ma il risultato generale dell’esibizione è quello di uno shoegaze nostalgico che rende l’ingrediente del passatismo e della rievocazione storica preponderante e dal sapore troppo intrusivo. La band è molto gobidile nella seconda parte dello show, ma non non facciamo che urlarci nelle orecchie che ci sentiamo i Blur prima, i Pixies dopo, in Nirvana a destra i My Bloody Valentine a sinistra.
La coniugazione di suoni che esprimono disagio e speranza insieme funziona e va detto, i suono scorrono puliti e compatti, le sezioni ritmiche sono precise e coivolgenti ma i DIIV non convincono al 100% e quello a cui assistiamo è più il concerto di una cover band al suo primo disco, o come dirà qualcuno “Gli headliner della festa delle medie”.
Apprezziamo lo sforzo di resituire un nuovo modello di shoegaze, buio e arcano comunque ancorato al concetto di melodia strutturata, ma il tentativo resta solo un bell’esercizio di stile che non convince fino in fondo.
Un veloce cambio palco ed è il momento degli inglesi Yard Act. James Smith (voce) e Ryan Needham (basso) hanno formato la band nel 2019, a cui si sono aggiunti Sam Shjipstone alla chitarra e Jay Russell alla batteria dopo, dando vita insieme ad una band che fa della satira e della verve anticapitalista, mista ad un’attitudine profondamente acid-rock una delle più eccitanti del Regno Unito.
All’attivo un disco, The Overload, che ci sparano sul palco del TOdays dritto, irruentemente, potentemente. Da brani come Rich a Payday, da 100% Endurance (probabilmente il loro pezzo più bello) a Dead Horse, gli Yard Act si sono presentati potentissimi e credibili dal vivo grazie anche ad un frontman che sa come si tengono le palle in mano. Le prime file sono tutte prese a saltellare e scuotere il culo al ritmo di questo post punk che è elettrizzante e festaiolo insieme. Tutto gira sulla simbiosi sonora tra basso-chitarra-batteria in un equilibrio che funziona bene e che regge per tutto il set: non possiamo però non cogliere a piene mani i riferimenti della scuola dei Franz Ferdinand e Sleaford Mods. La band viene ascritta nel calderone del post punk anglosassone ma di fatto, nella prova live sembra allontanarsene (in tal senso sembrano avere seguito il solco della lezione dei Viagra Boys) proponendo anche una formula vocale atipica, che si basa sulla recitazione cantata (o il canto recitato?) in cui non mancano tiri rappati.
Insomma gli Yard Act sono un bell’apripista, sono come le fette di salame su una tavola apparecchiata prima del pranzo della nonna, quando la lasagna è ancora in forno. Ti aprono lo stomaco. E visto che a breve sul palco si esibiranno i Primal Scream quale salame migliore potevamo mangiare? Con la promessa di tenere d’occhio questi nerd impenitenti ci prepariamo per il momento più atteso di tutto il TOdays.
Il viaggio nel mondo psichedelico e dance-rock di questo memorabile disco che ha segnato la storia in termini di ritmi dance elettronici e cultura rave parte. Il parterra non è un ammasso di corpi schiacciati. Tutti in adorazione. Bobbie Gillespie entra in un tripudio di applausi, è in forma e tiene ancora degnamente botta, mentre il resto della band non sembra pervenuto e resterà una bella tappezzeria per tutta l’ora del live. Si accendono i motori ma il treno non è quello giusto, non è il disco eletto quello che ha messo in marcia il live. Partono estratti da XTRMNTR, Evil Heat, Give Out But Don’t Give Up…ma di Screamadelica nessuna traccia. Ci godiamo comunque il live aspettando Come Together, Damaged, Loaded, Movin’ on up.
Per ora solo manifesta nell’outifit di un Bob Gillespie al timone di questa nave che si muove secondo una rotta non precisa, Screamadelica non arriva che solo alla fine del live con la versione già definita in setilist di Movin’ on up e Loaded, quest’ultima in totale fuori programma e suonata alla fine del live per accontatare un pubblico scazzatissimo e deluso, mentre sul palco i tecnici già nell’atto di smontare gli strumenti si ritirano momentaneamente nelle retrovie.
Ma facciamo un passo indeitro. Sebbene il concerto parta con pezzi da novanta (Skull Xi, Pills, Exterminator) lo stesso inizia a perdere già trazione nella sezione centrale. Gillespie cerca un engagement col pubblico portandolo a sessioni di handclapping infinite, e noi ubbidiamo, battendo mani e piedi restando nell’attesa infinita di brani che non arriveranno mai. Nonostante la crepuscolare English Town, la suggestiva e visionaria Deep Hit of Morning Sun (in onore di Mark Lanegan che aveva suonato questa canzone insieme ai Twilight Singers), la ficcantissima Jailbird, l’idea che ci facciamo è di un suono sporco e non coeso e una generale sensazione di non corrispondenza emotiva tra parterre e palco.
Non che sia mancato totalmente il groove e il tiro acid house dei brani: Gillespie fin da subito ha cercato di coinvolgere un pubblico che, attizzato e galvanizzato era anche spaesato nel contempo già dopo 3 brani e sul palco, a mio modestissimo parere, non mi sembra si sia risparmiato in termini di energia e verve comunicativa.
Non si può però affermare che una band iconica ed immensa come i Primal Scream (per dirla tutta il compito è affidato totalmente al grande carisma di Gillespie) non sia stata capace di restiture le atmosfere noise ed eccitanti di brani storici, come Swastica Eyes, Jailbird o Skull X, che hanno fatto ballare bene l’immensa folla del TOdays, anche se con arrangiamenti atipici che hanno più che altro confuso dando l’idea generale di stare svolgendo il compitino.
Le sezioni di intermezzo appaiono lunghissime, a volte anche troppo annacquate da un sound che sembra girare su stesso. Considerando il poco tempo a disposizione per suonare un set nel rispetto del timing precissimo che in tutte tre le serate andava necessariamente rispettato, avrebbero potuto fare più con meno.
La verità è che il pubblico si aspettava l’esibizione secondo con una precisa scaletta così come era stato comunicato dagli organizzatori, nessuno di noi aveva l’aspettativa di assistere ad uno show rivoluzionario e pirotecnico, ma almeno una celebrazione dei bei tempi, un’occasione per rivivere un’altra epoca.
La percezione è che quelli che dovevano essere suoni sformati e distorti, quella che doveva essere una festa di chitarre noise e acri, quella che ci aspettavamo fosse la celebrazione di un suono ibrido tra rock e la dance elettronica è stata una sorta di compitino da sbrigare nel più breve tempo possibile. Un live che ha cambiato troppo spesso i paradigmi ricettivi in un saliscendi emotivo che invece di elettrizzare ha smorzato principalmente il mood e le intenzioni di un pubblico che voleva saltare per aria, con una concordanza in termini di scelta di canzoni non certo armonica.
Ad aggiungere un senso di delusione l’assenza di molti elementi sul palco, dalle coriste, ai fondali, dai visual, tutto era caratterizzato da un senso di precarietà e superficialità.
Insomma i Primal Scream hanno fatto un live “potrei ma non voglio” che ha scontentato e deluso la maggior arte del pubblico. Noto una certa tensione a fine live, non proprio quella che ti aspetteresti dopo una 3 giorni di Festival che, a mio avviso ha raggiunto la promozione a pieni voti, ma le aspettative sono andate deluse, soprattutto perchè a darci la pillola amara sono stati proprio quelli che abbiamo aspettato per tutto questo weekend.
Chiedo alla mia amica che aspettava questo live da mesi quanto di Screamadelica ci abbia trovato in questo set. “Solo la tutina” è la sua risposta al vetriolo.
Si chiude così questo lungo weekend di Agosto e questa edizione 2022 di un TOdays Festival elettrizzante e non privo di sorprese, siamo sazi di musica e di esperienze, di risate e di leggerezza, di cose condivise e di tutte le cose nuove e belle che abbiamo trovato. Siamo sazi come dopo un pranzo tra persone che ami.
Peccato per la torta senza ciliegina.
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Marco
29/08/2022 at 18:43
Commentare i vestiti di Moffat è alquanto fuori luogo a mio parere.
Serena Lotti
29/08/2022 at 19:55
Ciao Marco. È una licenza poetica volta a creare solo un po’ di ironia. Non prendiamoci troppo sul serio. 💓