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Reportage Live

TROPICO e la tappa partenopea del suo tour: come smentire che “Non esiste amore a Napoli” e sancire che “ne esiste troppo di piu’.

Nella piazza più iconica dell’urbe partenopea Tropico porta sul palco un romanzo d’amore in tutte le sue sfaccettature per una sera d’estate all’insegna della musica, dell’appartenenza e di “mille culure”

Articolo di Adriana Panico 

Chi l’avrebbe mai detto che a distanza di circa sei mesi io e Davide Petrella, alias Tropico, ci saremmo ritrovati ancora qui, ancora a Napoli, quel posto dove non esiste amore, come canta lui stesso, ma che “ovunque vada è sempre casa mia”, cosa che condivido a pieno. Chissà che effetto fa essere proprio “a casa”, su questo palco incredibile a Piazza del Plebiscito, tra la cartolina del Golfo con il profilo del Vesuvio in evidenza da un lato, Palazzo Reale all’altezza degli occhi e alle spalle quell’incrocio di strade e palazzi Patrimonio dell’Umanità, parola di Unesco. Chissà che cosa sente ad essere abbracciato dalle colonne della Basilica di San Francesco da Paola, anticipate da fasci di luci prima fucsia, poi verdi, poi rosse, in mezzo a palme e piante che inneggiano al cielo.

Quello di Tropico è un percorso lungo – “ci ho messo un po’ a trovare la mia strada” come lui confessa alla fine della serata. Annuncia tutte le canzoni prima di cantarle, così ognuna rappresenta una delle tante tappe di questo percorso. Davide scrive canzoni da quando ha undici anni, vive di musica che suona in un garage di provincia della zona Nord di Napoli, inizia il suo percorso artistico nel 2008 con la band Le Strisce, passa alle luci della ribalta scrivendo successi e tormentoni per altri (Cesare Cremonini, Ghali, Marracash, Elisa, Fabri Fibra, Mahmood, Fedez, Marco Mengoni per citarne solo alcuni), fornendo hit da Sanremo a destra e a manca (Due Vite e Cenere, ma anche Apnea e Un ragazzo incontra una ragazza, ce le ricordiamo, vero?).  Parallelamente inizia a credere un po’ alla volta anche al suo progetto da solista che si compie finalmente con Tropico nel 2019.

In questa serata di musica dal vivo, suonata e cantata senza arrangiamenti digitali, con circa dieci componenti tra musicisti e coristi sul palco, Tropico propone i brani dell’album Chiamami quando la magia finisce attingendo anche dal repertorio dell’album precedente” Non esiste amore a Napoli” che lo consegna al successo. E infatti sceglie da quest’ultimo la canzone con cui aprire la serata, Dint O Scur, accolto da un gran boato (forse anche legato alla inaspettata puntualità dell’inizio), incastonato tra il verde della flora e il pantone rosso delle luci. 

Il cantautore prende il vissuto e il microfono tra le mani, ci mette la faccia e si esprime a modo suo su concretezza e illusione, amore in tutte le sue forme sullo sfondo di una città, Napoli, appunto, al centro di tutto. Ogni quartiere diventa la metafora di un sentimento: Marano, attaccamento a una “casa” a cui si torna sempre; Corso Malta, stress e panico propri da traffico di pensieri; Capodichino, ebbrezza del volo;  certosa di San Martino al Vomero il coraggio di pesare il cuore e guardare alle cose ricomponendo il quadro dall’alto; le 13 scese per Mergellina verso il mare nostalgia e romanticismo al tempo stesso; Piazza Garibaldi, tristezza e frustrazione di chi parte ma anche di gioia per chi torna o approda. Sarà per questo che lo slargo è così pieno di gente. La piazza è davvero meravigliosa per luce e calore, complice l’umidità di una bella serata di fine giugno.

La scaletta propone Piccolo Buio, E cose ca fann sunnà, Bambina, Ubriachi di Vita, Chiamami quando la magia finisce. Si canta a squarciagola e si balla. Una delle prime persone a credere nella sua voce come espressione di anema e core è stata Elisa che lo raggiunge sul palco aprendo la serie di ospitate previste questa sera in parte già annunciate via IG. Di bianco vestita, accompagna Davide sulle note di C’eravamo tanto amati, ballata intrisa di struggle sul senso di essere qualcosa/niente per qualcuno. L’ispirazione cinematografica nei testi di Davide Petrella torna a più riprese come evidente in Carlito’s Way che proporrà più tardi. Con Ammore pe na sera, il nuovo singolo che accompagna il tour, si torna a ballare a suon di pop al gusto di “canzonetta” nell’accezione più nobile del termine, per scatenarsi sulla prima esibizione di Non esiste amore a Napoli, il brano più famoso da cui “è iniziato tutto”, che si apre a un mash up con Casa Mia, brano presentato a Sanremo e scritto proprio da Davide Petrella, che porta sul palco il secondo ospite della serata: un elegantissimo Ghali. Dopo qualche altro pezzo un po’ più dark e introspettivo, arriva il terzo ospite senza bisogno di presentazioni. Basta una sola nota alle tastiere e Due Vite cominciano a girare quando appare Marco Mengoni sul palco. Con lui tutta la piazza volteggia sulle paure, sulle ansie, su quello che non ci fa o non ci ha fatto dormire la notte, in un personalissimo Sanremo dal quale usciamo tutti vincitori, come lui, perché qui sì che arriva la musica e la vita sta esagerando solo in bellezza. 

Questo pop (“è tutto pop” secondo Tropico) pieno di influenze che risentono dei Beatles – sin da bambino la sua band preferita – del dub degli Almamegretta, dei testi senza struttura dei Pink Floyd, di Dalla, Battisti e dei classici napoletani, risuona nella piazza e la fa vivere Napoli più che raccontarla. Anema e notte è un omaggio a Roberto Murolo: una voce ferma e potente, un dolce mandolino, le luci fioche, la folla stretta in un unico ballo a due. M’arricordo e te è il sequel immaginario di Nun te scurdà cantata da Raiz più di un decennio prima. Qui la piazza si muove come all’epoca si faceva nei piccoli club incastrati al centro storico, intorno a Piazza del Gesù. Spostandosi metaforicamente su un ‘altra piazza, Piazza Garibaldi, arriva anche Franco126, l’unico a restare anche per un altro brano, Zona Nord. La doppietta è molto apprezzata e l’affetto tra i due sul palco è evidente. Questo concerto appare proprio come una restituzione di quanto seminato con pazienza nel tempo. Non mancano accenni al passato più passato con Egotrip, Nuda Sexy Noia, Doppler, brani con una punta più grezza e underground e via di nuovo amico, la rockstar più attesa della serata: Achille Lauro. Anche lui entra senza presentazione, basta un riff alla chitarra e un cappello da cowboy rigorosamente nero a scatenare il pubblico e tutti sul palco:che festa! Il tropicalismo è anche questo. Tropico poi torna a farci viaggiare con le sue sonorità eclettiche prima di chiudere con E’ importante avere una visione. Con questa dolcissima confessione fatta al pubblico si congeda con il cuore in mano, i suoi Sara e Rosario sul palco. È complicato e arduo non farsi distrarre da quello che accade intorno e provare ad avere una visione che guida la nostra voce e ordina i nostri desideri quando sembra che non ci sia possibilità di realizzazione. Questa è l’unica cosa vera perché in realtà Tropico non ha finito, non era l’ultima canzone. Arriva l’encore di tre brani con la famosa hit sull’esistenza di un sentimento in questa città che chiude la festa nel pieno rispetto dell’ordinanza comunale. 

Napoli resta. Sotto ai nostri piedi mentre andiamo via e sullo sfondo di queste canzoni che abbiamo ascoltato. Napoli come sirena, ovvero unione dei contrari, orizzonte, confine, bellezza a cui non puoi sottrarti, composizione di sacro e profano che si confondono ad ogni passo, paura di non essere e responsabilità di dover essere per due. Napoli non si ferma nemmeno quando è spietata, è un set a cielo aperto, copione di storie e di spunti infiniti che vengono dalla gente (più volte insiste sulla centralità della “gente” nella sua musica) che trovano approdo nel “tropicalismo” in maniera molto diversa dai casi di Geolier o Liberato. E la gente di Tropico è proprio tanta. Il pubblico è decisamente eterogeneo e trasversale per anagrafe ed estrazione. Intorno a me, ad esempio, testimonianze di gioventù che hanno voglia di godere di serata all’aperto di musica dal vivo, appassionati più attempati con Le Strisce nel cuore, bambini accompagnati da adulti probabilmente improvvisati, professionisti e non.

Questa piazza è un plebiscito d’amore, se non altro è Ammore pe na sera. Io e mia sorella ci stringiamo prima di andare via, anche noi “fiori cresciuti in mezzo a una provincia”. Eravamo insieme a dicembre dello scorso anno sempre a Napoli, quando Tropico, scatenato ed emozionato, cominciava a credere un po’ di più a questa casa sua e forse anche noi alla nostra.  Sei mesi dopo ci ritroviamo di nuovo qui in uno scenario più mistico e più suggestivo a guardare indietro mentre puntiamo avanti, e a riconoscere che, per quanto possa essere difficile, è davvero sacrosanto avere una visione.  “Chiamami quando la magia finisce”, ammesso che accada. 

TROPICO – La scaletta del concerto di NAPOLI

Dint o scuro
Piccolo Buio
E cose ca fann sunnà
Ubriachi di Vita
Bambina
Chiamami quando la magia finisce
C’eravamo tanto amati feat. Elisa
Ammore pe na sera
M’arricordo e te
Non esiste amore a Napoli
Casa mia feat. Ghali
Non vogliamo diventare grandi
Egotrip
Carlito’s Way
Due Vite feat. Marco Mengoni
Anema e notte
Che me lassat’a fa
Piazza Garibaldi feat. Franco 126
Zona Nord feat. Franco 126
Vasco
Bambolina voodoo
Nuda Sexy Noia
Rolls Royce feat. Achille Lauro
Doppler
Televisione
È importante avere una visione

ENCORE
Fantasie
Gotha
Non esiste amore a Napoli

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